Corriere della Sera, 30 luglio 2019
Come Fausto Coppi si prese la malaria
Era l’autunno del 1959, Fausto Coppi aveva da poco compiuto 40 anni, ma non si rassegnava al viale del tramonto. Aveva formato una squadra con direttore tecnico il suo eterno rivale Gino Bartali e aveva accettato di partecipare a un criterium in Alto Volta, oggi Burkina Faso. Con lui c’erano Jacques Anquetil e Raphael Gemignani, con il quale aveva progettato di partecipare a due safari nella riserva di Fada N’Gourma. Era la caccia, la sua seconda passione dopo il ciclismo, il vero motivo per il quale il campionissimo era partito il 10 dicembre per quella passerella di vecchie glorie. La kermesse ciclistica prevedeva due gare a Ougadougou. La prima venne vinta da Anquetil, la seconda fu dominata da Coppi, che tuttavia sul finale venne superato dal campione locale, Sanu Mussa. In palio c’era una luccicante automobile, una Idem, versione africana della DS. Il «grande Airone» aveva già in mente i safari programmati per il 14 e 15. Il 18, di ritorno in Italia, avrebbe dichiarato che la trasferta in Alto Volta era stata una delle più belle esperienze della sua vita. Se non fosse stato per quei nugoli di zanzare che infestavano la stanza condivisa con Gemignani. Coppi si sentì male il giorno di Natale. Due giorni dopo, il 27, si manifestò una febbre che fu archiviata dai medici come influenza. L’amico francese aveva gli stessi sintomi e telefonò a Fausto per confidarsi. Le analisi all’istituto Pasteur di Parigi avrebbero diagnosticato al corridore francese una forma di malaria perniciosa. I medici italiani invece brancolarono nel buio. Prima parlarono di influenza, poi di polmonite. Fausto Coppi morì alle 8,45 del 2 gennaio 1960. Per salvarlo sarebbe bastato un po’ di chinino. Orio Vergani scrisse sul Corriere: «Il grande airone ha chiuso le ali».