la Repubblica, 30 luglio 2019
Anne Hathaway e l’infertilità
Forse ci voleva il pancione di Anne Hathaway, il suo selfie con cui annuncia – felice – una seconda gravidanza, per raccontare, invece, il dolore di chi non riesce ad averli i figli, la fatica dei tentativi, le delusioni, la speranza. Sì, perché Anne Hathaway, attrice americana premio Oscar, rompendo gli schemi dello show system affamato di gravidanze da copertina, ha raccontato al mondo il suo calvario per diventare madre. «Per tutti quelli che attraversano l’inferno dell’infertilità e del concepimento – scrive Hathaway – sappiate che nessuna delle mie gravidanze è stata una linea retta. Vi mando amore extra».
Anne, 36 anni, sposata con Adam Shulman, da cui ha avuto due anni fa Jonathan, non rivela quali siano state le sue difficoltà nel restare incinta. Fa capire, però, di aver dovuto lottare non poco, tra cure e cicli di fecondazione assistita, per mettere al mondo Jonathan e adesso per concepire il secondo figlio. Una dichiarazione di umanità, di solidarietà per i milioni di coppie che combattono la tragedia dell’infertilità (90 milioni nel mondo), in Italia sono oltre ottantamila gli aspiranti genitori che ogni anno si rivolgono ai centri di procreazione medicalmente assistita.
Ma anche un atto d’amore, quello di Anne Hathaway, fantastica “stagista” di una insopportabile Meryl Streep in Il diavolo veste Prada, e poi Jane Austen, fino all’Oscar con I Miserabili nel 2013, per vivere con naturalezza la maternità. Nel 2016, dopo la nascita di Jonathan, l’attrice americana aveva postato la foto di un paio di jeans strappati. E la didascalia: «Non vergognatevi se avete preso peso durante la gravidanza. Non vergognatevi se impiegate di più a perderlo. Non vergognatevi se vi arrendete e tagliate i vostri jeans, dato che quelli dell’estate scorsa sono dannatamente corti per le vostre cosce di oggi. I corpi cambiano. I corpi crescono. I corpi si restringono. È tutto amore. Non fatevi convincere del contrario».
È vero, ma bisogna arrivarci a poter cullare e allattare un bambino. Alla tempesta di vita che ogni nascita comporta. Perché l’infertilità è invece una lotta con il buio, con le promesse della medicina, con infinite delusioni. Basta andare sul sito “Parole fertili” e leggere le testimonianze di tante donne che hanno attraversato, con i loro compagni, questo mare in tempesta, per capire cosa vuole dire non poter avere un bambino. Mentre in Italia, ormai, la fecondazione assistita è consentita in tutte le sue forme, ma per le coppie l’accesso alle cure resta una corsa a ostacoli.
C’è il doloroso racconto di un aborto spontaneo: «Dopo cinque anni di procreazione medicalmente assistita, sei arrivata come una farfalla, come un leggero alito di vento e con la stessa delicatezza sei volata via». C’è P. che rivela la sua battaglia contro una malattia insidiosa, l’endometriosi, con la quale è difficilissimo diventare madri. «Quando ti dicono, vi siete sposati, adesso arriverà un bambino, dentro ti scoppia il cuore, quella sensazione di essere diversa, quell’impotenza davanti ad un’infertilità che non avresti mai voluto». Ma anche storie felici, dove il figlio, finalmente arrivato, viene definito dalla mamma che sta tentando una seconda gravidanza, «il mio miracolo di 8 anni».
Uno storytelling che fa bene a chi scrive e a chi legge, un po’ come il selfie di Anne Hathaway. «Abbiamo bisogno di messaggi positivi», commenta Nino Guglielmino, tra i più famosi esperti di fecondazione assistita, presidente della “Siru”, la società italiana di riproduzione umana. «In Italia le nascite stanno calando in modo drammatico. Oggi la percezione sociale rispetto all’infertilità è per fortuna un po’ cambiata, ma i percorsi delle coppie restano durissimi. Questo perché l’accesso alle tecniche nel pubblico è ancora carente, soprattutto al Sud».Nonostante la fecondazione assistita sia stata inserita nei “Lea”, cioè nei “livelli essenziali di assistenza”, tra le cure necessarie che il servizio sanitario nazionale dovrebbe erogare gratuitamente. «Invece così non è. Al Sud i centri sono in gran parte privati, in Italia è ancora vietato fare campagne per la donazione di ovociti, che infatti dobbiamo comprare da banche». Il risultato è che i figli nascono nelle regioni del Nord più ricche e dove la Sanità funziona. «Come Società italiana della riproduzione stiamo lavorando su tre obiettivi. Garantire a tutti l’accesso alle cure. Equiparare, attraverso nuove linee guida, le tecniche, oggi diverse da regione a regione. E poi superare definitivamente la legge 40, magari con una nuova legge». Scrive Sabrina, mamma di Jacopo, un mese: «Un famoso ginecologo mi disse di lottare per averti, ma senza perdere il sorriso. Ora tuo padre e io il nostro sorriso lo rivediamo in te, grande dono della nostra vita».