La Stampa, 29 luglio 2019
L’Asia si ribella ai rifiuti dell’Occidente
Caro Occidente, basta. Grazie, ma basta. D’ora in poi la plastica e i rifiuti te li tieni lì. Basta con le balene spiaggiate in Thailandia con lo stomaco farcito da 80 sacchetti di plastica. O quella in Indonesia che aveva sei chili di plastica in pancia: 115 bicchieri, quattro bottiglie, due ciabatte e un sacco di nylon. Basta anche con i 143 indonesiani risucchiati con le loro 77 case sotto una valanga di detriti in una discarica grande come un monte prealpino. O i 19 morti nello Sri Lanka quando, due anni fa, s’è sfarinata una piramide di rifiuti alta 91 metri. Basta con le alluvioni, gli incendi, i gas tossici nell’aria per bruciare i vostri rifiuti illegalmente. E basta con i 100 container arrivati dall’Inghilterra, trovati a fine luglio nel porto di Colombo con scritto sopra «metallo riciclabile» ma con dentro resti umani tra maleodoranti rifiuti d’ospedale. Non ne possiamo più, quaggiù nel Sud Est asiatico. Ne abbiamo abbastanza. E cominceremo a rispedirvi i rifiuti.
Man mano che l’Asia si arricchisce, ha meno bisogno di svendere la propria natura e la propria salute per smaltire le immondizie dell’Occidente. Anche perché, quaggiù nel Sud Est Asiatico, l’urbanizzazione sta generando tonnellate autoctone di rifiuti. Si fa fatica così, immaginiamoci con le porcherie che arrivano da Australia, Europa e America.
Sapevate che in Asia finiscono tre quarti (sì, il 75 per cento) dei rifiuti di tutto il mondo? Andava tutto più o meno bene fino a quando la Cina smaltiva la plastica, la carta e il metallo, del 50 per cento di tutta la terra. La spazzatura britannica finita in Cina poteva riempire 10 mila piscine olimpioniche. Ma Pechino ha detto basta: a partire dal 2017 ha imposto un divieto totale alle importazioni di rifiuti di plastica. Ora si tengono solo i rifiuti utili come materie prime.
E dove s’è pensato di convogliare i rifiuti che il ricco Occidente produce ogni giorno? Ma nel Sud Est asiatico, è evidente. Ecco i dati del 2018 sul vertiginoso incremento di importazioni di rifiuti di plastica: India, triplicate; Malesia, quintuplicate; Thailandia, raddoppiate fino a un divieto temporaneo. L’Indonesia nei prossimi mesi sta per divenire il più grande importatore di rifiuti al mondo, l’anno scorso ha batttuto il record:+141%.
C’è da sorprendersi che tutte le 50 città più inquinate al mondo siano in Asia? No. Però con l’aumentare dei rifiuti è aumentata anche la rabbia delle popolazioni locali. E la collera fa pressione sui politici e così, si passi il gioco di parole, si cominciano a rifiutare i rifiuti.
A maggio, la Convenzione di Basilea del 1989, il trattato internazionale per controllare i movimenti transfrontalieri e lo smaltimento dei rifiuti pericolosi, è stata emendata proprio per affrontare il problema del Sud Est asiatico. Ora, qualsiasi esportazione che non abbia l’approvazione dei governi nei Paesi importatori è illegale. Perché, finora, bastava trovare uno smaltitore senza scrupoli in qualche Paese lontano, firmare il contratto, e la nave con i container partiva. Ma dove andava a finire?
Sappiamo che il 9 per cento della plastica di tutto il mondo viene riciclata. E il resto? Il resto eccolo qui. La Thailandia butta via 200 miliardi di sacchetti di plastica all’anno. L’India è tutto un disastro ambientale, dai gas killer del Nord metropolitano ai fiumi di plastica dei villaggi nel Sud, oltre al problema delle centrali di carbone. Il 50% dei depositi indonesiani sono discariche a cielo aperto dove l’immondizia si accumula alla rinfusa, contribuendo ad alluvioni, incendi, valanghe come quelli che accadono da 20 anni a Manila.
Sono molti i morti per le conseguenze dirette o le malattie causate dallo smaltimento rifiuti nelle Filippine, in Indonesia e in India. I rifiuti inquinano le acque, danneggiano i raccolti e causano malattie respiratorie, quando vengono inceneriti illegalmente, come spesso accade. Almeno un terzo viene trattato in maniera impropria. Molti rifiuti, dalle discariche aperte, rotolano nei fiumi e infine negli oceani e riaffiorano sulle spiagge di tutto il mondo.
Ma la pacchia sta finendo. Molti governi asiatici annunciano che restituiranno ai Paesi occidentali di provenienza i rifiuti che avevano etichettature false. La Thailandia vieterà le importazioni di rifiuti nel 2021, il Vietnam entro il 2025. A Manila, la MV Bavaria battente bandiera canadese è dovuta venire a riprendersi 69 container prendi di 1500 tonnellate di rifiuti, che languivano nel porto dal 2013. Anche lo Sri Lanka rispedirà a Londra i container con i resti umani. La Cambogia rispedirà in Canada 1600 tonnellate di rifiuti plastici, l’Indonesia dozzine di container in Franca e Australia. La Malesia, che ha assorbito una larga fetta dell’eredità cinese, ha cominciato a punire chi brucia plastica senza permesso e a fine maggio ha annunciato che rispedirà 3300 tonnellate di plastica non-riciclabile in Australia, Arabia Saudita, Giappone, Bangladesh e Cina. Il ministro dell’ambiente malese Yeo Bee Yin è concisa: «Vi rimandiamo a casa la spazzatura. Siamo una nazione piccola, ma non potete bullizzarci!».
Il messaggio è chiaro. Ed è il seguente: Caro Occidente, è ora di cambiare. Comincia a organizzarti perché le porte, qui, si stanno chiudendo al colonialismo dei rifiuti.