Libero, 29 luglio 2019
Così si faceva l’amore nel Medioevo
Consuetudine vuole che l’estate sia considerata il top per amare. Caldo, sete, desideri. Saltano le inibizioni e con esse i vestiti, dicono che la copula si moltiplichi a livelli esponenziali, fenomeno in crescendo nel turismo mordi e fuggi inclusa fastidiosa sabbia nelle mutande, alle inviolate spiagge, ville e barche dei vip che offrono chiappe chiare, e non solo, ai paparazzi e pure ai selfie fai da te. Ma, come in ogni settore, quando c’è eccesso d’offerta la richiesta scende. Il sesso estivo troppo nudo e crudo stimola il senso di noia, diventa fastidio per obbligo di calendario. Roba da sbadiglio dei più raffinati (faticoso accaldarsi ulteriormente), per i quali l’erotismo è anche un fatto di cervello e di scelte abilmente dosate. A tale proposito, consigliamo la lettura del libro I balsami di Venere – l’erotismo in Europa dal Medioevo al Settecento (Il Saggiatore, pag.168, euro 22), scritto nel 1989, oggi ristampato, da Piero Camporesi, filologo, scrittore, antropologo, storico e soprattutto fine conoscitore degli umani desideri, scomparso nel ‘97. Un divertimento leggiadro ma profondo, vuoi per le citazioni latineggianti (si va verso il “volgare”), vuoi per le ingenue convinzioni scientifiche del passato, in certi casi esilaranti, in altri invece intuitive delle certezze oggi acquisite sull’argomento. Ed è una curiosa definizione del coito (citata da Camporesi), a diventare il filo rosso, il tema conduttore, la filosofia del volume: quando l’atto supremo dell’accoppiarsi, nell’uso popolare francese, veniva definito la petite morte, la piccola morte. Nel senso che il raggiungimento del piacere è così totale, assoluto, da portarti fuori dalla realtà, da far sì che il senso di appagamento si trasformi in quello di svuotamento: più si è stati coinvolti nell’atto amoroso, a maggior ragione si avrà le sensazione che “dopo” ci sia soltanto il vuoto, il nulla.
EROS E THANATOS
È la lotta fra Eros e Thanatos, da sempre dominante tenzone letteraria. E il miracolo “riesce meglio”, se al sesso nudo e crudo si aggiunge la ventata della passione. Da sempre l’uomo desidera che quella “piccola morte” all’apice del piacere non diventi definitiva, ma si replichi costantemente, nel corso della vita. Infatti ogni volta il coito “si lascia alle spalle”, per così dire, un coinvolgimento totale del corpo (non solo il turgore del pene o del clitoride) ma l’accelerazione della respirazione e l’afflusso di sangue venoso. E i balsami di Venere evocati nel titolo? Sono tutti gli additivi, diciamo così, usati nel corso dei secoli per far sì che l’uomo e la donna (c’è una parità dei desideri, in questo libro, in anticipo sui tempi) possano continuare all’infinito la replica del piacere, con uguale appetito.
LE RICETTE
Ma sono le donne, secondo Camporesi quelle che cercano in ogni modo di mantenere in forma sia gli attributi maschili che quelli femminili, una vera ricercatrice in questo senso era considerata Caterina Sforza, signora di Forlì. La quale ci teneva a garantire i diritti al piacere (alla faccia delle femministe, non hanno inventato nulla) per entrambi i sessi. Quindi cercava segreti accorgimenti ad magnificandum virgam (in un certo senso ad esaltare il membro)… Modus procedendi ut addatur in longitudine et grossitudine virge ultra misuram naturalem(latino volgare – maccheronico, traduce anche un bambino). Ma ci teneva ad esaltare anche la “natura delle signore”, e a tal proposito monsignor Della Casa avrebbe in seguito dissertato sul “forno” e “sull’arte santa delle fornaie”, quasi a sottolinearne il calore mai spento e “l’umido frutto confettato” che attende l’amante per coglierlo al volo. La copula era considerata un momento “ciclonico”, lo sperma veniva definito il “sangue bianco”, si riteneva che corrispondesse a una quantità di sangue quaranta volte superiore e che avesse effetti magici e sconvolgenti. Per far sì che il penis languidus, come dicevano i latini, alzasse il capino, le donne di allora (non solo Caterina da Forlì) si dedicavano a costanti e continue ricerche gastronomiche, additivi per “potenziare la potenza” dell’uomo: gelatine ricavate da pollame nutrito con vipere, membro di cervo bollito, polvere di testicoli di toro. Assai discutibili, ma in fondo (con un po’ di ironia) non del tutto lontani dal principio degli integratori di oggi. Il lato stupefacente è che, nonostante le odierne lamentele sulla parità dei sessi, ci eravamo dimenticati che sono sempre state le donne a tenere in mano il mondo.