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 2019  luglio 28 Domenica calendario

A Roma mancano 400 agenti

Tra vigili freschi d’ingaggio che non si presentano a firmare il contratto, altri che rinunciano al posto, fatta la tara fra gli annunci sulle assunzioni in Polizia e i pensionamenti di questi mesi, sulle strade di Roma mancano quasi 400 rinforzi. A riaprire il capitolo della sicurezza Capitale è stata la sindaca Virginia Raggi. L’altro ieri, a poche ore dalla tragedia del vicebrigadiere Mario Cerciello, ha detto in tv che «per la polizia locale in città mancano 2mila agenti e forse non sono nemmeno sufficienti». Lo scarto dei 2mila uomini è la differenza tra i numeri effettivi della Municipale romana (5.779 caschi bianchi sparpagliati in 15 gruppi) e quelli della «dotazione teorica», una cifra calcolata in base a parametri nazionali e che prevedrebbe, per la Città eterna, all’incirca 8mila agenti. 

IL PARADOSSO
Questa è la teoria, mentre la pratica è fatta anche di paradossi. Come il fatto che quando i posti di lavoro ci sono, coi contratti pronti, non si riesce sempre a coprirli. È capitato anche con i vigili urbani: quasi mille assunzioni in due anni, faticosamente sbloccate dall’assessore al Personale di Roma, Antonio De Santis. Per il 2019 sono stati previsti 500 contratti a tempo indeterminato. Ma, sorpresa, al momento di accettare l’offerta del Campidoglio quasi un neo-agente su tre si è defilato. Alcuni hanno mandato una lettera per dire che rinunciavano al posto in Comune, altri nemmeno si sono presentati. È andata in modo simile per il reclutamento degli impiegati: 816 candidati vincitori di concorso, ma hanno firmato in 506. «Proveremo a riconvocare chi non si è presentato e se non verranno di nuovo, scorreremo le graduatorie», fanno sapere da Palazzo Senatorio. Avanti il prossimo, sperando che accetti.
Sembra incredibile che qualcuno, di questi tempi, rinunci al posto fisso in uno dei più grandi enti pubblici d’Italia (col contratto a tempo indeterminato, poi...). Una spiegazione c’è e va cercata nei tempi pachidermici con cui si muove la macchina burocratica capitolina: il concorsone per reclutare i vigili è del 2010 ma si è iniziato ad assumere, dopo una ridda di ricorsi e rimandi, solo alla fine del 2016. E un po’ per volta, considerati i paletti ostici del turn over. Risultato: chi è stato chiamato ora, nove anni dopo la prova di selezione, in molti casi ha già trovato un altro impiego. Le cose dovrebbero andare meglio col nuovo concorso che il Comune prepara per l’anno prossimo.
Per la Polizia, il ministro Matteo Salvini l’anno scorso ha promesso «250 agenti in più» da destinare alla Capitale. Effettivamente nel 2018 ne sono arrivati 200 più altri 216 nel 2019, compresa la provincia. Va fatta però una sottrazione, tocca cioè togliere le uscite, soprattutto pensionamenti. Ed ecco che il saldo è più magro di quel che potrebbe sembrare: 75 uomini in più, hanno contato in Comune. Calcolo che il Viminale non smentisce, anche perché il saldo è comunque positivo. A Roma poi arriverà una quota degli 8mila agenti che saranno assunti nei prossimi anni (per i primi 1.050 il concorso si è appena tenuto). Quanti saranno inviati dentro al Gra, però, è presto per dirlo.
Restano i numeri freddi delle statistiche: a Roma ci sono 4 vigili per chilometro quadrato, a Milano sono 16, quattro volte tanto; tra poliziotti, carabinieri e finanzieri, c’è invece un uomo delle forze dell’ordine ogni 124 abitanti, mentre la media nazionale è di un agente ogni 236 cittadini. Ma è un dato che andrebbe depurato dalle centinaia di uomini assegnati ad ambasciate, ministeri e agli altri enti che hanno sede nell’Urbe. O intorno al Vaticano.

LE INDECISIONI
C’è poi il discorso delle dotazioni. Come il taser, la pistola elettrica che spara scariche per immobilizzare. Il Viminale vorrebbe darla ai vigili, Roma però ancora non ha deciso. Motivo? I grillini tergiversano: «La verità è che non siamo tutti d’accordo», ammettevano i consiglieri 5 Stelle durante l’ultima seduta dell’Assemblea capitolina, mentre la Lega, che proponeva di mettere ai voti la sperimentazione, ha deciso di rinviare la conta, sperando di sfruttare le divisioni della maggioranza.