Il Sole 24 Ore, 28 luglio 2019
Indagine sui misteri del mitico Bafometto
Il Bafometto è un capro, ma anche un diavolo, probabilmente altro. S’incontra nelle vicende dei cavalieri Templari o ne Il pendolo di Foucault di Umberto Eco; impazza nei libri esoterici, ha partecipato a canzoni e film horror. In Rete è facile trovarselo davanti dopo un clic, a volte eccolo nell’arte, ha dato il suo nome anche a un’auto non economica. Non è facile identificarlo, dire chi sia e il giorno in cui nacque. Qualcuno ricorderà quanto si scrisse un paio d’anni or sono quando uscì da Adelphi la traduzione del libro che gli dedicò Pierre Klossowski (l’edizione originale è del 1965), fratello del pittore Balthus: sono pagine in cui l’autore gioca con il tempo, cercando di rendere intercambiabili il passato e il presente, di confondere ogni logica. Del resto, Klossowski non desiderava chiarire alcuna questione, anzi. Nella sua opera – è il caso di ricordarlo – il filosofo Deleuze vedeva l’unità di “teologia e pornografia”. Forse per questo decise di giocare, e lui sapeva farlo, con Bafometto.
E ora è il caso di riprendere il discorso, non perché ci sia da comunicare qualcosa di definitivo sull’argomento (nelle questioni esoteriche questo non accade in alcun caso), ma perché esce in traduzione italiana un saggio scritto a quattro mani di Spartakus FreeMann e Soror D. S., due adepti alle filosofie ermetiche viventi in Francia che utilizzano nomi di copertura, intitolato appunto Il Bafometto. Lo loro non è un’opera letteraria come quella di Klossowski, ma un saggio che cerca di informare il lettore su come orientarsi nel labirinto che avvolge codesto essere, definibile “il mistero dei misteri”. Partendo dai cavalieri Templari, si soffermano sui ghiotti dettagli della loro storia (la regola segreta, il Santo Graal, l’eventuale sopravvivenza eccetera), quindi affrontano la nascita della leggenda di Bafometto e continuano sino a esaminare quel che sostengono i cultori della magia moderna. Un percorso dove si parla della pietra filosofale, della sacra Sindone, degli scrigni del duca di Blacas, di Lucifero, di altro.
Non è il caso di sorridere giunti a questo punto, perché i due autori riferiscono e non affermano; di certo sull’argomento si sono scritte biblioteche e il mito che ne è l’oggetto non ha mai conservato le medesime caratteristiche. Nel saggio che stiamo cercando di presentare troverete molto di quanto è stato detto tra Otto e Novecento. Leggerete, per esempio, quel che sostenevano l’Ecclesia Gnostica Catholica o qualche corrente della Massoneria: le loro tesi erano esposte da personaggi che al secolo figuravano come stimati professionisti o uomini di scienza. E poi i riti, le icone, le conferenze (con cardinali interessati all’argomento), le possibili definizioni di un essere che i più vorrebbero semplicemente identificare con il diavolo e altri assegnare alla storia della tradizione alchemica. C’è anche un approccio transessuale a Bafometto, risale al 2010 e si deve a Phil Hine: a pagina 219 del libro si trova l’indicazione del sito che permette di approfondire anche tale questione.
Su siffatto argomento si potrebbe continuare sino a smarrirsi, eppure un intellettuale come Eco quando gli chiedevano qualcosa in merito diventava serio e citava quasi sempre Eliphas Lévi, al secolo Alphonse Louis Constant, morto nel 1875: precisava che nei due tomi della sua opera Dogma e rituale dell’alta magia (Parigi 1854-56) egli invitava a leggere il nome di Bafometto al contrario. Non stupitevi. Gli argomenti inafferrabili e incomprensibili sono gli unici con cui desideriamo giocare e incapricciarci. Un po’ come si fa con l’amore, che manda avanti la nostra specie.