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 2019  luglio 28 Domenica calendario

Il boom del Mozambico

Se ci si soffermasse all’indice di sviluppo umano, il Mozambico si presenterebbe come uno dei Paesi più poveri del mondo, ancorato al 180° posto su 188, ostaggio di una corruzione diffusa, e con solo il 15% della popolazione che ha accesso all’elettricità nelle zone rurali. Eppure questo Paese di 25 milioni di abitanti, esteso due volte l’Italia, rappresenta anche uno degli Stati su cui poggia la potenziale rinascita economica dell’Africa. 
Forte di un’invidiabile dote energetica, e di ricchi depositi di risorse naturali (carbone, titanio, granito, gesso, grafite e pietre preziose), ma anche grazie anche a una stabilità politica che incentiva gli investitori stranieri (da oltre 20 anni si tengono elezioni politiche multi-partitiche), il Mozambico fa parte di quell’Africa che “fa ben sperare”, su cui i Paesi industrializzati – e questa volta l’Italia è in prima linea – intendono puntare, consapevoli delle potenzialità economiche in palio, e dei vantaggi – reciproci – che si possono trarre.
Lo straordinario sviluppo che l’Fmi stima per questo Paese a partire dal 2024/25, con un Pil a due cifre, passa proprio dallo sfruttamento del settore del gas naturale. Dove l’Italia, grazie alle attività di Eni e Saipem, gioca e giocherà un ruolo di primo piano. 
All’improvviso, l’energia
Quasi d’improvviso, il Governo di Maputo si è ritrovato tra le mani un immenso patrimonio energetico. Le scoperte di grandissimi giacimenti di gas naturale, a partire da Mamba (il più grande degli ultimi 20 anni), trovato dall’Eni nel 2011, seguito dai ritrovamenti successivi, hanno portato il livello delle risorse finora accertate a oltre 2 miliardi di metri cubi di gas naturale. Per sfruttare questo potenziale sono necessari investimenti colossali. Come il contratto firmato lo scorso mese dalla compagnia americana Anadarko per la costruire impianti di liquefazione del gas naturale. Un investimento da 20 miliardi di dollari (Saipem ha ottenuto una maxi commessa da sei miliardi), il più grande nella storia del Mozambico. Non sarà il solo. Entro fine anno Eni, che in Mozambico ha già investito miliardi di dollari, ed Exxon Mobil, dovrebbero comunicare la decisione finale relativa a un altro mega investimento, che a partire dal 2024 permetterà di esportare il gas di Mamba.
Se tutto andrà come previsto, forse già nel 2025 il Mozambico si candida a divenire il secondo fornitore mondiale di gas naturale liquefatto (Gnl). Come ha rilevato l’ad di Eni Claudio Descalzi, lo sviluppo dei giacimenti di gas consentirà al Paese un ritorno di almeno 100 miliardi di dollari (ai prezzi attuali) in 20-25 anni. Giusto per avere un’idea, il Pil del Mozambico non supera i 15 miliardi. 
Un Paese aperto al mondo
Indubbiamente la posizione geografica del Mozambico è un punto di forza. Lontano dal turbolento Medio Oriente, si trova proprio di fronte ai mercati asiatici. Buona parte dell’export di Gnl sarà infatti assorbito da economie energivore come India e Cina. Consapevole di dipendere ancora dagli aiuti internazionali e dagli investimenti esteri per il proprio sviluppo, il governo di Maputo ha portato avanti una politica estera che fa perno sul mantenimento di relazioni amichevoli con tutti i maggiori partner internazionali (Ue, Usa, Giappone e Cina, India e Sud Africa, Brasile e Australia) ma anche con quelli regionali. Maputo è un attivo membro della Southern African Development Community (Sadc), della Comunità dei Paesi di Lingua Portoghese (Cplp) e del Commonwealth. Ha perfino aderito all’Organizzazione della Conferenza Islamica (il 30% della sua popolazione è di religione musulmana). 
Le prospettive di crescita 
Sono trascorsi ormai 27 anni dalla fine della guerra civile. In questo periodo grazie anche alla stabilità macro economica e a riforme di mercato favorevoli agli investimenti esteri,il Mozambico ha sorpreso il mondo per la sua crescita economica. Nel 1992 il reddito pro capite non superava i 60 dollari, oggi è quasi dieci volte tanto. Tra il 1996 e il 2015, il Paese ha registrato tassi di crescita tra i più elevati dell’Africa Sub-Sahariana, con una media del 7 per cento. Nel 2017 e nel 2018 la crescita è stata più contenuta, +3,7% e + 3,2%. 
Le misure monetarie restrittive e fiscali volte a contenere il deficit – sottolinea un rapporto Ice – hanno consentito di portare sotto controllo l’inflazione (3,5% nel 2018). I due devastanti cicloni che quest’anno si sono abbattuti sul Paese provocheranno un ulteriore rallentamento del Pil (+2,2%) e un innalzamento dell’inflazione. Ma il boom del gas naturale farà presto ripartire l’economia. Per il 2024 l’Fmi stima una crescita dell’11,4 per cento. Certo i problemi non mancano. Da quelli economici, come il debito pubblico, raddoppiato negli ultimi sei anni (è al 110% del Pil). Alle incognite politiche, legate alle tensioni non ancora del tutte risolte tra il partito al potere Frelimo e il partito d’opposizione Renamo.
I rapporti con l’Italia 
Nel 2018 l’Italia si è confermata, a livello europeo, il secondo investitore e secondo partner commerciale del Mozambico, dopo i Paesi Bassi, con investimenti del valore di 713 milioni di dollari e un interscambio che ha toccato i 523 milioni di euro. Sono circa 50 le imprese italiane presenti nel Paese. Oltre all’energia il settore del turismo e quello agro-alimentare offrono grandi potenzialità. 
Certo la concorrenza è serrata. Quella della Cina, soprattutto nell’edilizia popolare e nelle infrastrutture, ma anche quella dell’India. Eppure le recenti iniziative – come il Forum Italia-Mozambico organizzato da Confindustria – mettono in luce come l’Italia possa muoversi ottenendo indubbi vantaggi seguendo non solo la logica del profitto. Ma anche promuovendo lo sviluppo del Paese, e facilitando la diversificazione della sua economia. 
L’Italia vuole dunque puntare sul Mozambico. I mozambicani, d’altronde, non dimenticano il 4 ottobre di 27 anni fa. Quando a Roma Joaquim Chissano, presidente del Mozambico, e Afonso Dhlakama, capo della guerriglia Renamo, firmarono uno storico accordo di pace che pose fine a una feroce guerra civile durata 16 anni. Che aveva provocato un milione di moti. Dove altri governi stranieri non ci riuscirono, riuscì la comunità di Sant’Egidio.