Corriere della Sera, 28 luglio 2019
Franky Zapata è pronto a riprovarci
«Inventare una macchina è come fare un figlio. Non ti dici “sarà un chirurgo”. Nasce e poi tu l’accompagni, vedi che cosa diventa». Franky Zapata, 40enne «uomo volante», ha cominciato a inventare moto d’acqua più potenti unendo più motori assieme. Poi ha avuto l’idea di usare quella potenza per il Flyboard, volando sopra il mare collegato a un tubo. Il passaggio successivo è stato eliminare il tubo e accompagnare la macchina, come un figlio, fino all’evoluzione successiva, il Flyboard Air: il 14 luglio scorso Zapata è diventato famoso volando davanti al presidente Macron e agli altri capi di Stato sopra place de la Concorde a Parigi, nel momento più spettacolare della parata della festa nazionale. Dieci giorni dopo ha tentato di attraversare la Manica da Sangatte a Dover, come aveva fatto 110 anni prima Louis Blériot a bordo di uno dei primi aerei. Tentativo fallito per un errore durante la tappa di rifornimento a metà strada, «ma ci riproverò fino al successo», giura.
Figlio di un ingegnere edile, marsigliese, Zapata lascia la scuola a 15 anni nonostante la buona media perché troppo irrequieto per riuscire a stare fermo in classe. Dopo un anno passato a fare il muratore, a 17 scopre le moto d’acqua. Vince sette campionati d’Europa e diventa per tre volte campione del Mondo, nonostante sia daltonico e non riesca a distinguere le boe gialle da quelle rosse. «Restava in seconda o terza posizione per seguire gli altri fino all’ultimo giro, poi dava il massimo per vincere», racconta l’ex rivale e amico Vincent Lagaf.
All’epoca Franky Zapata viveva con la moglie Krystel nel camion delle competizioni parcheggiato sulla laguna di Berre, a Ovest di Marsiglia. «Non potevamo permetterci un appartamento, avremmo dovuto avere una busta paga, fornire una cauzione... Allora stavamo nel camion e giravamo il mondo per le gare, era fantastico, uno dei più bei momenti della mia vita». L’uomo volante si definisce «uno bravo a sopravvivere, ho una buona stella. Lavoro duro, non mi do mai per vinto e trovo sempre il modo per tirarmi fuori dalle situazioni difficili».
Zapata non ama andare fuori dalle regole ma tende ad anticiparle. Da campione di moto d’acqua inventa nuovi modelli fino a che la federazione di motonautica li mette fuorilegge, e il Flyboard Air è tormentato dalla burocrazia: né aereo né elicottero, bisognerebbe omologarlo, ma non si sa a che cosa. Domare il Flyboard Air è complicato, sono cinque reattori che possono spingere un uomo fino a 200 chilometri all’ora. Nel primo volo di prova Zapata perde il controllo, cerca di fermare la macchina imbizzarrita e ci rimette due dita.
«Mia moglie voleva divorziare, ho dovuto trattare a lungo». Al secondo volo, la rivelazione: «È andato tutto a meraviglia, ho sentito che non volevo fare altro nella vita, solo volare». Zapata sta in piedi su una specie di skateboard collegato allo zaino con il serbatoio per il cherosene. «Tengo 37 chili sulla schiena, che devo controbilanciare con la forza dei muscoli. Sono io a scegliere la direzione spostando il peso del corpo, il joystick serve a dare più o meno gas». I voli sono molto rumorosi, i sindaci della zona protestano, la gendarmeria prende le foto segnaletiche di Zapata e due anni fa minaccia di arrestarlo se continuerà a volare. Lui riceve offerte da Dubai, dalla Boeing in America, finché il governo francese intravede possibili applicazioni militari e lo finanzia con 1,3 milioni di euro. Dopo la traversata della Manica, che è solo questione di giorni, la prossima sfida è l’auto volante. «Tecnicamente sono già in grado. Ma stavolta farò più attenzione alle autorizzazioni».