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 2019  luglio 27 Sabato calendario

Il ritorno della pena capitale in America

America
È in grande forma, Donald Trump. E il mezzo flop dell’audizione in Congresso di Robert Mueller, l’ex procuratore speciale del Russiagate, gli dà un po’ d’euforia: i democratici all’opposizione hanno giocato l’asso e hanno perso la mano, mentre il magnate presidente, giorno dopo giorno, ne sforna una nuova per tenere alto l’entusiasmo della sua base: i migranti, con l’escalation di misure, magari inefficaci, contro gli illegali; la difesa un po’ sguaiata di A$AP Rocky, il rapper arrestato e rinviato a giudizio in Svezia; e il ripristino della pena di morte con iniezione letale nelle carceri federali, dopo una moratoria di oltre 15 anni; l’ultima sentenza federale capitale eseguita risale al 2003. TRUMP SI SENTE la vittoria in tasca, nelle presidenziali 2020; e, in questo momento, ce l’ha. Tanto più che l’economia va bene anche quando rallenta: esempio, la crescita nel secondo trimestre è stata inferiore a quella del primo trimestre, ma comunque superiore alle previsioni. E quindi il dato suona un successo. Lo showman presidente sa poi scegliere sempre temi su cui i democratici, criticandolo, appaiono pericolosi sinistrorsi: dai commenti razzisti, che se li definisci tali fai sentire razzista più di mezza America bianca, alla pena di morte, che una maggioranza di americani continua ad approvare (anche se gli abolizionisti crescono). Giovedì, l’Amministrazione Trump ha annunciato la ripresa delle esecuzioni capitali pronunciate da tribunali federali. Il Dipartimento della Giustizia ha adottato un nuovo protocollo di iniezione letale – il blocco nasceva dalla crudeltà del metodo – e ha programmato cinque esecuzioni a Terre Haute, la prigione federale dell’Indiana dove, nel 2001, fu messo a morte Timothy McVeigh, un reduce della Guerra del Golfo del 1992, suprematista bianco, responsabile della strage di Oklahoma City (19 aprile 1995, 169 vittime, fra cui 19 bambini). La mossa di Trump non è un fulmine a ciel sereno, ma si colloca in controtendenza con le moratorie della pena di morte adottate da un numero di Stati crescente, spesso con il pretesto della disumanità dei metodi. La reazione di alcuni dei candidati di punta alla nomination democratica non s’è fatta attendere: “C’è abbastanza violenza nel mondo. Il governo non dovrebbe accrescerla. Quando sarò presidente, aboliremo la pena di morte”, scrive su Twitter il senatore Bernie Sanders. E altre due senatrici, Kamala Harris ed Elizabeth Warren, denunciano gli errori giudiziari legati alla pena di morte, molti e irreparabili. “LA PENA CAPITALE é immorale e profondamente fallace. Troppi innocenti sono stati giustiziati. Ci vuole una moratoria nazionale delle esecuzioni, non una loro ’resurrezione’”, scrive Harris. “Il nostro sistema criminale ha una lunga storia di errori sulla pena capitale, specialmente quando si tratta di persone di colore…Io mi oppongo alla pena di morte”, afferma la Warren. Tace, invece, Joe Biden, l’attuale battistrada della corsa democratica, ma in perdita di consensi e forse timoroso di finire confuso con quei ’socialisti’ dei suoi antagonisti. In qualche misura, osserva The Hill, il giornale della ‘bol – la’ di Washington, i democratici cadono nella trappola di Trump. Dopo l’audizione di Mueller, l’idea d’avviare una procedura d’impeachment contro il presidente s’è appannata e la consapevolezza che l’unico modo di sbarazzarsi del magnate è vincere le elezioni l’anno prossimo s’è rafforzata. Ma i candidati alla nomination, per distinguersi da Trump, rischiano di spaventare l’elettorato moderato. I propositi di Sanders e delle sue colleghe senatrici hanno un’eco nell’Unione: gruppi che si battono per i diritti umani e contro la pena di morte intendono contestare in giustizia la decisione dell’Amministrazione. Un punto di forza dei ricorsi potrebbe essere che i contenziosi medico-legali sui cocktail di farmaci storicamente usati nelle esecuzioni con iniezione letale – quelle praticate nei carceri federali – non sono stati affatto superati. Ma ciò non ha impedito al magnate presidente di chiedere al Dipartimento della Giustizia di accelerare la pratica e di arrivare adesso all’annuncio della ripresa delle esecuzioni. I condannati a morte federali hanno un mix etnico anomalo rispetto ai condannati dalla giustizia degli Stati. Secondo il Death Penalty Information Center, fra i 62 condannati attualmente detenuti nei bracci della morte federali, ci sono più bianchi (27) che neri (26) e i latini sono ’appena’ il 10%, mentre uno solo è d’origine asiatica. Fra questi 62, il personaggio è Dzhokhar Tsarnaev, che piazzò la bomba alla Maratona di Boston nel 2013