il Fatto Quotidiano, 27 luglio 2019
Bio-On è la nuova Parmalat?
Prima pagina
Soldi
Con Bio-On non ci si annoia mai in questi giorni: dopo la quasi totale sospensione di mercoledì e giovedì, ieri il titolo è stato riammesso in Borsa. E ieri ha registrato un rialzo del 60 per cento, in una seduta comunque complicata, con le contrattazioni sospese più volte per eccesso di rialzo. A dare la spinta al titolo sono stati gli acquisti dei fondatori della società, il presidente Marco Astorri e il vice presidente Guido Cicognani che hanno investito 211.000 euro per dare un segnale di fiducia. A 24 euro, le azioni di Bio-On restano comunque lontanissime dai 55 che valevano fino a martedì, quando il fondo americano Quintessential – come raccontato dal Fatto – ha pubblicato il risultato di mesi di indagini sui bilanci e i segreti di Bio-On e l’ha presentata come “la nuova Parmalat”. I DUBBI. Quintessential ha il suo interesse, fa soldi scommettendo sul crollo di aziende che ritiene colpevoli di frodi contabili e con valori di Borsa gonfiati. Ma il management di Bio-On finora non è stato molto efficace nel rispondere alle accuse di avere millantato le sue mille partnership industriali, di non aver mai prodotto davvero la bioplastica PHA che dovrebbe rivoluzionare tutto, dalla medicina all’a l imentare, e di vendere le proprie scoperte tecnologiche di fatto a se stessa (cioè a joint venture di cui ha maggioranza e che non sempre versano un reale corrispettivo). IL CASO HAWAII. Ieri Bio-On, per la prima volta, ha di fatto ammesso di aver nascosto informazioni al pubblico e agli investitori. La questione riguarda Virdhi, una società basata alle Hawaii che, come raccontato ieri dal Fat – t o, nel 2013 viene presentata da BioOn ora come “una start-up che sviluppa materiali avanzati per uso biomedicale”, ora come “il marchio dell’esperienza innovativa acquisita dal 2007 da sviluppare specificamente nel mercato Usa”. È una delle alleanze che Bio-On ha annunciato alla vigilia della quotazione in Borsa del 2014 e che hanno contribuito a dare l’impressione di una azienda dinamica e con una credibilità internazionale. Ieri, in un comunicato stampa, Bio-On ha ammesso quanto il fondo Quintessential aveva già scoperto: “Virdhi è una società fondata da Astorri e Cicognani nel 2013 con sede a Honolulu, luogo da cui è nata la tecnologia Bio-On, finalizIL CASO È la “nuova Parmalat”? BIO-ON È NATA NEL 2007 ed è attiva nel settore delle bioplastiche. Soprattutto dopo la quotazione in Borsa nel 2014, Bio-On ha annunciato progetti e partnership in vari campi, dalla lotta ai tumori alle creme solari all’arredamento, grazie alla tecnologia di produzione del PHA, una plastica biologica. Ma molte cose non tornano nei suoi bilanci: l’impianto più volte annunciato di produzione di PHA a Bologna è costato 40,7 milioni invece di 15,7 e non è chiaro se e cosa abbia mai prodotto. Il grosso delle vendite di tecnologie basate sul PHA è a società partecipate dalla stessa Bio-On che in molti casi neppure versano il dovuto. Il fatturato si impenna (nel 2018 è arrivato 51 milioni di euro) ma i soldi non entrano davvero e il flusso di cassa è negativo per 21 milioni di euro, su 59 milioni di crediti ben 33 sono verso joint ventures con dentro Bio-On. Il fondo Quintessential, che ha scommesso sul crollo del titolo, la accusa di essere “la nuova Parlamalat” Bio-On risale in Borsa, i vertici comprano per sostenere il titolo Prime ammissioni: dietro l’azienda delle Hawaii Virdhi c’erano l’ad e il presidente italiani zata a poter operare in alcune aree di ricerca della tecnologia direttamente attraverso una società con sede negli Usa, coerentemente con il forte interesse commerciale registrato dall’azienda su quel territorio”. All’epoca degli annunci e anche dopo, Bio-On non ha mai comunicato che dietro quella start-up delle Hawaii – che mai ha prodotto alcun risultato di ricerca divulgato – ci fossero gli stessi fondatori di Bio-On. Un dettaglio che avrebbe permesso ai futuri investitori al momento della quotazione di capire meglio di che si trattava: niente di male a tentare l’e s p a nsione negli Usa, ma è cosa ben diversa che fare una partnership con una azienda terza. Oggi Bio-On spiega che “successivamente la proprietà ha deciso di non proseguire con il progetto, portando il cuore di questo ramo di ricerca in Italia all’interno di Bio-On nella business unit Cns (Cosmetica, Nanomedicina e Smart Material). Per questo motivo la società Virdhi non ha mai registrato alcuna trans a z io n e”. Ma finora Bio-On non aveva mai sentito il bisogno di fornire queste informazioni agli azionisti e di aggiornarli sul fatto che “Bio-On e Virdhi non hanno mai avuto alcun rapporto di tipo commerciale o finanziario”. GLI INIZI MISTERIOSI. Quasi nessuno (va ricordata la lodevole eccezione di Business Insider) aveva mai dubitato delle prospettive di Bio-On, fino al report del fondo Quintessential. Eppure, rilette conla consapevolezza di oggi, le tante interviste del fondatore Marco Astorri dimostrano sicuramente un notevole talento narrativo ma una certa vaghezza scientifica. “Bio-On è nata per caso. Io ero un imprenditore impegnato nel campo dei microchip. Nel 2006 ci venne chiesto di sostituire la plastica delle tessere per gli skipass, di trovare un materiale che non inquinasse. Abbiamo scoperto i biomateriali: si è aperto un mondo. Ci siamo buttati totalmente nell’impresa, abbiamo investito tutto il nostro tempo e le nostre risorse e così nel giro di cinque anni siamo in grado di sostituire qualsiasi materiale con la nostra bioplastica”, diceva a Repubblica nel 2012. Talento sorprendente o un bluff? I PHA, i polimeri di cui si occupa Bio-On, sono noti dal 1926. Ma soltanto Astorri sostiene di aver capito come valorizzarli e realizzare miracoli scientifici tipo ripulire il mare dal petrolio, costruire mobili biodegradabili, riparare le ossa umane o scoprire tumori. BENETTON. Eppure Astorri è forse un genio, ma non ha un percorso pregresso nella chimica. Dopo un’esperienza nel marketing, nel 2002 fonda la società Lab-Id, crede in lui Mauro Benetton, della dinastia trevigiana. Si occupa di varie cose, ma soprattutto ccerca di inserire i chip Rfid (per identificazione a radiofrequenza) nell’a b b ig l i a m en t o. Una specie di etichetta digitale. Nel 2003 Benetton si allontana dal progetto: troppi problemi di privacy. E Astorri cerca di portare la sua rivoluzione negli skipass, lavora con Dolomiti Superski. Non va benissimo. Ma per fortuna lui e l’ami – co Guido Cicognani sono pieni di creatività, almeno stando a quanto racconta sempre a Re – p ub b li ca : “Abbiamo chiuso con gli skipass. Ci siamo comprati un computer, un iMac, l’abbiamo collegato alla Rete e abbiamo iniziato a cercare qualcosa di nuovo”. Trovano alle Hawaii un gruppo di ricercatori che “sta sperimentando un modo per produrre la plastica con gli scarti della lavorazione delle zucchero”. Cosa faccia davvero oggi Bio-On, quali siano i suoi clienti diversi da joint venture guidate da Astorri e Cicognani e quali tecnologie abbia davvero sviluppato è un mistero che neppure questi giorni di drammatica attenzione da parte della Borsa sono riusciti a dissipare. Ieri intanto la Procura di Bologna ha aperto un fascicolo, per ora contro ignoti, per manipolazione di mercato. © RIPRODUZIONE RISERVAT