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 2019  luglio 27 Sabato calendario

Il caso Brigida

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Grida lancinanti trafiggono il silenzio della campagna a ridosso di Cerveteri. «No, no, no» urla Stefania Adami, una madre devastata da mesi di estenuante, infinita attesa. In uno di quei francobolli di terra della cittadina etrusca, divisa dal mare dalla via Aurelia, il 20 aprile del 1995 si scrive la parola «fine» sul caso Brigida.
Brigida è il cognome di Tullio, un uomo senza scrupoli, che per vendicarsi dei contrasti con la donna uccide i loro tre figli, Armandino di otto anni, Laura di tredici e Luciana di due anni e mezzo. Un carnefice come i tanti che affollano le pagine di cronaca, se non fosse per il fatto che lui è molto di più. È un sadico che per tanto, troppo tempo, un anno e mezzo, ha tenuto sotto scacco la moglie, senza dire la verità, depistando gli investigatori e lasciando con il fiato sospeso decine di giornalisti che, come me, lo hanno seguito da un terreno all’altro alla ricerca dei tre corpi dei figli.
E quando hanno disseppellito quei tre bambolotti dai vestiti sporchi di terra, ammassati uno sull’altro nella fossa comune scavata dal padre mostro, non si è mai capito se si fosse l’inizio o la fine di un incubo.
Il rapporto sentimentale tra Tullio Brigida e Stefania Adami era sempre stato contrastato. Lei frequentava un liceo nel quartiere Magliana quando nel 1983 lo aveva conosciuto. Lui lavorava a singhiozzo nell’edilizia. L’uomo, violento e possessivo, l’aveva pugnalata 13 volte mentre era incinta e proprio quando era in prigione per scontare 4 anni e 10 mesi per quel gesto, aveva chiesto a lei di sposarlo. Stefania non aveva esitato e in carcere erano state celebrate le nozze.
Ma botte e discussioni, una volta fuori, avevano puntellato quel matrimonio. La donna aveva deciso così di andare via, per tornare a casa dei suoi genitori. Lui non l’aveva accettato, la voleva accanto.
Qualche giorno prima del Natale 1993, come da accordi presi, Brigida va a Isola Sacra, dove abitano i suoceri, per prendere i figli per le festività. Aveva affittato una casetta apposta a Santa Marinella, litorale laziale. Il 2 gennaio 1994 Stefania sente per l’ultima volta Armandino, Laura e Lucina, che sono dai suoceri ad Acilia. Con Tullio, invece, parla spesso per telefono nei giorni a seguire e ogni volta è una catena di offese e minacce. In una di quelle chiamate promette alla moglie che non avrebbe mai più rivisto i bambini se non fosse tornata con lui.
Stefania è preoccupata: Laura soffre di epilessia e Armando deve fare cure inalatorie per curare l’asma bronchiale. Quella paura è un presagio. Quell’allontanamento dai piccoli, fisiologico per molti ex, diventa molto di più. L’11 gennaio 1994 il Tribunale dei Minori di Roma affida i figli alla Adami e il marito le dà appuntamento a Santa Marinella, per riconsegnare i figli. I carabinieri si sostituiscono a Stefania ma non trovano nessuno ad attenderli. Si scoprirà più tardi che la notte tra il 4 e il 5 gennaio, Brigida aveva avuto un incidente stradale, a Santa Marinella e si era recato al pronto soccorso dell’ospedale di Civitavecchia, per essere medicato. Il 9 gennaio seguente, invece, viene ricoverato presso il San Camillo di Roma, per una ferita d’arma da fuoco alla gamba.
Inizia la sua lucida follia. Il 23 febbraio va a Casperia, in provincia di Rieti, e piazza un ordigno esplosivo nella casa dei suoceri. La rudimentale bomba, però, viene scoperta prima che esploda. Un mese dopo il trentottenne viene arrestato. Ma dei bimbi non c’è alcuna traccia. Dal carcere dove è rinchiuso per tentata strage inizia il suo macabro «gioco». Mentre gli inquirenti incalzano, lui inventa mille versioni, indica ben undici strade che avrebbero dovuto portare ai figli. Dice di aver incaricato una fantomatica amica, Rosaria Greco, di portarli in Australia. Ma di lei e dei piccoli in quel continente nessuna traccia. Poi parla di Francia, addirittura tira in ballo la ’ndrangheta raccontando che potrebbe averli rapiti per fargli un dispetto.
Sul fantomatico sequestro ben presto si allunga l’ombra del delitto. Il 12 luglio 1994 durante la trasmissione televisiva Chi l’ha visto? Vincenzo Bilotta, amico di Tullio Brigida, dice che gli ha confessato di aver ucciso i figli con una pistola e di averne nascosto i corpi. Dal carcere come un burattinaio Brigida si diverte e muove i fili. Indica false piste ai dirigenti della squadra mobile e con le pale si arriva a scavare perfino ad Aquasparta, in provincia di Terni. Una tortura infinita per Stefania, seguita da un esercito di giornalisti e cameramen, in un clima di attesa crescente di un’Italia che sta alla finestra, ma vuol sapere.
Quando ormai non la verità sembra sempre più lontana, il padre assassino indica un terreno a Poggio del Cerqueto raccontando che i tre giacciono lì sotto. Una zolla dopo l’altra si scava, sotto gli occhi lucidi di Stefania. Affiora una scarpina, è della piccola Luciana. L’urlo, quell’urlo, negli anni io non l’ho mai dimenticato. Le speranze di una mamma muoiono nello stesso istante in cui i tre corpi dei figli vengono estratti dalla terra e adagiati uno accanto all’altro in superficie.
Il padre resta gelido mentre assiste a tutta la scena. «L’ho fatto per punirvi», dirà poi in una delle tante udienze in Tribunale, riferendosi alla moglie e ai suoi parenti. Si scoprirà che Brigida li aveva uccisi già il 4 gennaio. Durante il processo proverà a raccontare ancora bugie, spiegando di averli trovati senza vita nella villetta di Santa Marinella al rientro a casa dal ricovero nell’ospedale di Civitavecchia e di averli seppelliti per paura il giorno dopo. Ma quella «stufa malfunzionante» che li avrebbe uccisi, a detta del carnefice, non c’entra.
Tre medici legali, chiamati ad analizzare i resti dei bambini, accerteranno che l morte è sopraggiunta per aver respirato esalazioni di monossido di carbonio. Si arriva alla verità: Brigida ha ucciso Armandino, Laura e Luciana mentre dormivano sui sedili della sua auto, collegando l’abitacolo allo scarico del motore. Non c’è alcuna consolazione per il cuore di una madre che vede tre figli strappati alla vita dal marito. Ma l’unico sollievo è che oggi Brigida è all’ergastolo. L’escamotage dell’infermità mentale su cui ha puntato non ha convinto nessuno e il Tribunale non gli ha concesso alcuna attenuante.