Il Messaggero, 27 luglio 2019
Gli inquirenti penetrano il mistero dello schermo di Savoini
Prima pagina
ROMA Un telefonino schermato. È stato necessario qualche giorno in più del previsto per i tecnici della procura di Milano, incaricati di eseguire la copia forense del cellulare di Gianluca Savoini. L’ex portavoce di Salvini, presidente dell’associazione Lombardia-Russia, accusato di corruzione internazionale per una presunta tangente su una fornitura di petrolio da Mosca che avrebbe dovuto finanziare la campagna elettorale del Carroccio e accreditato dal ministero dell’Interno nelle delegazioni ufficiali del Governo, aveva protetto i dati contenuti nel suo telefono con sistemi di criptazione che hanno ostacolato l’attività degli inquirenti. Problemi che sarebbero stati risolti solo nelle ultime ore.
I militari della Guardia di Finanza però avevano già in mano i tabulati, che danno conto dei contatti telefonici e di sms di Savoini, tra i quali ci sono anche quelli con Matteo Salvini. Adesso l’ultimo elemento consentirà ai pm milanesi di ricostruire il prima e il dopo meeting del Metropol, dove Savoini e gli altri indagati dell’inchiesta, l’avvocato d’affari Gianluca Meranda e l’ex consulente bancario Francesco Vannucci, trattavano con i burocrati russi sulla fornitura di petrolio. Un passo avanti per accertare a che punto fosse la l’accordo al quale prendeva parte l’uomo che gli inquirenti considerano «della Lega». Anche Vannucci e Marenda, intanto, hanno fatto ricorso al Tribunale del Riesame per annullare i sequestri avvenuti la scorsa settimana.
Sullo sfondo cresce la tensione tra Lega e Movimento Cinquestelle sulla commissione che dovrebbe indagare proprio sui finanziamenti ai partiti. Il ministro dell’interno Matteo Salvini, intanto, il leader del Carroccio Matteo Salvini ha ribadito di avere «massima fiducia sia in Gianluca sia nella magistratura»
LA COMMISSIONEMentre la questione dei fondi russi continua a crescere, va avanti il braccio di ferro tra Movimento Cinquestelle e Lega sulla legge che dovrà istituire la commissione d’inchiesta sui finanziamenti ai partiti, fortemente voluta dai Grillini. A muovere sospetti è il M5S, dopo la richiesta del Carroccio di far partire il lavoro della commissione – e dunque di accendere i riflettori sui finanziamenti ricevuti dai partiti- a partire dalla scorsa legislatura. O dagli ultimi tre anni, come sottolineano fonti leghiste. In ogni caso il M5S vuole che l’organismo prenda in considerazione un arco temporale ben più lungo, ovvero che avvii i suoi poteri ispettivi a partire dalla seconda Repubblica. Limitare il lavoro dalla scorsa legislatura in poi – fanno notare fonti grilline ed è proprio qui che di annida il sospetto – non consentirebbe di far luce sui presunti fondi indebitamente presi dalla Lega, i noti 49 milioni di euro: fatti risalenti tra il 2008 e il 2010. L’intesa non è stata raggiunta neanche su questa seconda ipotesi del Carroccio. «Non abbiamo nulla da temere», sottolinea via Bellerio.
Val.Err.