La Stampa, 27 luglio 2019
Una mostra dedicata al didietro
Sesso
Leonardo Martinelli
Stufo di vedere foto delle sfilate scattate soltanto di fronte, Alexandre Samson ha detto basta. «Perché ormai facciamo solo selfies – si chiede -, non abbiamo più una schiena?».
Responsabile delle creazioni contemporanee per il Palais Galliera, museo della moda parigino, ha deciso di riscoprire il lato «B».
«Da una quindicina d’anni – osserva – è cambiato il modo di concepire un abito. Prima lo si faceva in tre dimensioni. Ma oggi solo per quella che sarà l’immagine diffusa sui social network. La parte posteriore di un vestito è meno considerata». La mostra Back side/Dos à la mode è un tentativo di recuperarla, con un centinaio di modelli e le mitiche foto in bianco e nero di Jeanloup Sieff: tra gli Anni Sessanta e Novanta realizzò così tante istantanee da dietro, erotiche e misteriose.
Tridimensionale
Alludendo al recupero della tridimensionalità, Samson ha scelto come scenario dell’esposizione (aperta fino al 17 novembre) il museo Bourdelle, che fu l’atelier dello scultore Antoine Bourdelle (1861-1929): le sue statue scenografiche e dai muscoli in rilievo «dialogano» con abiti particolarmente scolpiti e dalle aggiunte più originali, tra strascichi e ali di tessuto.
La parte più interessante della mostra, comunque, è quella relativa alla schiena nuda. «La prima che osò fu l’americana Rita de Acosta Lydig, sorella di Mercedes de Acosta, che fu una delle amanti di Greta Garbo – racconta Samson -. Figura della mondanità di New York, Rita veniva a farsi i vestiti a Parigi. E, orgogliosa della sua schiena, chiese di abbassare il décolleté sulla parte posteriore. Agli intervalli al Metropolitan Opera, si metteva di sbieco, mostrandosi alla platea e facendo scandalo. Nel 1910, quando mise in scena lì la sua Fanciulla del West, Giacomo Puccini si piazzò dietro la donna, nel suo palchetto, per osservare al tempo stesso la schiena di Rita e lo spettacolo».
Anni Venti
È negli Anni Venti, però, che quello strumento della liberazione della donna s’impose davvero. E soprattutto nei Trenta, che rappresentarono nella moda il ritorno al rigore e all’ordine. «La donna doveva essere giudiziosa davanti – continua Samson – ma dietro poteva fare quello che voleva».
Negli Anni 40, con la guerra, la vita mondana si fermò a Parigi e altrove: niente più schiene nude. E negli Anni 50 il ritorno al corsetto rappresentò un ostacolo fisico a far scendere il décolleté. Si ritornò a scoprire la schiena negli Anni Sessanta e nel decennio successivo, che segnò il revival del glamour. Nel 1972 per il film Alto, biondo e… con una scarpa nera di Yves Robert, l’attrice Mireille Darc andò da Guy Laroche perché disegnasse un vestito per farsi notare (senza ombra di dubbio).
Il suo abito lungo, nero e avvolgente davanti, ma con un décolleté vertiginoso dietro, non poteva mancare nell’esposizione. La schiena nuda continuò a imperversare «Negli Anni Ottanta, caratterizzati da una vera follia creativa.
Nei ‘90, quelli del minimalismo, lavorarono sul tema stilisti come Martin Margiela, Ann Demeulemeester ed Helmut Lang, in modo sottile e intellettuale. Oggi la schiena nuda si vede molto meno. O quando c’è, resta in un certo senso invisibile, vedi i cashmere con il décolleté dietro, della primavera-estate 2019 di Prada. Su Internet quell’elemento non si vede: solo nelle boutique».
Protuberanze e affini
Tra le altre «chicche» dell’esposizione, due abiti in tessuto vichy, uno rosa e l’altro blu, disegnati da Rei Kawakubo per Comme des Garçons, primavera-estate 1997, «una delle maggiori collezioni della moda contemporanea – ricorda Samson -. Lei s’interrogò sul corpo femminile, perfino sulle sue possibili deformazioni. E piazzò dietro a questi vestiti delle imbottiture e altre protuberanze, che si possono togliere».
Poetica è poi la serie sulle ali, tra quelle di piume di un abito di Thierry Mugler del 1984 alle altre stondate e sfuggenti di un abito che Charles James concepì nel 1937, durante il suo breve periodo parigino (ma che potrebbe essere pure un vestito d’oggi: è talmente attuale). Sì, la schiena al centro della creatività. Ritorneranno quei bei tempi? —