La Stampa, 27 luglio 2019
Il Pil Usa scende meno del previsto
America
L’economia americana frena, ma non quanto temevano i più pessimisti. Ora le incognite sono due. La prima, più immediata, è l’effetto che ciò avrà sulle decisioni della Federal Reserve riguardo al costo del denaro, durante la riunione di martedì e mercoledì prossimo, e nel resto dell’anno. La seconda è l’impatto del rallentamento sulla campagna per le presidenziali del 2020, se nei prossimi mesi verrà confermato, oppure si dimostrerà un problema limitato e passeggero.
Secondo i dati pubblicati ieri dal dipartimento al Commercio, nel secondo trimestre dell’anno il prodotto interno lordo degli Usa è cresciuto del 2,1%, cioè quasi un terzo in meno rispetto al 3,1% registrato nel primo quarto. Ciò è dipeso principalmente da una riduzione delle esportazioni del 5,2% e un aumento delle importazioni. La notizia positiva sta nelle spese dei consumatori, che rappresentano due terzi dell’economia americana, e sono salite del 4,3% soprattutto grazie ai tagli delle tasse. Anche l’aumento delle spese dello stato del 5%, dopo la pausa seguita allo «shutdown» di inizio anno, ha contribuito a favorire la ripresa.
La notizia negativa sta invece nella riduzione degli investimenti delle imprese dal +4,4% al -0,6%, frutto dell’incertezza provocata dalla guerra dei dazi con la Cina e dal rallentamento dell’economia globale. L’inflazione ha accelerato al 2,3%. La crescita del 2018 è stata rivista al ribasso, calando al 2,5%.
Il commento via Twitter di Donald Trump chiarisce che non è entusiasta, e mentre da una parte cerca capri espiatori, dall’altra punta a sollecitare nuovi stimoli: «Non male, considerando che abbiamo il peso molto forte dell’ancora della Federal Reserve legata al collo. Quasi niente inflazione. Gli Usa sono pronti a scattare». Il presidente aveva promesso una crescita molto più rapida di quella avvenuta durante l’amministrazione Obama, stimolandola con i tagli alle tasse e la riduzione delle regole, e ciò sarebbe un risultato fondamentale per favorire la sua rielezione l’anno prossimo.
Se invece nei prossimi mesi il Pil continuasse a rallentare, calando sotto la soglia del 2%, verrebbe a mancare questo argomento chiave che finora ha spinto molti americani a chiudere un occhio su altri aspetti non condivisi di Trump. Il capo della Casa Bianca ha quindi assolutamente bisogno di scongiurare la frenata, e per questo da mesi preme sulla Fed affinché riduca il costo del denaro. Il primo taglio dall’attuale 2,5% dovrebbe arrivare la settimana prossima, alla fine del vertice in programma martedì e mercoledì, ma non è chiaro come la banca centrale abbia intenzione di comportarsi nel resto dell’anno pre-elettorale. Gli analisti prevedono che se le spese dei consumatori continueranno e la guerra dei dazi si risolverà attraverso un accordo con la Cina, la crescita riprenderà forza. Se invece le incertezze prevarranno, e il calo degli investimenti da parte delle aziende avrà un impatto negativo su occupazione e consumi, la frenata potrebbe prolungarsi e diventare più grave. Trump mette avanti le mani, scaricando in anticipo ogni colpa sulla Fed. —