La Stampa, 27 luglio 2019
Il no alla Gronda salva Toninelli
Prima pagina
Va bene la Tav, ma la Gronda proprio no! Anche se rimpicciolita, una trincea i 5 Stelle se la devono pur dare nella loro ritirata sulle grandi opere. E lo fanno contro un’infrastruttura che minaccia di diventare il prossimo terreno di scontro con la Lega. Una seconda linea di difesa attestata in Liguria, a Genova, nella città di Beppe Grillo, dove il ministro dei Trasporti Danilo Toninelli ha fissato la sua estrema resistenza. Conïtro le bordate quotidiane di Matteo Salvini ma anche contro il fuoco amico dei grillini che instancabilmente continuano a chiedere a Luigi Di Maio di mandarlo via.
Il capo politico, però, fa leva su una ragione particolare quando spiega di non poterlo toccare. E l’ha confessata ai più stretti collaboratori: «A Beppe va bene per come si sta comportando sulla Gronda, come faccio a chiedergli un passo indietro?». Il leader ieri gli ha ribadito la sua fiducia ed è costretto a farlo, a parte per la necessità di difendere d’ufficio un proprio uomo quando è sotto attacco della Lega, anche perché in questo momento a Di Maio Toninelli serve contro Autiostrade per l’Itala. Dopo la debacle sulla Tav, gli copre il lato dei movimentisti più ostili. Ieri alle 19.30, è partita la lettera che dà il via libera all’Alta velocità, siglata da un dirigente del Mit dopo aver sentito la segreteria del presidente del Consiglio. Grazie a questo espediente il ministro ha potuto non apporre la sua firma ma non si è dimesso. Toninelli tra molti attivisti passa per essere un irriducibile, un martire «del sistema» perché si è battuto contro la Tav e perché continua sostenere la revoca della concessione ad Autostrade. E così nella città del Ponte Morandi, a poco più di due settimane dal primo anniversario della tragedia, il destino del ministro si intreccia all’eterna contesa sulla Gronda. È la famosa bretella autostradale che da venti anni aspetta di essere costruita. Il progetto che accorcerebbe di gran lunga i tempi di percorrenza verso Milano prevede un lungo tunnel dentro la montagna. In questo modo si riuscirebbe a separare il traffico pesante da quello normale sul nodo di Genova. Il piano di costruzione è firmato proprio da Autostrade e i cantieri sono fermi da un anno, dai giorni del crollo del ponte, congelati per rispetto verso le vittime. Una scelta che sul momento ha trovato d’accordo anche i leghisti, gli stessi che un anno dopo tornano alla carica, chiedendo di far ripartire i lavori. Ieri Salvini l’ha citata esplicitamente nell’abituale stoccata a Toninelli: «Il ministro dei blocchi – lo chiama così – Può fare di meglio. Continua a dire che la Tav non serve. Non so se ha cambiato idea anche sulla Gronda, visto che ci stiamo avvicinando all’anniversario di agosto».
La Lega chiede l’intervento del presidente del Consiglio, nella speranza che Giuseppe Conte possa sbloccare anche quest’opera come ha fatto sulla Tav. Sono convinti che il premier sia favorevole e attendono l’incontro che dovrebbe avere a breve con Toninelli. Il ministro, nel frattempo, ha contro-proposto un progetto di “mini-Gronda” che non trova d’accordo il Carroccio. Glielo ha fornito la capogruppo del M5S in Regione, Alice Salvatore, e piace a Grillo. Secondo l’ex viceministro Edoardo Rixi avrebbe però un impatto sull’area urbana molto più invasivo. Il leghista inoltre chiede che venga svelato il risultato dell’analisi costi-benefici che Toninelli terrebbe ancora nel cassetto, dato che «è in corso di avanzamento il procedimento amministrativo che – ha spiegato il ministro – potrebbe portare alla revoca della concessione ad Autostrade». Per il Carroccio, invece, si tace sull’esito perché confermerebbe la validità del piano sulla Gronda.
Toninelli per il momento resiste. E così sarà finché Di Maio potrà o vorrà. La copertura di Grillo è uno sponsor che – ancora – agli occhi del leader vale più di tutte le lamentele raccolte nelle ultime ore anche nel M5S. Persino tra i fedelissimi. Ormai con Max Bugani è guerra aperta. Il capogruppo del M5S a Bologna lavora con il vicepremier a Chigi ed è furibondo per l’ok del Mit al passante della città emiliana, opera contro il quale si è battuto per anni. Bugani accusa Toninelli di averlo estromesso dai tavoli e di aver sposato «il progetto del Pd». Ma non è il solo grillino scontento del ministro. Nello sfogatoio generale sono finiti anche Giancarlo Cancelleri dalla Sicilia e i veneti guidati da Jacopo Berti che vogliono capire cosa abbia in mente per esempio sull’accesso delle grandi navi a Venezia.