la Repubblica, 27 luglio 2019
I lupi non sono più quelli di un tempo
Natura Animali
I lupi non sono più gli stessi. Oggi non somigliano a quelli che abitavano i boschi dell’antichità, e non sono neppure più i lupi del Medioevo e della prima età moderna. Non che abbiano cambiato aspetto fisico, anche se a leggere le antiche cronache, ad esempio quelle della Bestia del Gévaudan, terrore di intere popolazioni francesi, c’è da credere che fossero diversi: più grandi e più aggressivi. Ma probabilmente non è così. Oggi in Italia del Canis Lupis, mammifero onnivoro della famiglia dei Canidi, i cui antenati sono apparsi 40 milioni di anni fa, ne esistono poco più di duemila esemplari: cinquecento nelle Alpi, il resto lungo i crinali dell’Appennino. Il fatto è che uomini e lupi non sono mai stati amici, scrive Riccardo Rao, salvo nel caso di qualche sant’uomo come Francesco d’Assisi. Nemici acerrimi poi lo sono diventati quando l’uomo è intervenuto in modo drastico sull’ambiente, riducendo gli spazi incolti, disboscando e sbilanciando l’equilibrio ecologico. Allora i lupi sono diventati davvero cattivi, come raccontano le fiabe, le storie passate di bocca in bocca e le leggende più o meno sacre. La nostra paura dei lupi non è così remota come comunemente si crede, ma si è amplificata a causa di ben precisi processi culturali all’inizio del Medioevo. La paura, ha spiegato Jean Delumeau ( La paura in Occidente, il Saggiatore), è il prodotto di azioni ideologiche e culturali. Per capirlo torniamo all’inizio di questa storia, prima che appaia il lupo cattivo così come lo conosciamo da vari secoli. Nei disegni e nei graffiti delle grotte dei nostri progenitori del Paleolitico superiore, i lupi sono figure di secondo piano. Virgilio nell’Eneide fa allattare Romolo e Remo dalla mitica lupa, una storia di salvazione simile a quella di Mosè. Ma al di là dell’animale mandato dal dio Marte a nutrire con proprio latte il fondatore di Roma, e il suo sfortunato fratello, bisogna ricordare che nella simbologia animale romana il lupo è già un animale negativo: ladro, vorace, malevolo. La lupa è volta alla lussuria; la parola in latino significa “prostituta”, da cui “lupanare”. Ora, i primi a disboscare e a creare campi coltivati sono proprio i romani antichi. Quindi i lupi, bestie non certamente amiche, cominciano a perdere il loro territorio di caccia e a rivolgersi alle greggi e alle mandrie, e a non disdegnare gli umani come cibo. Il colpo decisivo lo dà il cristianesimo. Prima in Isaia poi nel Vangelo di Matteo si trovano riferimenti precisi: il popolo di Dio è un gregge e il lupo lo minaccia. Anche se il Messia atteso, è detto nel libro del profeta Isaia, farà pascolare insieme lupi e agnelli, nei Padri della Chiesa questo animale diventa ferocissimo. Il suo territorio di caccia si è ristretto. Comincia così l’iconografia del lupo terribile. Rabano Mauro in epoca carolingia lo presenta come la bestia più terribile del Creato. Non è più quindi il lupo dell’età greca, attributo degli dei o protettore degli uomini, come nella mitologia nordica. Non è neppure il lupo della Bibbia, minaccioso, ma anche disincarnato. Ora la Bestia appare, uccide e terrorizza. Tra la fine del Medioevo e l’inizio dell’età moderna il lupo è uno degli animali dominanti del bestiario demoniaco maneggiato dagli inquisitori. Cos’è successo? Si è trasformato. Vale la tesi di Delumeau: è il contesto socio-ambientale in cui vive l’animale a modificare la visione degli uomini. Storia ecologica del lupo e storia culturale si mescolano, e si intrecciano con la storia sociale. Il lupo non è solo un fatto di Natura, ma il prodotto di varie interrelazioni. Grazie alla cristianizzazione dell’Occidente il lupo è stato demonizzato. Man mano che cadono gli alberi di querce e di castagne, il lupo si trasferisce dai boschi perduti all’immaginazione delle storie popolari, diviene un abitante consueto della paura collettiva. Si tratta però di una paura altalenante nel corso dei secoli. Nata nell’Alto Medioevo, cala nel XII e XIII secolo, per poi rinascere nell’età moderna ogni volta che guerre, epidemie, crisi economiche e demografiche, s’affacciano in Europa. Sono le dicerie e le leggende a diffondere l’annuncio della sua presenza. Tra il 1765 e il 1767 nel Gévaudan, in Francia, appare un lupo gigantesco, che fa strage di bambini e donne, fino a diventare un affare di stato con Luigi XV che manda nella regione il suo “Gran portatore di archibugio”. Nell’Ottocento, memori di quella storia, torneranno ad apparire lupi mastodontici nella Francia, che attaccano neonati e ne bevono il sangue. Nonostante Mowgli del Libro della giungla, e i vari personaggi dei cartoni animati più amabili, come ad esempio il tenero Lupo Alberto, non smette di suscitare terrore. Per quanto il lupo non sia né buono né cattivo, come ricorda Rao, e abbia imparato a non temere più gli uomini, nonostante il suo istinto, se ha fame cerca cibo. L’unica regola buona con lui, visto che negli ultimi quattro secoli lo abbiamo quasi sterminato dandogli una spietata caccia, è di non affamarlo. Ci starà lontano e noi pure.