la Repubblica, 27 luglio 2019
Eni meno utili
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Soldi
MILANO – Non c’erano le premesse per una semestrale positiva. E così è stato, almeno in parte: complice soprattutto il crollo del prezzo del gas sui mercati delle materie prime, Eni ha chiuso il periodo che va dall’inizio dell’anno al 30 giugno, con un risultato in calo del 31%. Si tratta pur sempre di utili per 1,51 miliardi, ma non c’è dubbio che il rallentamento del secondo trimestre (utili a 424 milioni, contro 1,25 miliardi dello stesso periodo di un anno fa) ha comportato quello che la nota ufficiale della società ha definito «uno scenario meno favorevole rispetto al semestre precedente». La società controllata da Cdp e dal Tesoro si può consolare con il fatto che – nonostante la diminuzione degli utili – ha continuano a produrre cassa, oltre a poter vantare ricavi in crescita del 3% a 37 miliardi. Come ha messo in evidenza il suo amministratore delegato Claudio Descalzi nel commentare i dati: «L’incremento della cassa è stato del 20 per cento, e in questo modo compriamo già gli investimenti, la remunerazione agli azionisti e anche il buy back». Ma se il prezzo del gas è sceso, come ha fatto Eni a produrre più cassa? La risposta sta nei risultati della parte industriale, il cui cuore è sempre l’attività di “esplorazione e produzione” di idrocarburi. In pratica, Eni continua a trovare nuovi giacimenti di gas e petrolio (350 milioni di barili di olio equivalenti nel semestre), riesce a contenere i costi di estrazione e può anticipare il momento in cui i pozzi cominciano a lavorare. De Scalzi lo spiega così: «Il nostro nodello operativo è concepito per portare in produzione le riserve nel più breve tempo possibile. L’ultimo caso in Messico, dove l’avvio della produzione è avventuto a meno di un anno dall’approvazione del piano di sviluppo». Ma i risultati positivi sono anche figli del “dual exploration model": in pratica, da qualche anno a questa parte, Eni cede una quota dei propri giacimenti non appena entrano in produzione i primi pozzi per finanziare la parte rimanente. Con due vantaggi evidenti: il primo finanziario, perché riduce i costi di investimento, il secondo di carattere geopolitico. La cessione ad altri operatori leader nei paesi di riferimento, consente a Eni di entrare in mercati dove non era mai stata presente. È quanto accaduto con Qatar Petroleum: solo nel primo semestre sono stati firmati accordi per la cessione del 14% di due blocchi esplorativi in Kenia, del 30% di un blocco in Marocco e del 25% di un blocco in Mozambico. In cambio, Eni ha avviato una serie di operazioni in Qatar e in tutta l’area del Golfo.