la Repubblica, 27 luglio 2019
I numeri di Rousseau contestano Di Maio
Prima pagina
Il “salto nel futuro” annunciato da Luigi Di Maio si è già trasformato in una picchiata. Quella del numero dei votanti sulla piattaforma Rousseau, che ieri ha segnato un record negativo, almeno nella storia delle consultazioni più importanti: solo 25 mila iscritti hanno preso parte al referendum sulla riorganizzazione del movimento. Malgrado il tentativo dello staff di camuffare l’esito sommando le preferenze date dagli stessi attivisti ai singoli quesiti (che ha portato il Blog delle stelle a parlare di “grande partecipazione"), il dato dell’affluenza telematica è modesto e ha fatto scattare l’allarme ai vertici di 5 Stelle. È impossibile reperire sul sito la cifra complessiva degli iscritti a Rousseau ma lo stesso Di Maio, qualche giorno fa, l’ha stimata in 100 mila: ciò significa che la consultazione che si è chiusa ieri – peraltro per la prima volta svolta in due giornate – ha visto protagonista solo un elettore su 4. Cinque mesi fa, al quesito sul caso Diciotti, i clic erano stati più del doppio. E decisamente più alta, nel maggio del 2018, era stata anche la partecipazione alla consultazione sull’accordo di governo con la Lega: quasi 45 mila iscritti. I risultati di ieri, alla fine, premiano le proposte del capo politico ma è indicativo il fatto che i quesiti più discussi, quelli che nei fatti aboliscono il tetto dei due mandati per i consiglieri comunali, sono passati con percentuali tutt’altro che bulgare, dal 60 al 68 per cento. Tenendo sempre conto della platea degli iscritti a Rousseau, la controversa riforma di Di Maio – criticata ieri anche da Virginia Raggi (Ci ho messo un po’ a capirlo...) – va avanti con il consenso di un elettore su sei. Più netta la vittoria del “sì” nei quesiti sulla riorganizzazione del movimento sul piano nazionale e regionale, con l’avvento dei “facilitatori” che dovrebbero coordinare l’attività sul territorio, e soprattutto sull’apertura all’alleanza con liste civiche, che abbatte un altro baluardo grillino: la non “contaminazione” con le altre forze politiche. Non è casuale che, in casa M5S, in pochi ieri abbiamo avuto voglia di commentare l’ultimo referendum interno. In realtà, come raccontano fonti del Movimento, si è fatto sentire e in modo forte il malumore della base che ha visto nel “mandato zero” un tradimento dei principi originari ma anche un oggettivo stop alla possibilità di ricambio degli eletti nei consigli comunali. Ma quel che viene fuori, dall’ultima magra performance di Rousseau, è un segnale preoccupante per Di Maio, leader che solo due mesi fa era stato benedetto dal Blog amico ma che ora si trova schiacciato dalla trappola del “contratto” con Salvini (che ha contribuito a portare M5S al 17 per cento negli ultimi sondaggi) e dalla presenza incombente di altre figure: il premier Giuseppe Conte sempre più “autonomo” e in aumento di popolarità, il presidente della Camera Roberto Fico e il redivivo Alessandro Di Battista, che dopo il viaggio in Sudamerica non ha mancato di battibeccare con Di Maio e che nelle ultime ore, raccontano, è tornato a criticarlo per la gestione del caso- Tav. La corsa alla successione a “Giggino”, nel momento più difficile per il movimento, è di fatto cominciata. Conte, come filtra da ambienti a lui vicini, non ha alcuna intenzione di ricoprire un ruolo politico ma punta a una riconferma a Palazzo Chigi. Diverso il discorso per Fico e Di Battista, i nomi più accreditati per un dopo- Di Maio che, in ogni caso, segnerà anche il superamento dell’attuale linea politica e dell’alleanza con la Lega. All’orizzonte una nuova fase, per i 5S, che dovrà tenere conto delle aperture che arrivano dal Pd, soprattutto nella prospettiva di elezioni anticipate. Basti pensare alle parole del sindaco di Milano Giuseppe Sala, che ieri a Repubblica ha escluso collaborazioni con i 5 Stelle ma «con la guida politica attuale», ha precisato. E se Dario Franceschini, nei giorni scorsi, aveva rimarcato le differenze fra M5S e Lega, un suo fedelissimo come il deputato Alberto Losacco ha poi detto no a «muri insormontabili» tra Pd e grillini, sottolineando di «guardare con attenzione a personalità quali Conte e Fico». Ora, Fico è più vicino a Grillo e Di Battista a Davide Casaleggio, il primo piace maggiormente alla sinistra e il secondo ha un seguito più consistente nel movimento. Senza dimenticare una figura amata come Chiara Appendino, che le regole del “mandato zero” escludono in quanto sindaca da una ricandidatura a Torino ma che lo stesso Di Maio ha difeso nei giorni scorsi. Tutti si stagliano ora come ombre inquietanti sul cammino del capo politico. Ormai contestato anche dai numeri di Rousseau.