la Repubblica, 27 luglio 2019
Savoini incontrò i russi prima che a Mosca all’Hotel de Russie a Roma
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ROMA – Prima del Metropol di Mosca, il De Russie a Roma. L’ affaire del petrolio russo, che ha travolto il leghista Gianluca Savoini e il cui riverbero rischia di compromettere il vicepremier e ministro dell’Interno Matteo Salvini, si può raccontare attraverso i lussuosi hotel che ne hanno visto la nascita e il tentativo di esecuzione. Ci fu infatti un incontro preparatorio e riservato, in una saletta del famoso albergo di via del Babuino, a due passi da Piazza del Popolo. C’erano i tre italiani che voleranno a Mosca una ventina di giorni più tardi. E c’era, ancora una volta, Aleksandr Dugin, il filosofo sovranista. L’uomo che, nella faccenda al centro dell’inchiesta per corruzione internazionale della procura di Milano, assume ora un ruolo non più marginale. Colazione col bolscevico Torniamo al 25 settembre scorso, dunque. Una tiepida mattina di inizio autunno. La corte interna del De Russie, la scalinata in marmo, i tavolini con gli ombrelloni color panna, i camerieri in livrea. Una giornata qualunque. O forse no. Dugin, ex leader del Fronte nazionale bolscevico e del Partito Eurasia (entrambi disciolti), è atterrato a Roma il giorno prima. Lo accompagna l’amico e presidente dell’Associazione Lombardia-Russia Gianluca Savoini. Una foto li ritrae il 24 settembre mentre chiacchierano a un bar dell’aeroporto Sheremetyevo di Mosca, prima del volo per Fiumicino. Adesso invece si trovano in uno degli alberghi più famosi di Roma, divenuto De Russie da quando, un secolo e mezzo fa, la casa reale zarista lo elesse a suo soggiorno prediletto nella capitale. Della presenza a Roma di Dugin e Savoini dette conto l’ Espresso, nella prima inchiesta pubblicata a febbraio. Repubblica è in grado di svelare con chi avevano appuntamento. Intorno alle 11 si presentano l’avvocato d’affari Gianluca Meranda e il suo consulente finanziario, il toscano ex banchiere Mps Francesco Vannucci. Si compone il trio di italiani che il 18 ottobre si siederà al tavolo del Metropol, per trattare coi russi una proposta di acquisto di tre tonnellate di carburante da presentare a Rosneft e che (almeno nelle intenzioni dei commensali) si vorrebbe con uno sconto del 6,5 per cento sul prezzo di mercato. E con “commissioni soddisfacenti” per tutti, compresi quei “political guys” evocati da Meranda. Il piano Al De Russie Dugin, Savoini, Meranda e Vannucci si salutano in modo cordiale. Si spostano in una sala interna. Devono parlare di qualcosa di importante ed è bene che lo facciano lontano da orecchie indiscrete. Il tono della conversazione è amichevole. Visto quel che succederà di lì a una ventina di giorni, è assai probabile che la trasferta in Russia sia stato uno degli argomenti di conversazione, se non l’argomento principale. Dugin, infatti, nella due giorni a Mosca, spunta più volte attorno alla delegazione italiana. Lo vedono davanti all’ingresso del Metropol il 17 ottobre, a chiacchierare con Savoini e Vannucci. Peraltro, secondo alcune indiscrezioni, tra i tre russi al tavolo c’è un suo uomo, del movimento internazionale eurasiatista. Solo Meranda, Vannucci e Savoini, potranno confermare l’identità dei loro interlocutori, quando decideranno di rispondere alle domande dei pm di Milano. Nel frattempo, mentre problemi tecnici rendono complicato per gli investigatori l’esame del contenuto dei cellulari degli indagati, gli avvocati difensori di Meranda e Vannucci hanno seguito l’esempio del legale di Savoini, Lara Pellegrini, e hanno presentato ricorso al Tribunale del Riesame contro i sequestri di telefoni e documenti. Il cambio del cavallo Resta la domanda: perché Dugin? Cosa c’entra con questa storia l’ideologo sovranista che postula la nascita del «nuovo Impero Euroasiatico», collaboratore di Konstantin Malofeev, l’oligarca fedelissimo di Putin (finito nella black list dell’Unione Europea)? L’ Espresso a febbraio raccontò di un primo “abbocco” che Savoini ebbe con la russa Avangard oil & gas. «Ci fu una trattativa con tanto di offerta commerciale – scrivono i giornalisti Giovanni Tizian e Stefano Vergine – inviata a luglio del 2018 e ricevuta da Savoini. Per oggetto aveva la vendita di un quantitativo di gasolio». Quando Dugin si incontra al De Russie con gli italiani, l’Avangard è già uscita di scena. Non la voglia di petrolio di Savoini, però. Che l’ex portavoce di Matteo Salvini può rilanciare con una nuova proposta a un’altra compagnia di petrolio, sfruttando i contatti in patria dell’amico filosofo sovranista. All’aeroporto Sheremetyevo di Mosca Savoini e Dugin il 24 settembre allo scalo da cui partono assieme per Roma