Corriere della Sera, 27 luglio 2019
Chernobyl in tv
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Inevitabili
Sono ancora forti gli echi lasciati dalla miniserie di HBO Chernobyl, una riflessione tesa e amara sulla catastrofe nucleare che ha scosso l’Europa nel 1986. Per questo il documentario Ritorno a Chernobyl, disponibile on-demand sulla piattaforma DPlay Plus del gruppo Discovery, merita un’attenta visione.
Realizzato da un reporter polacco, esperto conoscitore delle zone più prossime alla centrale, è un viaggio esclusivo all’interno di quello che rimane, inteso come luoghi ma anche persone, sopravvissute a volte contro ogni previsione alle elevatissime radiazioni rilasciate dal disastro. Privo della poesia della fiction, il panorama che ci si trova di fronte è solo spettrale, con le rovine e i simboli dell’architettura sovietica a fare da monumento alla hybris umana, al disastro nucleare che da ormai più di trent’anni alimenta paure e fantasie collettive.
Prypiat era stata progettata secondo il principio utopico della «città ideale» e si è trasformata in una città fantasma, al centro della cosiddetta «Zona di esclusione» intorno al sito del disastro, contaminata per centinaia di anni a venire. L’impressione è quella di aggirarsi in una Pompei dei giorni nostri, lo stesso effetto di desolata stupefazione.
Più che al racconto dei concitati momenti dell’incidente, il documentario si dedica al dopo, alla problematica gestione delle scorie e dell’ambiente inquinato, osservando la costruzione e la messa in posizione dell’enorme «sarcofago» impiantato nel 2016 sopra quel che resta della centrale, a voler tumulare anche simbolicamente gli esiti di tragici errori.
Ritorno a Chernobyl utilizza molto repertorio originale d’archivio, tra foto e filmati che raccontano i primi soccorsi e interventi del 1986.