Corriere della Sera, 27 luglio 2019
Pochi votanti e pochi iscritti al M5s
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ROMA La paura c’era, ma alla fine gli iscritti di Rousseau danno il via libera alla riorganizzazione del Movimento lanciata da Luigi Di Maio con una serie di video nelle scorse settimane. Vittoria mutilata, perché i votanti sono pochissimi, una delle percentuali più basse nella storia di Rousseau, se non la più bassa, in proporzione agli aventi diritto al voto: 25 mila circa, meno della metà di quelli che incoronarono a capo Di Maio o di quelli che votarono per la Diciotti, per decidere cosa fare sull’autorizzazione a procedere contro Matteo Salvini. Per di più, a differenza del solito, non c’è stato affatto un plebiscito. Ma, comunque, un po’ di ossigeno in un momento certo non facile per i Cinque Stelle.
Le percentuali più alte, 85 per cento circa, riguardano i due quesiti sulla nuova organizzazione, con l’introduzione dei «facilitatori», che nella neolingua Cinque Stelle sono responsabili di settore a livello nazionale (ambiente, sicurezza, innovazione, etc) e referenti regionali. Fa molta più fatica invece il «mandato zero», che tante ironie aveva suscitato e che deroga, a livello comunale, una delle regole fondanti del Movimento. Escludendo dalla possibilità di ricandidarsi, però, i sindaci Chiara Appendino e Virginia Raggi (che quando ha letto del «mandato zero», dice, si è messa a ridere): passa con il 68 per cento dei voti. Contro questa deroga, che Beppe Grillo aveva detto che non si sarebbe fatta mai, si era espresso Nicola Morra. Qualche consenso in più invece arriva per l’alleanza con le liste civiche: gli iscritti danno il via con il 78 per cento dei voti.
Tra agosto e settembre, ci sarà un altro voto per scegliere i nomi dei «facilitatori», in vista di «Italia sotto le stelle» del 12-13 ottobre a Napoli. Resta insondabile il numero preciso degli iscritti e degli aventi diritto al voto. Per Di Maio attualmente sarebbero 100 mila. Decisamente strano, nel 2017 erano 150 mila. Se così fosse, ci sarebbe una grave emorragia di iscritti, mentre invece Davide Casaleggio puntava al milione. Ma il numero preciso non è dato saperlo.
A proposito di Tav, in extremis, dopo le 19.30, è partita la famosa lettera che dà il via libera all’opera. Come anticipato, l’atto è scritto da un dipartimento del Mit (Sviluppo territorio, programmazione e progetti internazionali), d’accordo con la segreteria di Palazzo Chigi. Toninelli si è ben guardato dal firmarlo. Un atto simbolico, perché comunque il ministro è lui e il governo ha detto sì. Forse già la prossima settimana ci sarà un altro atto simbolico, e inutile: i Cinque Stelle presenteranno una mozione, che non ha nessuna possibilità di passare, per fermare la Tav. Anche se miracolosamente passasse, poi servirebbe una legge per annullare il trattato. Con conseguenze imprevedibili. Intanto Toninelli è ben intenzionato a restare al suo posto al ministero, nonostante gli attacchi del vicepremier Matteo Salvini. E fa notare la difesa (un po’ d’ufficio) di Luigi Di Maio.