Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  luglio 26 Venerdì calendario

Il galateo in chiesa

Thomas Merton, mistico, monaco trappista, scrittore, descrive nel suo libro più famoso, un best seller negli anni Sessanta e Settanta, La montagna dalle sette balze, come lui, americano e non credente, viaggiando in Italia sia rimasto particolarmente colpito dalla sacralità delle chiese e delle funzioni religiose, tra incenso, canti e una liturgia accurata, tanto da iniziare un percorso interiore che lo porterà alla conversione alla fede cattolica. Se Merton tornasse oggi, e sopratutto in questa estate rovente, nelle chiese nostrane forse non farebbe la stessa scelta. Del resto, molte scene ambientate in edifici religiosi descritte in centinaia di romanzi, sembrano ormai appartenere al passato remoto. L’onda cafona che sommerge la nostra quotidianità si ingigantisce durante la canicola e sotto la forza d’urto del turismo low cost, di cui chiese, abbazie, basiliche, santuari pagano il prezzo forse più alto. Si entra con le ciabatte, si usa il cellulare durante ogni singolo momento delle celebrazioni religiose, si fanno i selfie davanti a statue e altari, si lascia che i bambini corrano felici, persino ci si siede per terra e si mangia e beve (scena a cui abbiamo personalmente assistito nella basilica di Sant’Antonio a Padova). Il fatto ha assunto proporzioni sempre maggiori e preoccupanti, tanto da spingere un parroco, Alessandro Fortunati, a scrivere un breve saggio, dal titolo esplicativo Sta’ composto. Piccolo galateo per cattolici praticanti (Edizioni Tau, pp.67, euro 6). L’autore spiega che oggi, anche in chiesa e nel momento culminante della celebrazione eucaristica, «molti si abbandonano agli atteggiamenti più strani, si accasciano nelle pose più comiche, si avviluppato nelle movenze più ridicole proprio mentre vivono il centro della fede cristiana: la Santa Messa».

GLI ALTRI RESPONSABILI
Colpevoli non solo fedeli, turisti o semplici curiosi, ma pure sacerdoti e vescovi, che “lasciano fare”, anche nella liturgia, con sciatteria e relativismo, tanto che «nei luoghi più sacri avviene di tutto e la creatività liturgica è ormai all’eccesso», spiega don Fortunati, che tenta di colpire i comportamenti peggiori, senza rinunciare all’ironia e al sorriso, ispirandosi al famoso ammonimento che ha “fulminato” intere generazioni a scuola, a casa, in viaggio e, ovviamente, in chiesa : sta’ composto! Ed ecco allora l’elenco delle varie follie che il galateo stigmatizza. A cominciare da come si entra vestiti in chiesa: in nome di «una presunta povertà e di fronte a scuse che esaltano la semplicità e l’informalità, si rischia di vedere di tutto, specialmente in estate, ciabatte da mare, pantaloni corti, canottiere... Sembra quasi che qualcuno non appena uscito dalla doccia si precipiti subito in chiesa». Al contrario, bisognerebbe vestirsi «come per un importante colloquio di lavoro» o per un incontro molto atteso. Avvertimento per chi partecipa ai matrimoni: «Nudità non è sinonimo di eleganza». Nelle chiese ortodosse non si entra se sbracciati o scollati, non importa se ci sono quaranta gradi, bisogna avvolgersi in palandrane pesanti e sudaticce. E questo vale anche per le moschee. Tra i comportamenti da cancellare, soprattutto se si partecipa alla messa, l’uso dei cellulari, che invece devono essere rigorosamente spenti; stare con gli occhiali da sole; entrare in chiesa correndo e chiacchierando e uscire in massa come se si stesse procedendo ad una evacuazione in caso di terremoto, senza neppure aspettare che il sacerdote dia la benedizione. Brutta abitudine, animata da un malinteso senso di umiltà e invece segno di scarso coraggio e poca considerazione, quella di non sedersi nei primi banchi, cosicché i fedeli risultano sparpagliati ovunque e stipati nel fondo.

RISPETTO PER I DEFUNTI
«La chiesa non è un scatola vuota», ricorda il parroco, e dunque sarebbe il caso di evitare, da parte dei sacerdoti, di farne una location per spettacoli, concerti (non di musica sacra), mostre, visite guidate, incontri vari. Altro capitolo “scottante”, quello di bambini. Non è che in chiesa non ci debbano stare, ma i genitori dovrebbero far capire loro che questo è un posto diverso dagli altri, un luogo in cui imparare a pregare, non una specie di parco dove giocare, far merenda, disegnare, scambiarsi le figurine...Ben poco appropriato, durante un funerale, applaudire «all’indirizzo della buonanima, come se avesse vinto il gran premio di Monza si fosse esibito in una gara canora». Durante le processioni – quelle che ancora si organizzano – il cattolico italiano medio sembra, evangelicamente parlando, «una pecora senza pastore», mentre chiacchiera amenamente, sempre con l’onnipresente cellulare in mano, fumando una sigaretta. Senza contare, anche se don Fortunati tace per misericordia, di chi fa fare al santo in processione anche l’“inchino” davanti alle case di boss e signorotti locali.