Libero, 26 luglio 2019
Un detenuto su due è meridionale
Per essere un record, lo è. Ma non c’è da andarne fieri se «il grado di civiltà di un Paese si misura osservando la condizioni delle sue carceri», per dirla con Voltaire. Le galere dello Stivale sono le più sovraffollate dell’Unione europea: a fine giugno, stipate come sardine nel caldo soffocante di una cella italiana, si contavano 60.522 persone. Che sono tante già solo così, ma diventano v troppe se si aggiunge che i posti disponibili censiti dal ministero della Giustizia sono 50.496, cioè circa diecimila in meno. Non ci si fa una bella figura, ecco. A lanciare l’allarme è l’associazione Antigone che da anni monitora quel che avviene dietro le sbarre tricolori: ieri, nella sua relazione “Numeri e criticità delle carceri italiane nell’estate 2019”, certifica l’incertificabile. Ossia che il tasso di sovraffollamento penitenziario, da noi, è mediamente del 119,8% ma che in alcune strutture come quelle di Como, Brescia, Larino (Campobasso) e Taranto arriva al 200%. Nel Vecchio Continente nessuno fa peggio. E chiariamo subito, sennò cadiamo in un equivoco grande quanto i dati snocciolati: non sono mica tutti “delinquenti” quelli che sono dentro. Nossignori. Lo sostiene chiaro e tondo anche il Consiglio d’Europa che, pochi mesi fa, ci ha tirato le orecchie (e non poco): il 34,5% dei nostri carcerati è ancora in attesa di una sentenza definitiva o addirittura di un primo grado di giudizio. Ogni giorno “sbattiamo al fresco” tre innocenti. «Tra l’altro i dati di Antigone, che fa un lavoro importantissimo, nel fotografare il sovraffollamento non tengono conto delle sezioni carcerarie che in molte strutture sono temporaneamente chiuse per ristrutturazione», commenta l’ex parlamentare Rita Bernardini che da sempre si occupa di questioni carcerarie con il Partito Radicale, «al momento sono inagibili 3.704 posti, mettendo anche questi nel computo si arriva alla cifra irragionevole di un sovraffollamento medio del 130%». Nello specifico: calano i detenuti stranieri, che sono il 33,42% del totale. La maggior parte di loro viene dal Marocco (il 18,7%), dalla Romania e dall’Albania (il 12,4%), dalla Tunisia (il 10,1%) e dalla Nigeria (l’8%). I carcerati extra-comunitari sono per lo più rinchiusi nelle case circondariali della Lombardia (che ne conta 3.723, un quinto del totale) e del Lazio (altri 2.515, un ottavo), però è nelle prigioni sarde di Is Arenas e di Nuoro che la loro percentuale supera nettamente quella degli italiani (l’80% nel primo caso e il 78% nel secondo). Per quanto riguarda i connazionali alle prese con guai giudiziari, invece, la metà di loro (all’unità, 26.655) proviene da appena quattro regioni: Campania, Puglia, Sicilia e Calabria. «Ho provato a incrociare i numeri di Antigone con quelli delle “schede trasparenti” che il Dap (il Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria, ndr) ci ha fornito qualche anno fa – continua Bernardini, – purtroppo quelle schede non sono più state aggiornate e ci sono interi campi, come quello del lavoro nelle carceri, che mancano di mappatura. Dai dati che abbiamo sappiamo però che solo il 22% dei carcerati ha una qualche mansione all’interno del carcere, spesso sottopagata perché sono stati ridotti i finanziamenti per le mercedi, e che appena il 3% di loro svolge un lavoro qualificante. Come ogni anno nel periodo di Ferragosto, dal 15 al 18 agosto prossimo, noi radicali andremo nelle carceri a vedere di persona le condizioni dei nostri reclusi. Estendiamo l’invito a tutti gli onorevoli e i senatori che vogliano davvero capire di cosa parliamo quando usiamo la parola “galera”».