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 2019  luglio 26 Venerdì calendario

L’esercito tedesco è in pessimo stato

Ursula von der Leyen ci ha lavorato per sei anni ma non ha completato l’opera. Confermata dal Parlamento europeo alla guida della prossima Commissione Ue, la politica tedesca ha lasciato il dicastero della Difesa che Angela Merkel le aveva affidato a dicembre del 2013. La cancelliera ha allora assegnato il compito di risollevare le forze armate tedesche a un’altra sua fedelissima: Annegrett Kramp-Karrenbauer, per gli amici Akk. 
Le sfide per la quasi 57enne ex governatrice della piccola Saarland sono molteplici. Ormai da anni la Bundeswehr è afflitta da carenze strutturali di portata tale da non fare (quasi) più notizia: dalle soffiate dei mezzi stampa sulla biancheria (canottiere e mutande) che irrita la pelle di soldati e soldate, al rapporto parlamentare secondo cui solo la metà delle navi, dei carri armati e dei velivoli possono essere utilizzati – l’altra metà è in attesa di riparazioni o troppo vecchia per tornare a funzionare. Un esempio? Nell’annunciare un miglioramento nella prontezza dei mezzi pesanti grazie a procedure di ispezione e di riparazione più snelle, a marzo 2019 l’ispettore generale della Bundeswehr (ossia il capo di stato maggiore) Eberhard Zorn ha ammesso che a causa di guasti o di manutenzione programmata non un singolo sottomarino tedesco è stato disponibile per cinque mesi di fila nel 2018. Anche la serie di guasti alle Regierungsmachine – la flotta aerea in dotazione al presidente federale e al governo – è tale che a fine giugno Merkel è volata al G20 di Osaka con due aerei nel timore che uno dei due si rompesse strada facendo. 
Sul fronte del personale le cose non vanno meglio: i posti vacanti sono migliaia e Von der Leyen ha annunciato mesi fa un aumento degli effettivi da 181mila a oltre 200mila. Così, per le strade della Germania è facile imbattersi in poster con cui si invitano i giovani a tentare la carriera militare. Le Forze armate tedesche hanno però il pubblicitario sbagliato: nel giro di pochi mesi la Bundeswehr ha fatto campagna-reclutamento nelle scuole superiori guadagnandosi la strigliata della maggioranza di governo, contraria al dialogo fra militari e minorenni. Poi ci hanno provato con finestre pop-up dei videogiochi della piattaforma Gamescom, suscitando la riprovazione di chi ha ritenuto immorale associare conflitti e sicurezza a un gioco per adolescenti. 
Lo scorso aprile la Bundeswehr ha usato cartelloni mobili su camion per rivolgersi ai lavoratori licenziati dalla Ford con il controverso slogan «Lavoro perso?»: sui poster, la parola «perso» (Fort) era scritta a imitazione del logo della Ford. Una campagna definita «fuori luogo e irrispettosa» dai dirigenti della casa automobilistica che aveva annunciato 5mila esuberi. La gaffe è arrivata anche a giugno con la campagna «gas, acqua, fuoco!» rivolta ai lavoratori specializzati «maschi, femmine e terzo sesso». C’è chi ha associato la parola «gas» a quello di cloro usato dai tedeschi nella prima guerra mondiale (battaglia di Ypres, 1915), e chi ha invece pensato al famigerato Zyklon B utilizzato nei campi di sterminio nazista. Insomma, disastri di immagine senza fine aggravati dalla recidiva. 
Gli slogan politicamente scorretti hanno poi dato frutti poco ortodossi: il Funke Mediengruppe ha appena rivelato che, nonostante la fame di personale, la Bundeswehr ha dovuto respingere 63 candidature di altrettanti giovani fra i quali si nascondevano 21 fra presunti neonazisti e Reichsbürger ossia cittadini che rimpiangono il Reich (il primo o il terzo non fa differenza) e non riconoscono l’autorità «fantoccio» della Repubblica federale alla quale non pagano le tasse. Dodici poi erano i sospetti radicali islamici, due gli estremisti di sinistra, due i radicali di destra del movimento identitario e alcune dozzine i criminali comuni. La circostanza che il Servizio di controspionaggio militare (Mad) abbia scrutinato a fondo 1.173 fra uomini e donne fra il luglio 2017 e giugno 2019 è stata tuttavia accolta con favore da un pubblico scosso dagli scandali sulle infiltrazioni dell’estrema destra nel cuore delle Forze armate. 
Appena installata al ministero della Difesa, Akk ha annunciato che entro il 2024 il governo stanzierà per il settore il 2% del Pil ossia la percentuale richiesta da Donald Trump a ogni stato membro della Nato. «Porrò la questione al governo nel mio ruolo di ministra e di leader di partito». L’uscita di Akk è molto piaciuta ai militari; molto meno ai partner di governo socialdemocratici (Spd). Alla neoministra ha replicato il segretario generale della Spd, Lars Klingbeil, che ha bocciato la proposta: nei mesi scorsi il governo ha già aumentato il budget della Difesa dall’1,2 all’1,5% del Pil nel 2024 e per la Spd il capitolo è chiuso. Kramp-Karrenbauer, che si scalda in panchina per assicurarsi la candidatura a cancelliera quando Merkel lascerà il potere entro la fine del 2021, non sembra però intimidita dagli altolà degli alleati. Non potendo obbligare il ministro delle Finanze socialdemocratico Olaf Scholz ad allargare i cordoni della borsa, Akk ha giocato la carta gratuita della simpatia fra i militari. Se Von der Leyen è passata alla storia come la ministra più critica con i generali, ritenuti colpevoli di avere chiuso un occhio sulle infiltrazioni dell’ultradestra, Akk ha cambiato registro esordendo nella sua prima intervista da ministra con un «noi non dubitiamo di ogni soldato». Ma fra la gara per i fucili G-36, saltata per il presunto malfunzionamento delle armi in condizioni climatiche estreme, i costi raddoppiati per la fornitura di 350 veicoli da combattimento Puma e la Marina che attende nuove navi con urgenza – entro quattro anni gran parte di quelle che oggi solcano i mari sarà in disuso – l’operazione-simpatia lanciata da Akk, che al Bundestag ha chiesto «più visibilità» per i militari promettendo anche biglietti del treno gratis per chi si sposta in uniforme, potrebbe non bastare a risollevare la Bundeswehr.