il Giornale, 25 luglio 2019
L’amore tra Vivien Leigh e Laurence Olivier
«Ecco l’uomo che sposerò». È il 1934 e Vivien Leigh, vedendo per la prima volta sul palcoscenico l’affascinante Laurence Olivier, confida alla sua amica, seduta accanto a lei, un desiderio che è quasi una certezza. Non che la cosa fosse facile. Sia Vivien che Laurence sono, infatti, già sposati. Laurence da quattro con l’attrice Jill Esmond Moore, dalla quale avrà un figlio, Tarquin. Lei da due anni con tal Herbert Leigh Holman, un avvocato di dodici anni più anziano di lei che non vede di buon occhio le sue ambizioni artistiche, ereditate da mamma Gertrude. Vivian Mary Hartley (il suo vero nome), infatti, aveva debuttato già a tre anni nei teatrini indiani, sua terra natia, incoraggiata anche dal padre. Andata in sposa a soli 19 anni, Vivien rimane subito incinta della futura Suzanne. Il che non le impedisce, tenace com’è, di continuare la sua giovane carriera teatrale, assumendo, dal marito, il nome d’arte di Vivien Leigh. «Mi sentivo troppo giovane per essere madre di una bambina e molto carente di quella calma e serenità che una mamma dovrebbe avere. Amavo la mia bambina come ogni altra madre, ma con la spietata sincerità dei giovani mi rendevo conto che non potevo abbandonare ogni pensiero di una carriera in scena», confidò negli anni successivi.
Laurence, figlio di un pastore protestante famoso per essere avaro, ha un talento per la recitazione fuori dal comune. Nel 1921 a 14 anni viene notato da Ellen Terry, regina del teatro inglese, mentre sta recitando per la scuola: «Il giovinetto che recitava Bruto è già un grande attore», confida la Terry al suo diario. Facile profezia. Olivier sembra nato per il teatro, in particolare per Shakespeare. Tanto da essere scritturato, nel 34 appunto, per la commedia di successo The Royal Family, che lo consacra già in una star. Vivien e Leigh si conoscono ufficialmente ad un party, anche se lui era già attratto dalla sua futura seconda moglie: «La prima volta che misi gli occhi sulla proprietaria di questa meravigliosa, inimmaginabile bellezza fu sul palcoscenico del St. James Theatre, dove recitava in The Mask of Virtue di Ashley Dukes. Al di là della sua bellezza magica aveva un portamento meraviglioso; il collo sembrava quasi troppo fragile per sostenere la testa e la reggeva con un senso di sorpresa e con quella specie di orgoglio del giocoliere che riesce a far sembrare quasi casuale un’abile mossa». Come sempre, è la donna a fare il primo passo. Invita gli Olivier nella casa di campagna e qui, galeotte furono le passeggiate nei prati che fanno nascere l’idillio. L’occasione buona arriva, però, solo tre anni dopo, sul set di Elisabetta d’Inghilterra che permette loro, per esigenze di copione, di lasciarsi andare a baci un po’ troppo passionali. La loro relazione è ormai di dominio pubblico e i due decidono di andare a convivere, mentre la loro carriera va a gonfie vele. Resta il problema dei relativi coniugi che si rifiutano di firmare il divorzio. Loro si amano, mandandosi messaggi anche parecchio piccanti: «Mi sono svegliato con un furioso desiderio di te, amore mio... Buon Dio, quanto ti volevo. Forse tu nel frattempo ti stavi accarezzando da sola» scrive Laurence alla sua Vivien. «Sono seduto qui nudo, con le mie parti intime avvolte nelle tue mutandine. La voglia di te è così intensa». È il 1938 e la Leigh, appassionatasi alla lettura di Via col Vento, chiede al suo agente di candidarla per l’imminente trasposizione cinematografica. Potrebbe tradirla il suo accento inglese, ma grazie al lungo lavoro, anche questo ostacolo viene superato. La parte è sua, ma con grandi difficoltà. Sul set, non va d’accordo con Clark «alito di scotch» Gable, tanto da pretendere il taglio di alcune scene che prevedevano baci. Il regista George Cukor viene sostituito da Victor Fleming, amico di bevute di Gable, che rende la vita della Leigh un vero infermo. Ma lei è una dura e porta a casa l’Oscar. Finalmente, entrambi ottengono il divorzio, rinunciando alla custodia dei loro rispettivi figli e il 30 agosto del 1940, alla presenza dei soli Katharine Hepburn e Garson Kanin, si sposano a Santa Barbara in California, nel ranch di San Ysidro. Incredibilmente, la coppia non riesce a fare film insieme fino a quando, a New York, i due decidono di finanziarsi una versione personale di Romeo e Giulietta, investendo tutti i propri risparmi (60mila dollari). Purtroppo per loro perderanno tutto perché lo spettacolo si rivela un fiasco e la stampa inizia ad attaccarli sia per la loro relazionale adulterina prematrimoniale, sia per non essere tornati in Inghilterra, durante la Seconda Guerra Mondiale, a dare il proprio contributo alla Patria. Nel ’42, mentre si sta girando Cesare e Cleopatra, Vivien, rimasta incinta, cade e perde il bimbo. Il che la manda in depressione, con forti sbalzi di umore. Non riesce a dormire, a stare ferma. Basta un nulla a farla arrabbiare, salvo poi, dopo poche ore, non avere ricordo di quello che le era appena successo. Nel ’43, debilitata dalla tosse e da una febbre persistente, Vivien è ricoverata d’urgenza: la diagnosi parla di tubercolosi al polmone sinistro. Laurence, nominato baronetto, continua ad amarla: «Non mi è possibile esprimere i miei sentimenti e i miei pensieri riguardo a te, mia cara. Ti desidero con una tale perversione». Nel 1948, partono per Australia e Nuova Zelanda e la tournée, invece di rafforzare la coppia, la disfa. I litigi sono frequenti, i due arrivano a mettersi le mani in faccia davanti alla compagnia. Nel ’51, dopo la produzione teatrale che la vede in scena per 326 repliche, la Leigh porta sul grande schermo l’omonimo Quel tram chiamato desiderio in coppia con Marlon Brando. Olivier è preoccupato. La parte, molto intensa, potrebbe segnarla da un punto di vista psicologico. In effetti, sarà così, perché se è vero che il film le farà vincere il secondo Oscar da protagonista, la porterà ad identificarsi talmente con il personaggio di Blanche Dubois, da rasentare la follia, non sapendo più scindere tra la vita reale e quella del set (in punto di morte, alla domanda dei medici se ricordasse il suo nome, Vivien rispose «Ma certo! Il mio nome è Blanche Dubois». La Royal Couple d’Inghilterra comincia a scricchiolare. Lei confessa di aver avuto una relazione con il collega Peter Finch, ma sembra più frutto di una allucinazione; inevitabile il crollo fisico e mentale. Per curarla, Laurence è costretto a farla ricoverare in una clinica per malattie mentali, con sedute di elettroshock. Rimane nuovamente incinta, ma ancora abortisce, peggiorando il suo esaurimento. È la fine del matrimonio. Lui trova conforto con l’attrice Joan Plowright, di 22 anni più giovane di Olivier, mentre Vivien si lascia sedurre dall’attore John Merivale che promette a Laurence di prendersi cura della moglie. La coppia divorzia ufficialmente il 2 dicembre del 1960. Eppure lui non le manca di scriverle: «Hai affrontato la situazione nobilmente e coraggiosamente... sono veramente dispiaciuto che tutto questo sia stato un simile inferno per te». Il 7 luglio del ’67 Vivien muore, a 54 anni, per l’aggravarsi della tubercolosi. Laurence avrà tre figli dalla Plowright e muore di cancro a 82 anni l’11 luglio 1989.