25 luglio 2019
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Biografia di Mick Jagger
Mick Jagger (Michael Philip J.), nato a Dartford (Kent, Inghilterra) il 26 luglio 1943. Cantautore. Musicista. Leader e cofondatore dei Rolling Stones (dal 1962). Oltre 250 milioni di copie vendute (con i Rolling Stones). «La differenza tra noi e le altre band? Che noi siamo vivi» • Figlio di un insegnante e di una parrucchiera militante nel Partito conservatore. Nel 1950, per la prima volta, «Mick Jagger e Keith Richards si incontrano nella scuola elementare di Dartford (Kent). Non succede assolutamente nulla, e i due si perdono di vista» (Mario Luzzatto Fegiz). Assai precoce fu la passione per la musica: «Cantavo sempre, da bambino. Ero uno di quei bambini a cui semplicemente piace cantare. […] Ero nel coro della chiesa, e amavo anche ascoltare i cantanti alla radio – la Bbc o Radio Luxembourg –, oppure guardarli alla tv e nei film». «Che cosa sognava di fare da grande il bambino Mick Jagger? […] “Non avevo alcuna idea precisa. Ma una cosa avevo deciso: non avrei mai messo piede in una fabbrica, dopo avere visto la gente che ci lavorava”» (Gloria Pozzi). Alla Dartford Grammar School, dove frequentò le medie inferiori e superiori, «ogni insegnante aveva il suo modo di torturarci. C’erano professori che ci prendevano a pugni, o ci schiaffeggiavano talmente forte da farci cadere a terra, oppure ci torcevano le orecchie, che poi ci facevano male per tutto il giorno. Non è stato sicuramente il periodo più bello della mia vita. Era tutta una cultura basata sulla violenza. Ad ogni più piccola violazione della disciplina finivamo dal preside. Facevamo la fila aspettando il nostro turno per essere bacchettati. Facevamo tutti atti di disobbedienza civile e di guerra non dichiarata. Io capeggiai una rivolta contro il cibo cattivo. E quello è stato il più grande contributo che ho dato alla mia scuola. […] C’erano un sacco di compiti da fare a casa, e troppa disciplina insignificante: regole inutili su uniformi e roba del genere». Il suo rendimento, dapprima buono, in seguito peggiorò notevolmente: «Fu a causa del mio grande interesse per la musica, ma anche per le ragazze». «Hai cominciato a cantare quando avevi 15 anni. Cosa ti ha fatto venire voglia di salire sul palco? “Non avevo inibizioni. Vedevo Elvis e Gene Vincent e dicevo: ‘Posso farlo anche io’. Mi piaceva. Era emozionante fare lo scemo, anche davanti a 20 persone. Se mi avessero tirato dei pomodori, non avrei continuato. Ma piacevo a tutti”» (Jann S. Wenner). Concluse le superiori, Jagger s’iscrisse alla prestigiosa London School of Economics, nella prospettiva di dedicarsi al giornalismo o alla politica. Poco dopo, però, il 17 ottobre 1961, al secondo binario della stazione ferroviaria di Dartford, incontrò, per la prima volta dopo tanti anni, Keith Richards, che in seguito raccontò così l’episodio: «Attaccai discorso con Mick perché ero incuriosito dai rari dischi americani di blues che aveva sotto braccio. Pochi giorni dopo, cominciammo a frequentarci seriamente. O veniva lui a casa mia o andavo io a trovare lui. Abbiamo capito subito che tra noi c’era qualcosa. È stato un po’ come un colpo di fulmine, un mistero di alchimia. Non ci siamo mai detti “formiamo un gruppo”; abbiamo semplicemente cominciato a suonare insieme, e a scoprire come funzionava il tutto». «Avvenne in un club londinese, l’Ealing Blues Club, che Jagger, Richards e Dick Taylor (questi aveva iniziato Jagger anni prima al rhythm and blues) suonarono per la prima volta assieme, nella Blues Incorporated Band. I Rolling Stones veri e propri nascono nel ’62» (Luzzatto Fegiz). «La prima volta che i Rolling Stones suonano insieme è nel ’62, al Marquee Club in Oxford Street a Londra (era il 12 luglio)» (Pozzi). «In quella notte d’estate del ’62, i Rolling Stones consistevano in Jagger alla voce, Brian Jones e Keith Richards alla chitarra, Ian Stewart al piano e Dick Taylor al basso. Sul batterista c’è un dibattito: alcuni fan sostengono che fosse il loro solito batterista delle origini, Tony Chapman, ma Richards nella sua autobiografia del 2010, Life, insiste sull’amico Mick Avory. Gli Stones ottennero la data quando i Blues Incorporated di Alexis Korner (band con Jagger alla voce che suonava tutti i giovedì al club) furono invitati a suonare in una trasmissione della Bbc. Jagger non prese parte alla diretta: così Jones propose ad Harold Pendleton (il proprietario del Marquee Club) di sostituire i Blues Incorporated con il proprio gruppo, almeno per quella sera. Fu sempre Jones a chiamare il giornale locale Jazz News per promuovere il concerto. La leggenda vuole che, alla domanda del redattore “Come si chiama la vostra band?”, il chitarrista rispose con la prima canzone del disco che si trovava di fianco a lui in quel momento: Rollin’ Stone, tratta dal Best Of di Muddy Waters. La band chiese in prestito dei soldi al padre di Jagger per noleggiare la strumentazione per il concerto. In Life, Richards cita canzoni come Dust My Broom, Confessin’ the Blues e Got My Mojo Working nella scaletta della serata. […] La band continuò poi a suonare in altri club di Londra, quell’estate. Ad agosto, Jagger, Richards e Jones si trasferirono in un appartamento sudicio al secondo piano del 102 di Edith Grove a Fulham, dividendo la stanza con piatti sporchi, due letti e nessun mobile. Più tardi, anche Charlie Watts si trasferì. “I Rolling Stones passarono il primo anno della loro vita a bazzicare per posti, rubare cibo e fare le prove”, ha ricordato Richards. “Stavamo diventando i Rolling Stones”» (Patrick Doyle). Così il bassista Bill Wyman, unitosi al gruppo un mese prima di Watts, nel dicembre 1962, ha descritto il suo primo incontro con Jagger: «“Lui e Keith se ne stavano seduti sul letto, circondati da centinaia di bottiglie mezze piene dalle quali spuntavano addirittura dei funghi. Vivevano come topi di fogna”. Il letto era al 102 di Edith Grove a Londra. […] Tutti sappiamo quale vita sia germogliata da quel putrido materasso all’alba dei Rolling Stones» (Paolo Giordano). «Quando ti sei reso conto per la prima volta che quello che facevi aveva un effetto sulle persone? “Quando avevo 18 anni o giù di lì. Suonavamo con i Rolling Stones nei club di Londra, e io mi sono reso conto di attirare l’attenzione delle ragazze, cosa che prima non succedeva. Ero inesperto e poco sofisticato. A quell’età ti colpisce tutto”. Frequentavi la London School of Economics e stavi cominciando a suonare con gli Stones. Come hai fatto a scegliere tra le due cose? “Le ho fatte tutte e due, in realtà. Durante la settimana andavo al college, nel weekend suonavo con gli Stones. Avevamo poche date. Facevamo un concerto al mese, in cui suonavamo tre o quattro pezzi al massimo. Non era poi così difficile”. Eri combattuto all’idea di lasciare la scuola? “È stata una decisione difficile: mio padre era furioso. Non credo si sarebbe arrabbiato così tanto se mi fossi arruolato volontario nell’esercito. Qualunque cosa, tranne quello. Sono d’accordo con lui: non era certo una carriera promettente. Era una decisione assolutamente stupida, ma non mi piaceva il college. I corsi erano noiosi”» (Wenner). «Correva il 1963 quando Mick Jagger decise di lasciare la London School of Economics per dedicarsi a tempo pieno alla sua band, che era nata un anno prima. Si chiamavano “Rollin’ Stones”: in quei giorni cambiarono il nome in “Rolling Stones”» (Lorenzo Soria). «Il primo periodo è stato esaltante: gli abiti, le cravatte, l’innocenza e l’ingenuità di tutta quella scena. L’Inghilterra era pronta per una nuova band. Divertente, perché i Beatles erano in giro solo da un anno. Succedeva tutto molto in fretta. Le band del momento venivano tutte dal Nord dell’Inghilterra. La gente in Inghilterra è snob: volevano una band del Sud. E siamo arrivati noi». «L’avventura ha inizio. Nell’estate del ’63 i produttori Eric Easton e Andrew Loog Oldham fanno circolare il primo comunicato stampa con le biografie dei ragazzi accompagnate da una foto di gruppo in cui sembrano dei “cloni” dei Beatles, belli, eleganti, giacca e cravatta (un look ben presto abbandonato). Di Mick Jagger si legge: “Cantante e tastierista, nato a Dartford, 19 anni, Mick frequenta il secondo anno della scuola di economia, ma non ha alcuna idea su come economizzare se stesso. Ama il denaro, e lo spende come se fosse acqua. Ama il cibo cinese, i bei vestiti, i Rolling Stones, Bo Diddley, e la vita in generale. Dietro una faccia da topo sormontata da lisci capelli, mentono due grandi occhi blu”. Nel giugno 1963 esce Come On, nel novembre I Wanna Be Your Man, e subito Jagger diviene il frontman del gruppo, simbolo di follia scenica ed esistenziale, sfida all’establishment, sberleffo all’ordine costituito. Mentre i Beatles si rivolgevano a ogni fascia d’età, Jagger e i suoi decisero di diventare la voce dei teenagers. […] Musicalmente Jagger è, nei primi anni della sua carriera, un urlatore-istrione-isterico. È intonato, ha senso del ritmo e, per talento naturale, riesce a sincronizzare i capricci vocali con le bizzarrie sceniche. Trasforma ogni sua esibizione in un sabba e prende l’abitudine di cantare a squarciagola, anche perché deve superare le grida dei fans in delirio. Furono anni difficili per Jagger; i fans lanciavano sul palco bottiglie, bulloni, scarpe, a volte sedie. Fu solo nel ’65, durante un tour mondiale, che Jagger cominciò a scrivere canzoni, in cui riuscì a far passare il suo stile ribelle: (I Can’t Get No) Satisfaction, 19th Nervous Breakdown, Get Off of My Cloud. Satisfaction (il cui ritornello “Non riesco ad avere nessuna soddisfazione, e ci provo e ci provo” conquistò i giovani d’allora) è un crescendo musicale che evoca l’atto sessuale e che manda in crisi i censori delle radio» (Luzzatto Fegiz). «Con Satisfaction la fama degli Stones attraversa l’oceano. Ma con il successo dilaga la cattiva fama del gruppo: violenza nei loro concerti, accuse di consumare droga, arresti. Nel gennaio ’67 la canzone Let’s Spend the Night Together viene censurata nell’Ed Sullivan Show per il suo contenuto troppo scabroso. Nello stesso anno Jagger e Richards vengono arrestati, dopo un’incursione della polizia in casa di Richards. Venne poi il primo di una lunga serie di arresti di Brian Jones. Dovrà intervenire a un certo punto un corsivo del Times per ridimensionare le accuse al gruppo, sostenendo che il sistema giudiziario inglese aveva commesso degli abusi di potere» (Luzzatto Fegiz). «Gli Stones diventano i musicisti “amati dai ragazzi, odiati dai genitori”, pretesto per i giornali di discussioni moraleggianti: “Dareste vostra figlia in sposa a uno dei Rolling Stones?”. Per tutti sono l’antitesi dei Beatles. La loro storia non è soltanto costellata di trionfi. Ci sono momenti molto difficili. Eccome: nel ’69 Brian Jones è costretto a mollare la band (che non poteva più tollerare la sua perenne assenza da stupefacenti), e poche settimane dopo fu trovato morto nella sua piscina. I Rolling tengono un concerto a Hyde Park in sua memoria: cantano e leggono poesie di Percy B. Shelley e liberano nell’aria migliaia di farfalle. Arriva a fare parte del gruppo Mick Taylor, che nel ’75 se ne va e lascia il posto a Ron Wood (e questa resterà la formazione definitiva). È stato proprio un brutto anno, il ’69, per gli Stones. Ad Altamont, sulla costa californiana, il servizio d’ordine del loro megaconcerto è affidato agli Hells Angels: viene ucciso un ragazzo nero mentre Jagger & Co. cantano Sympathy for the Devil» (Pozzi). «Parlami di Sympathy for the Devil… “Potrei sbagliarmi, ma credo di essermi ispirato a una vecchia idea di Baudelaire. L’ho scritta come se fosse una canzone di Bob Dylan. Sapevo che era una buona canzone: la cantavo in continuazione, finché la mia fottuta band non si è decisa a registrarla”. […] Altamont vi ha fatto smettere di giocare con l’immagine satanica? “L’immagine satanica è stata un’esagerazione dei giornalisti. Noi non volevamo seguire quella strada. Con quella canzone abbiamo detto basta”. […] Let It Bleed? Uno dei dischi più cupi che avete fatto. “Era un periodo duro, molto violento. Il Vietnam. In televisione c’erano sempre immagini di violenza, saccheggi e rivolte”. […] Dopo la morte di Brian avete fatto Sticky Fingers. È stato strano fare un disco senza di lui? “Sì. Era un altro mondo. […] Era arrivato Mick Taylor e avevamo una nuova etichetta discografica”. […] Perché Brown Sugar ha fatto impazzire il mondo? È una delle vostre più grandi hit: peccato che parli di schiavitù, sesso interrazziale e leccare la figa… (Ride). “E di droga! Dio solo sa cosa avevo in testa. È un insieme di mille cose. Probabilmente adesso non potrei scrivere una canzone del genere. Mi censurerei da solo”. […] Secondo i critici, l’album successivo, Exile on Main St., è il vostro capolavoro. Che ne pensi? “Lo trovo un po’ sopravvalutato, a essere sincero, soprattutto rispetto a Beggars Banquet [l’album del 1968 comprendente, tra l’altro, Sympathy for the Devil – ndr] o Let It Bleed. Non dico che non sia un buon album, ma non contiene canzoni così notevoli come i due precedenti. Abbiamo suonato bene, è un disco molto diretto ed essenziale, ma non lo considero del tutto buono”. Com’era la band al tempo? “Credo che la parola giusta per descriverci al meglio sia: ‘Sballàti’. (Ride). Era un periodo difficile, eravamo in causa con il nostro manager Allen Klein e avevamo dovuto lasciare l’Inghilterra per problemi di tasse. Eravamo al verde e siamo andati a vivere nel Sud della Francia. Da qui il titolo del disco”. Eravate allo zenit delle droghe? “Sì. Stavamo tutta la notte svegli a suonare”. […] Dopo quei quattro album grandiosi c’è stato un periodo debole: Goats Head Soup e Black and Blue. Aveva a che fare con il consumo di droghe di Keith? “Credo di sì. Non mi ricordo. Siamo stati travolti dalla nostra stessa popolarità. Era una vacanza! (Ride). Ci tenevamo sempre, ma non come prima. E poi avevamo un sacco di problemi di soldi, e ci siamo dovuti trasferire di nuovo. Un periodo difficile”. Però siete tornati alla grande con Some Girls. Merito di New York? “Sì, hai perfettamente ragione. Bravo! Mi sono trasferito a New York, e la città mi ha dato nuovi stimoli e mi ha reso più forte. E poi c’era il punk, che è cominciato nel 1976. Il punk e la disco, che sono nati insieme. Molto più interessanti di tutto quello che è successo dopo”» (Wenner). «Negli anni Ottanta, l’ego di Jagger sembra esplodere. A lungo è stato padrone degli Stones. Richards era troppo drogato per occuparsi di affari, le seconde file Charlie Watts e Bill Wyman tacevano, Ronnie Wood era un semplice dipendente. Dopo Tattoo You, inatteso successo mondiale, Keith si ripulisce e regola i conti con la primadonna, iniziando una faida che, a fasi alterne, tuttora prosegue. […] La situazione precipita all’annuncio del contratto firmato da Mick per tre album solisti. I Glimmer Twins [cioè Jagger e Richards – ndr] smettono di parlarsi. Nella guerra aperta vengono coinvolti tutti, al punto che il mite Charlie Watts, di solito silenzioso dietro ai suoi tamburi, rifila un paio di cazzotti in faccia a Jagger dopo averlo sentito chiedere in giro: “Dov’è il mio batterista?”. Gli anni Novanta sono all’insegna di una ritrovata intesa nel nome del dollaro. Le tournée degli Stones infatti frantumano ogni record. […] Dopo aver “sposato” la modella texana Jerry Hall con una cerimonia a Bali poi risultata senza alcun valore legale, Mick, schiavo del cool, si diverte. Eric Clapton si vede soffiare Carla Bruni, ventiduenne già titolare di numerosi flirt importanti. […] Inevitabile lo scontro di Carla con Jerry, nel frattempo rimasta incinta per la terza volta, con tanto di lite durante una sfilata. Jerry: “Perché non lasci in pace mio marito?”. Carla: “Dì a lui di lasciare in pace me”. Da Carla ad Angelina, passando per Uma Thurman e una sfilza di modelle assortite e varie. La Jolie, reclutata per il video di Anybody Seen My Baby, è il grande amore del 1997. Colpo di scena: l’attrice sembra considerare poco importante Mick, costretto a un corteggiamento cui non è abituato. Per dirla con Andrew Morton, biografo della Jolie, Jagger viene “trattato di m…”. […] Nel 1998, Jerry Hall, di fronte all’ennesimo tradimento, questa volta con la brasiliana Luciana Morad, per giunta rimasta incinta, chiede il divorzio, e scopre di non essere mai stata legalmente sposata. I tabloid massacrano Jagger, trattandolo come “un patetico vecchio debosciato che cercava la giovinezza perduta correndo dietro a donne che hanno la metà dei suoi anni”. Sembra la fine di un mito ormai fuori sintonia col presente, non solo perché in Gran Bretagna si sta affermando il femminismo “Girl power”. La cultura della celebrità è ormai esplosa, giornali e tv non perdonano, il gossip è notizia tra le notizie, la privacy non esiste più, imboscare un amorazzo, a lungo specialità di Mick, è quasi impossibile. Eppure, dopo qualche tempo in purgatorio, Jagger è ancora sulla cresta dell’onda» (Alessandro Gnocchi). «I Rolling Stones, che negli anni Novanta sembravano dinosauri in via di estinzione, nel nuovo millennio hanno rinnovato il patto di sangue con la vecchia generazione e stabilito una solida sintonia con la nuova» (Giuseppe Videtti). «Il bello è che, con l’avvento della terza età e degli anni Duemila, Sir Mick ha virato nuovamente verso il rock, il blues e la band, piuttosto che verso il jet-set, i Caraibi o l’alta società. Jagger, in tarda età, è tornato a essere quello che tutti noi vogliamo che sia, ovvero l’interprete perfetto di quella piccola enciclopedia alternativa sul sesso, la religione, la politica, la vita che gli Stones hanno scritto attraverso le sue parole nella loro stagione migliore. Ci piace che lo sia anche perché dall’alto dei suoi […] anni Jagger è diventato addirittura "autorevole" quando parla di queste cose: conosce la materia, l’ha frequentata, non ne parla per sentito dire o per poetica creatività» (Ernesto Assante). Il nuovo millennio ha visto finora la pubblicazione di due nuovi album del gruppo, A Bigger Bang nel 2005 e Blue & Lonesome nel 2016. Nel frattempo, nel 2013, «dopo aver scritto […] (con l’immancabile Richards) un gioiello come Doom and Gloom, che ricorda le atmosfere e le sonorità degli anni d’oro degli Stones, celebrati i 50 anni della band con una serie di spettacolari concerti, si è persino permesso il lusso di tornare a Hyde Park, 44 anni dopo una delle esibizioni che hanno fatto la storia del rock. Lì avevano suonato, le pietre rotolanti, il 5 luglio del ’69 davanti a 500.000 persone, per ricordare l’ex compagno scomparso, Brian Jones. Ritornare dopo quasi mezzo secolo, misurarsi con un evento di una simile portata, accettare a 70 anni il confronto con ciò che si era all’apice del successo (e a 26 anni), era una sfida che solo gli Stones potevano raccogliere. E vincere, naturalmente. Il tempo di salire sul palco, e il pubblico è in delirio: Jagger è carismatico e magnetico come sempre, si dimena quasi come da ragazzo, è soltanto un po’ meno convulso, meno frenetico. Ma è anche questo che trasforma il concerto in un rito collettivo, anziché in una parodia» (Marco Barbonaglia). Tuttora attivi sia in studio di registrazione (dove lavorano da tempo a un nuovo album) sia sul palco, nel marzo 2019 i Rolling Stones annunciarono la posticipazione di alcuni concerti per via di un’operazione chirurgica cui si sarebbe dovuto sottoporre Jagger: il tempo di farsi sostituire una valvola cardiaca e di recuperare le forze, però, e già un paio di mesi dopo l’intervento, nel giugno 2019, «è tornato a cantare scatenato con non mai sul palco di Chicago per il "No Filter Tour". […] I Rolling Stones proseguiranno il tour facendo il giro degli Stati Uniti, per finire, poi, in Canada. Mick Jagger, nonostante non sia più un ragazzino, si è dimostrato inarrestabile più che mai, e ben lontano dal dare l’addio alle scene» (Riccardo Palleschi). «“Mi sento molto bene”, ha detto Mick Jagger nella sua prima intervista dopo l’operazione al cuore. […] Jagger ha aggiunto che è ancora felice di viaggiare in tour – ma non così tanto come un tempo. “Non lo facciamo con la stessa frequenza di un tempo, 12 mesi all’anno: quando sei giovane fai così. Oggi passo tre o quattro mesi all’anno on the road: mi sembra un buon equilibrio”» (Doyle) • «Com’è nata la famosa immagine della lingua? “È stato piuttosto casuale. […] Avevamo firmato il contratto con la Atlantic: eravamo così felici di cambiare etichetta e stava per uscire un nuovo disco, allora ho pensato che fosse una bella idea avere un’identità precisa. Ho visto quella lingua in un calendario indiano, e poi ho chiesto a John Pasche di realizzarne una versione moderna. E così è stato”» (Carlo Antonelli) • Nel 2003, «Michael Philip Jagger viene proclamato Sir da Carlo d’Inghilterra. La storia è gustosa, perché il conferimento dell’onorificenza sembra sia stato caldeggiato dal primo ministro Tony Blair, che ama i Rolling Stones e considera Jagger un modello a cui ispirarsi, e abbia disgustato la Regina, che per non incontrare il corruttore della gioventù (e soprattutto, si dice, di sua sorella Margaret) avrebbe deciso proprio quel giorno di sottoporsi a una piccola operazione chirurgica. Carlo si ritrova dunque di fronte a Mick Jagger e lo tocca sulle spalle con la spada appartenuta a Giorgio VI, per una brevissima cerimonia che segna la storica riconciliazione tra l’establishment britannico e l’ambiguo protagonista della colorata e trasgressiva Swinging London. Chi aveva vinto, e chi era stato sconfitto? Stava rientrando nei ranghi il vecchio luciferino e androgino idolo delle folle, ormai nonno, miliardario, conservatore? O era l’altissima società che si piegava davanti al talento del figlio dell’insegnante di educazione fisica e della parrucchiera di Dartford, nel Kent, e lo accoglieva tra i suoi? Lui provò a cavarsela con una battuta: “Rolling Stones a parte, la Regina è il meglio della Gran Bretagna”. Ma Keith Richards non ebbe dubbi: “Non permetterei a un membro di quella famiglia di avvicinarmisi con un bastone, figuriamoci con una spada”. E, quando qualcuno provò a dire a Jagger che l’altro non era felice che lui avesse accettato il titolo, lui replicò: “Keith non è mai felice di niente”» (Piero Negri) • «Naturalmente in questa storia c’è anche il sesso. Tanto. Tantissimo. Senza barriere. Mick Jagger è (stato) bisessuale. Quattromila donne, dicono. E tanti uomini, qualcuno famosissimo come David Bowie. Anzi, prima gli uomini. “Ho avuto le mie prime esperienze sessuali con dei ragazzi a scuola”, ha ammesso. A inizio convivenza con gli altri Stones, Keith Richards ricorda che la tenuta casalinga di Mick Jagger era composta “da una vestaglia azzurro pastello e da una retina per capelli color lavanda, insieme con calze di nylon e tacchi alti”. Ma Mick Jagger è il sex symbol senza se e senza ma» (Giordano). «Sulla copertina di Some Girls siete travestiti da donne. […] “Sembrava una cosa sofisticata essere un po’ effeminato. È una cosa molto inglese: uomini travestiti da donna. Non è poi una gran novità. Ovviamente ha funzionato, ha scandalizzato tutti”. Quando ti sei reso conto che attraevi sia gli uomini che le donne? “Oh, fin dall’inizio”. Dal punto di vista sessuale? “Non ci pensavo molto. Voglio dire, gli uomini sono sempre stati una componente essenziale del rock & roll. Le donne erano soprattutto spettatrici. A 15, 16 anni cantavo questi vecchi pezzi rock & roll: Little Richard, Jerry Lee Lewis, Elvis. I maschi erano sempre molto più coinvolti delle femmine, volevano essere te. Alcuni di loro erano attratti senza neanche saperlo”» (Wenner). «Innumerevoli conquiste, tutte tempestose. […] Molte, vere o presunte, le celebrità. […] Prima c’è stata Chrissie Shrimpton, sorella minore della celebre modella Jean: quattro anni d’amore finiti in bagarre. Poi Marianne Faithfull, e i due diventano la coppia simbolo della Swinging London. Ma la droga, lo scandalo dell’arresto – lei viene trovata dalla polizia nuda sotto una pelliccia – e il tentato suicidio della giovane Marianne scrivono la parola “fine” sulla love story più chiacchierata del rock. Mentre, nel 1971, Jagger porta all’altare Bianca Pérez-Mora Macias, da allora in poi Bianca Jagger, incinta di quattro mesi, e le foto di lei in abito da sposa firmato da Yves Saint Laurent fanno il giro del mondo. Otto anni dopo, l’instancabile Mick molla la moglie per la modella Jerry Hall, ma neanche la nascita di quattro figli tratterrà il ciclone Jagger» (Leda Balzarotti). Tra le sue più importanti relazioni degli ultimi anni, quella intrattenuta con la progettista d’interni L’Wren Scott dal 2001 fino al 2014, quando la donna, da tempo depressa, si tolse la vita, lasciando tutti i suoi beni, stimati in nove milioni di dollari, allo stesso Jagger. «Io penso, insomma, che la monogamia non sia da tutti. Per me rimane un mistero: non riesco a vivere da uomo sposato. Dicono che mi comporto male… ma cosa intendono? Sono sincero: non riesco a concepire il matrimonio. Oggi chi ci riesce? Come forma di unione è assolutamente instabile. La gente si sposa e poi divorzia in pochi anni. Non trovo sia accettabile. Ci devono essere altre forme di legami in questa società» • Otto figli da cinque donne diverse: la prima femmina, Karis (1970), dalla cantante Marsha Hunt, a 27 anni; un’altra femmina, Jade Jezebel (1971), da Bianca Jagger; altre due femmine, Elizabeth Scarlett (1984) e Georgia May Ayeesha (1992), e due maschi, James Leroy Augustin (1985) e Gabriel Luke Beauregard (1997), da Jerry Hall; un altro maschio, Lucas Maurice (1999), da Luciana Gimenez Morad; l’ultimo maschio, Deveraux Octavian Basil (2016), dalla ballerina Melanie Hamrick (classe 1987), a ben 73 anni. «Diventare papà mi fa sentire giovane, ogni volta che succede. È il regalo più bello». Oltre che padre, Jagger è già da tempo nonno, e persino bisnonno, da quando, nel 2014, Assisi, figlia della secondogenita Jade, ha dato alla luce una bambina • «Il segreto della longevità? Mick è assennato, saggio amministratore di se stesso, parsimonioso ai limiti dell’avarizia. Moderato in tutto, tranne che nel sesso. E, quando le sue donne perdevano il controllo, le mollava» (Videtti). «Consumati in gioventù gli stravizi anche pesanti che il costume imponeva, ha passato il resto degli anni a frequentare cliniche svizzere e a guardarsi allo specchio per prefigurarsi un futuro non oltraggioso. Oggi raccoglie i frutti» (Marinella Venegoni). «Non ero proprio tagliato per fare la vita dello sballato. Mangiare, bere, prendere droghe e fare sesso. Una vera noia. Si drogavano tutti in continuazione. Non era poi una cosa così speciale» • «Pur essendo ricchissimo, Mick Jagger non è mai stato particolarmente generoso: un fatto sul quale si sono espresse Bianca Jagger e Jerry Hall, ex mogli del musicista. David Bailey, il fotografo che lanciò la Swinging London, ha raccontato un episodio che risale alla gioventù del cantante: “Mi chiese di portarlo in un ottimo ristorante. Pagò Mick: un evento raro. Gli ricordai che bisognava lasciare la mancia per la cameriera, quindi a malincuore mise nel piattino 10 scellini. Mentre si stava mettendo il cappotto, però, notai la sua mano che rapidamente si riprendeva la banconota”» (Paola De Carolis) • «Lui, a differenza del suo amico e collega Pete Townshend, non ha mai sperato di morire prima di diventare vecchio, anzi, era cosciente delle sue possibilità già in tenera età, quando cantava Time Is on My Side, “il tempo è dalla mia parte”. Sì, il tempo è dalla sua parte, non c’è dubbio. Bob Dylan, di pochi anni più grande, sembra suo nonno, Townshend ha perso i capelli, altri sono morti o andati in pensione: solo Paul McCartney tiene il suo passo, ma anche lui, al confronto di Sir Mick, sembra un pensionato. […] Jagger è il cantante rock per eccellenza: al di sopra di lui c’è solo Elvis, di cui ha compreso più e meglio di altri il linguaggio del corpo, portandolo a un livello superiore di comunicazione. La sua voce, il suo modo di passare dal sussurro al grido, la sfrontata sessualità, la sensualità senza limiti, hanno fatto di lui un cantante superiore, in grado, soprattutto nell’èra d’oro degli Stones, tra gli anni Sessanta e Settanta, di essere credibile ed esagerato al tempo stesso, capace di cantare melodie dolcissime e di far saltare per aria le regole con un ennesimo blues elettrico. […] Jagger ha definito i contorni del "rock rebel" con le sue smorfie, il movimento del bacino, le sue labbra carnose e gli occhi azzurri, usati in un modo o in un altro a seconda delle canzoni e dei sentimenti da mettere in scena. Cantante rock in grado di confondere arte e vita in maniera totale per oltre venti anni, mescolando droga, sesso, eccessi, poesia e canzoni, assieme al suo compare Keith Richards, […] con il quale ha condiviso il meglio e il peggio della sua vita: gioie, dolori, orrori, follie, passioni» (Assante) • «Jagger e Richards: un binomio magico, assolutamente inscindibile. Perché, se uniti sono forse la coppia più celebre e scintillante (di sicuro la più longeva) del rock, da soli non contano la metà di quello che valgono insieme. Non a caso quando Mick si è avventurato, a più riprese, in ambiziosi progetti solisti, il risultato è stato ben poca cosa. Da She’s the Boss a Primitive Cool, da Wandering Spirit alla più recente esperienza con i SuperHeavy, il paragone con gli album degli Stones è sempre risultato impietoso. E nemmeno Keith è mai riuscito a produrre qualcosa in grado di rivaleggiare con le canzoni scritte in tandem con Jagger. Innovatore e creativo ma troppo velleitario e inconsistente l’uno, solido, ancorato alla tradizione rock-blues ma troppo poco inventivo l’altro. Insieme, invece, la musica cambia completamente. I gemelli si completano, e uno più uno, in questo caso, fa molto più di due» (Barbonaglia). «I "Glimmer Twins" sono davvero tali: Jagger senza Richards può star bene in un poster d’epoca, magari, ma non certo su un palco o un album. A entrambi manca un pezzo: nessuno dei due è in grado di essere completo da solo. […] Mick Jagger nasce in realtà quando incontra Keith Richards, quando i due diventano uno: diventano gli Stones, e come tali resteranno fino ad oggi» (Assante). «“Sin dal primo giorno che l’ho incontrato ho capito che Mick era innamorato di Keith, ed è ancora così”, spiega Anita Pallenberg, che ha amato sia lui sia Richards» (Stefano Landi) • «Com’erano i rapporti tra i Beatles e i Rolling Stones? “Molto competitivi, ma amichevoli. Ripensandoci, odio quell’atmosfera di competizione che c’era al tempo. Però immagino che sia stato giusto così, perché alla fine ho vinto io. […] I Beatles erano così grandi, che è difficile capirlo per chi non c’era. […] Erano immensi: mettersi in competizione con loro era impossibile”. […] E voi eravate al numero due? “Sì, nella seconda classe. Come le macchine a noleggio”. Che rapporto avevi con John Lennon? “Mi piaceva molto: uscivamo spesso insieme, andavamo ai concerti, lui aveva affinità con la musica che facevamo. Oltre all’amicizia, c’era anche un bel rapporto professionale. Parlavamo dei nostri problemi, ci scambiavamo opinioni. Soprattutto quando non era più nei Beatles, ci confrontavamo di continuo sulle canzoni e altre cose. Era una persona colta, molto intelligente, cinico e divertente. Era bello stargli accanto”. […] John si merita la reputazione che ha? E i Beatles quella di più grande gruppo di sempre? “Non erano una grande live band. Forse quando suonavano al Cavern: sono sicuro che erano divertenti. Si meritano questa reputazione incredibile? Erano i Beatles. Sono arrivati prima di tutti, hanno aperto una strada ed è difficile sopravvalutarli”» (Wenner) • «Puoi definire per me il rock & roll? Che cos’è? Sesso, violenza, energia, rabbia? “Tutte queste cose insieme: energia, rabbia, paura, entusiasmo, una certa spontaneità. È emozione. Ed è tradizione: ci sono delle regole e delle formule, che sono basate sul folk e sul blues, ma vanno cantate con energia giovanile, o per meglio dire con l’indolenza giovanile, perché la gioventù ha anche questo lato apatico, languido e ribelle. Vengono cantate come forma alternativa di sfogo. Un languore leggermente femminile, la noia e la rabbia della gioventù. Per rappresentare tutte queste emozioni la formula del rock & roll funziona particolarmente bene. […] Quando abbiamo iniziato, la musica rock era una forma musicale completamente nuova. Io ero lì quando è cominciato tutto. L’abbiamo cambiato portandoci dentro il rhythm & blues. Ci sentivamo tra i pochi eletti che potevano giocare con questo nuovo gioco. Avevamo un fervore evangelico. Era esaltante”» (Wenner) • «“Invece di fare il cantante rock, avrei potuto fare qualcos’altro. Speri di aver fatto la cosa giusta. Hai passato un sacco di tempo a farlo, e quindi sarebbe meglio avere ragione: ‘Hai buttato via molto tempo?’. Sì, lo hai fatto. ‘Hai usato tutte le tue qualità fisiche e intellettuali?’. Sì e no. Il rock & roll non è poi così impegnativo a livello intellettuale. Diventi pigro. Non credo che nessuno sia mai davvero soddisfatto di quello che ha fatto nella vita”. Gli Stones sono la più grande rock & roll band del mondo? “È solo un epiteto stupido. Mi ricorda Barnum & Bailey, sai?, il circo”» (Wenner). «Nei primi anni ’70 eravamo giovani, belli e molto stupidi: ora siamo solo stupidi» • «Per me l’età è solo uno stato mentale». «Cosa pensi del fatto che […] Michael Jackson, che era più giovane di te, sia morto? “I giovani muoiono di continuo”» (Antonelli). «Io vivo nel presente, senza mai pensare perché tutto è accaduto così velocemente. Perché per me sta ancora accadendo».