Libero, 24 luglio 2019
Marco D’Amore: «Non voglio più fare l’attore»
Marco D’Amore è nato a Caserta.
A Marco D’Amore non è bastato sconvolgerci tutti quanti morendo prematuramente in Gomorra. Ospite ieri al festival di Giffoni, dove ha presentato in anteprima il film Dolcissime, l’attore ha alzato la posta in gioco lasciando intendere un futuro sempre più dietro le quinte: «Sono una persona che tende a “minarsi” da sola: appena qualcuno mi dice che sono bravo a fare qualcosa, io mollo. Così è successo per esempio quando mi hanno fatto i complimenti come attore: in quel momento ho deciso che volevo fare altro», confessa D’Amore. «Sono fatto così, reagisco agli impulsi di cui non sento di avere bisogno. Lavorativamente parlando, vorrei defilarmi sempre di più fino a diventare un puntino ed essere dimenticato». l’immortale Per la serenità dei lettori precisiamo che questo non succederà nell’immediato: nel film L’immortale, da lui diretto e atteso nelle sale per il 12 dicembre, l’attore vestirà ancora i panni di Ciro. Viste le premesse, verrebbe però da credere che la sua carriera prenderà presto altre direzioni. «Mi sono sempre interrogato sulla possibilità di dare voce alle minoranze, a tutte quelle persone che vengono giudicate con troppa facilità», continua, «non mi interessa dare dei messaggi ma offrire suggestioni in un periodo come questo dove l’altro, il diverso, è considerato sempre di più come un pericolo. Un atteggiamento che è la deriva dell’umanità». In questa logica si inserisce il teen movie Dolcissime, nelle sale dal 1 agosto: la pellicola, diretta da Francesco Ghiaccio, coinvolge D’Amore nel duplice ruolo di co-sceneggiatore e produttore. Come si intuisce dal titolo, la pellicola non è un crime alla Gomorra. Anzi. La storia spiazzerà i fan: lui, l’Immortale, si è messo a scrivere di ragazzine. Lo svolgimento del film è infatti più o meno il seguente: tre adolescenti molto sovrappeso, Mariagrazia, Chiara e Letizia, decidono di iscriversi a una gara di nuoto sincronizzato per dimostrare al mondo che anche loro valgono come persone. Ad aiutarle sarà una loro compagna di classe, promessa del nuoto. Nel mezzo c’è un po’ di tutto: body shaming, bulimia, relazioni virtuali e tutto quello che oggi può fare rima con adolescenza. affresco giovanilistico «Volevo scrivere un grande film sulle donne, esseri biologicamente lontani da noi uomini, poi ho deciso di aumentare la distanza tra me e le protagoniste aggiungendo anche il divario anagrafico», precisa D’Amore. Il risultato è un affresco giovanilistico refrattario a sposare punti di vista precisi. Nonostante le tre protagoniste non siano semplicemente morbide, ma tradiscano un atteggiamento compulsivo verso il cibo, non si mette mai in guardia lo spettatore sul problema della bulimia: un disturbo grave tanto quanto l’anoressia. «Non ho voluto scrivere un film ragionando per categorie. Dolcissime non è una storia sul body shaming o sulla bulimia ma su una fase complessa come l’adolescenza», spiega D’Amore. «Il cuore della storia è rappresentato dall’attimo in cui le ragazze si riconoscono: attorno a questo svelamento c’è un mondo di problemi che si agitano».