La Stampa, 24 luglio 2019
Sulle Alpi è sparito il 60% del ghiaccio
Di targhe come quella islandese per celebrare ghiacciai estinti sulle Alpi ne potremmo installare a decine. A sparire per ora sono stati soprattutto piccoli ghiacciai su versanti soleggiati a quote inferiori a 3.000 metri. Il Galambra, in Val Susa, è uno di questi: immortalato in cartoline storiche con una bella parete bianca immersa in un lago, a inizio Novecento vi si cavava il ghiaccio da vendere ai mercati di Torino. A segnarne la fine i 2 °C di aumento termico in un secolo. Oggi non è che una pietraia orlata da qualche nevaio. Al posto del ghiacciaio Quarnero, sul Monviso, ora c’è uno specchio d’acqua, e la stessa sorte è toccata a quello della Losa, sul Gran Paradiso.
Poco più in là, sopra Ceresole Reale, c’era il ghiacciaio della Porta: la mulattiera di caccia voluta da Vittorio Emanuele II ora si ferma in un deserto di pietre al confine di quello che ai tempi era l’ammasso glaciale. Passando alle Alpi centrali, non c’è più il ghiacciaio del Pizzo Varuna (Bernina), e sulle Dolomiti si sono spogliati anche i celebri Sassolungo e Sassopiatto. Ma sono a rischio estinzione pure i ghiacciai più grandi: il Careser nell’Ortles-Cevedale, quello di Fontana Bianca in Alto Adige e quello di Sarennes nelle Alpi francesi. I dati sulla deglaciazione in atto sono impressionanti: nel 1850, al culmine della Piccola Età Glaciale iniziata sei secoli prima, l’arco alpino ospitava quasi 4.500 chilometri quadrati di superficie glaciale, ridottisi a meno di 1800 negli anni recenti secondo l’Università di Zurigo: una contrazione del 60 per cento che ci ha portati in una situazione verosimilmente inedita da almeno 5.300 anni, dacché la mummia Oetzi venne sepolta per riemergere solo nella calda estate 1991, la prima di una lunga serie.
E le simulazioni per il futuro non lasciano scampo. I ghiacciai impiegano anni a mettersi in equilibrio con il clima, e anche senza un ulteriore incremento di temperatura perderebbero un altro terzo della superficie attuale. Se poi continueremo a seguire una traiettoria ad elevate emissioni-serra, nel 2100 con le Alpi più calde di 4-5 °C se ne sarà andato oltre il 90 per cento del volume di ghiaccio presente oggi, i cui ultimi relitti incappucceranno solo i «quattromila» come il Monte Bianco e il Monte Rosa. Di tutto ciò preoccupa non tanto lo stravolgimento paesaggistico, quanto la riduzione dei deflussi idrici estivi e soprattutto l’aumento dei livelli marini. Secondo le misure satellitari della Nasa gli oceani globali sono saliti di 9 centimetri negli ultimi 25 anni, ovvero 3,5 millimetri all’anno, anche se non tutti derivanti dalla fusione glaciale. Sembrerà poco, ma forse non la pensano così gli abitanti già allagati di Giakarta, cui tra pochi decenni si aggiungeranno quelli di Grado, Venezia, Chioggia. Allora sarà evidente il filo che lega l’esistenza di un ghiacciaio e quella di milioni di persone che abitano le coste del mondo, Italia inclusa.