Corriere della Sera, 24 luglio 2019
Delitto su Second Life
VITTORIO VENETO (TREVISO) Nel videogioco Second Life avevano scelto il proprio «avatar», un personaggio per vivere una vita di avventure e di riscatto da una realtà dalla quale fuggivano sempre più spesso. Paolo era l’imperatore, Patrizia la sua principessa e Angelica la loro figlioletta di tre anni. E dentro quel mondo fittizio hanno vissuto a lungo, estraniandosi dalla realtà e dalle persone reali, muovendosi a colpi di click tra personaggi e ruoli da interpretare.
Fino al «game over» della notte del 18 luglio scorso, quando «l’imperatore» ha fatto la mossa sbagliata. Ha picchiato la «principessa». E la «figlia» per difenderla lo ha ucciso. È questo il contesto nel quale sarebbe maturato a Vittorio Veneto, poco distante da Treviso, l’omicidio di Paolo Vaj, 57 anni, ucciso a colpi di bastone e soffocato con un cuscino dalla compagna Patrizia Armellin, 52 anni e dall’amica di questa, Angelica Cormaci 24enne siciliana che viveva con loro.
Le due donne sono state arrestate con l’accusa di omicidio volontario in concorso. La giovane ha confessato subito: «L’ho fatto per Mamy», cioè per Patrizia, l’amica conosciuta quattro anni fa proprio in Second Life, quel gioco di ruolo diventato per loro vita vera. Perché ora Patrizia e Angelica si considerano madre e figlia, e così si presentano sui social e nella realtà. In un rapporto malato e morboso, che il gip Piera De Stefani, che ha disposto la custodia in carcere su richiesta del sostituto procuratore Davide Romanelli, ha definito «patologico». Un contesto che ora potrebbe diventare una carta da giocare nella strategia difensiva della due donne, assistite dagli avvocati Martina Manfredi e Stefania Giribaldi: «Non si può ignorare che tutti e tre vivessero in quel mondo virtuale che li assorbiva 24 ore su 24 – spiegano —. Non lavoravano, non si rapportavano con parenti o amici reali. Restando chiusi dentro le mura di quella casa hanno perso il contatto con la vita vera. E questo non può non aver avuto conseguenze sulla loro capacità di intendere e di volere al momento dell’omicidio». La difesa sta infatti valutando l’opportunità di chiedere una perizia psichiatrica e nominare un esperto per analizzare il gioco virtuale, i personaggi e i ruoli con i quali interagivano la vittima e le presunte assassine. Perché è lì che, sempre secondo il gip, sarebbe nata la «sudditanza psicologica» della 24enne nei confronti dell’amica. Un rapporto malato che potrebbe aver indotto la giovane anche a mentire, assumendosi tutta la responsabilità del delitto per proteggere, ancora una volta «la mamma». Per questo le due donne, secondo il giudice, avrebbero «agito con estrema determinazione, in modo cruento. Incapaci di governare i propri istinti e graduare le proprie condotte». Due donne che, strappate a quella vita irreale e isolata, ora mostrano assenza di consapevolezza e presa di distanza dal fatto commesso». Ancora immedesimate nel gioco, la «principessa» e la «figlia» dopo l’interrogatorio di convalida dell’arresto, hanno reagito male alla notizia che non sarebbero tornate a casa ma sarebbero rimaste in cella: «Perché? Ecco cosa si guadagna a dire la verità. È legittima difesa, liberateci» hanno urlato al giudice.