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 2019  luglio 24 Mercoledì calendario

I numeri di Fca un anno dopo Marchionne

Un anno dopo che cosa resta dell’eredità di Sergio Marchionne, il manager di Fca scomparso improvvisamente il 25 luglio 2018? Questione cruciale per comprendere non tanto quel che è accaduto ma ciò che potrebbe accadere nei prossimi mesi nel gruppo italo-americano dell’automobile.
Fallito il tentativo di fusione con Gm, Sergio Marchionne aveva dichiarato con nettezza quale sarebbe stato il suo compito fino alla scadenza del mandato: «In questi anni di crisi – aveva dichiarato nel 2016 – abbiamo avuto molto lavoro da fare in cucina. Ora che i nuovi modelli stanno arrivando sul mercato e che il forno torna a produrre utili, io devo pulire le pentole, lucidare le stoviglie. Insomma, lasciare tutto in ordine per chi verrà dopo di me». E questo il manager ha fatto. Al 30 giugno dello scorso anno la cucina era in ordine: i debiti del gruppo erano azzerati e le vendite generavano utili. Nel primo trimestre 2018 l’utile netto era stato di un miliardo e il gruppo generava cassa per la stessa cifra. Nel primo trimestre del 2019 (ultimo dato finanziario disponibile) l’utile netto è stato di 600 milioni e la cassa negativa per 300. Numeri in calo per effetto della diminuzione delle vendite. Il nuovo ad Mike Manley ha rassicurato la Borsa sul fatto che gli obiettivi 2019 (compresa una cassa positiva superiore al miliardo e mezzo) saranno centrati.
Il confronto tra i dati a marzo 2018 e quelli al marzo successivo dice diverse cose. La prima è che nell’ultimo periodo della sua gestione Marchionne (d’accordo con l’azionista) aveva rinviato alcuni investimenti sul prodotto per raggiungere l’azzeramento del debito. La seconda è che quella strategia comporta tempi stretti. Marchionne aveva lasciato «la cucina in ordine» perché il luccichio delle pentole invogliasse altri costruttori a un grande accordo. E così sembrava essere andata. L’intesa con Renault avrebbe consentito di raggiungere l’obiettivo di una grande fusione a condizioni favorevoli a Fca proprio perché la società si presentava senza debiti, e quindi da posizioni di forza. Lo stop alla fusione, arrivato nella notte tra il 5 il 6 giugno scorso, ha rimesso tutto in discussione, creando qualche problema di prospettiva.
Per rimanere nella metafora di Marchionne infatti le pentole, in cucina, non restano lucide in eterno. Nel senso che per mantenere i conti attivi è necessario riprendere le vendite (in Italia Fca ha oggi il 25 per cento del mercato). E per riprendere le vendite è necessario accelerare l’uscita dei nuovi modelli (il primo, la 500 elettrica, arriverà all’inizio del 2020) con nuovi investimenti. Una situazione di equilibrio molto delicato. L’eredità di Sergio Marchionne, la possibilità di arrivare a una grande fusione, ha dunque i tempi abbastanza stretti. Ed è questo il nodo che il Lingotto deve affrontare. Mike Manley ha detto chiaramente, in occasione della presentazione dei dati trimestrali 2019 che «Fca è nelle condizioni di partecipare al processo di consolidamento del settore che avverrà nei prossimi due-tre anni». Probabilmente quando il manager parlava av eva in testa tempi più stretti e certamente pensava alla trattativa in corso all’epoca con i francesi di Renault. Ma ancora oggi il ragionamento resta valido. Il consolidamento, la grande alleanza che Sergio Marchionne non riuscì a realizzare durante la sua gestione, è ancora oggi la prospettiva di medio periodo di Fca. Un destino inevitabile non solo per il gruppo presieduto da John Elkann ma un po’ per tutti i costruttori. Oggi sembra ancora abbastanza difficile una ripresa delle trattative con Parigi, aupiscata da diversi rumors di provenienza francese e sempre seccamente smentita da Torino. Ma è certo che prima o poi un’alleanza arriverà. Perché, nonostante le ironie con cui venne accolta, la tesi enunciata da Marchionne il 29 aprile 2015 sembra tuttora valida: l’industria dell’auto divora capitali che potrebbe risparmiare con alleanze e fusioni. «Perché – disse un giorno il manager – questa industria è come un forno: se sbagli investimento brucia tutto. se lo azzecchi fa pane buono in gran quantità».