Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2019  luglio 23 Martedì calendario

Intervista al nutrizionista Henri Chenot

Henri Chenot (1943), franco-catalano, ma altoatesino d’adozione, è uno dei nutrizionisti di riferimento. Ha creato una multinazionale del vivere sano inventandosi pure una disciplina: la biontologia in cui ha fatto convergere gli studi in biologia, antropologia, filosofia, medicina cinese, psicologia bioenergetica e naturopatia. Agli inizi degli anni Settanta, ha avviato il primo di una serie di laboratori di fitocosmetica e fitoterapia. Da 45 anni, con la moglie Dominique al fianco, è al timone di una galassia di centri di salute e benessere dove è impresso il suo marchio: la C che contiene una tondeggiante H. Chenot è presente in Svizzera, sede della società, in Azerbaijan, Svizzera, Russia, Montenegro, Grecia, Marocco. E in Italia, con un spazio all’Alberata di Erbusco e un intero palazzo a Merano, l’Espace Henri Chenot. Chenot mette in riga imprenditori, sportivi, teste coronate, e celebrità varie. Per la verità, «per me lo stato sociale non conta. Sono tutti uguali» precisa. Basta che seguano il suo metodo e rispettino la dieta detox.
Sono le 8.30 del mattino. Orario insolito per un’intervista. A che ora inizia la sua giornata?
«Alle 6. Mi alzo e leggo i giornali. Voglio essere pronto per le 8, quando tutti iniziano a lavorare».
Quanti giornali legge?
«Almeno quattro quotidiani, e poi riviste. Leggo tanta stampa italiana, nazionale ma anche locale. Stando a Merano, leggo sempre l’Alto Adige, per esempio».
Così, il re del detox, inizia la giornata intossicandosi di brutte notizie?
«Non mi lascio intossicare. So interpretare gli articoli, soprattutto certi articoli. So chi e come leggere». 
Dicono che divori libri.
«Impazzisco per i libri. Ieri, ne ho comprati tre. Non dico che siano la mia vita, ma quasi. Ho cinque biblioteche, tre nella casa di Cannes e le altre a Merano. Leggere è fondamentale. Peccato che la gente legga così poco. Si vede e si sente».
Romanzi?
«Di tutto. Guardi qui. I grandi classici francesi, Chateaubriand, Baudelaire, Dumas, Camus, Verlaine. Ho poi un principio: seguire gli autori che leggo da anni per vederne evoluzioni e involuzioni. Lo trovo interessante. Poi capita che mi finiscano tra le mani libri ridicoli, come questo che tratta della dieta per i figli che hanno sempre fame. Mah, meglio diffidare».
Una chicca della sua biblioteca?
«L’Enciclopedia dei mestieri legati alla bocca». 
È alla testa di una multinazionale della salute. Quando trova il tempo per leggere?
«Al mattino sempre, poi nei ritagli di tempo. Ah, ecco un altro libro interessante, è di pedagogia. L’ho comprato perché sono diventato nonno. Sarà utile per mia figlia, fa capire come sia opportuno concentrarsi sull’essenziale. Nella fase della vecchiaia si fa ordine, si spazzano via le cose inutili. Si comprende che è la sintesi a contare».
Cos’è la salute?
«È l’equilibrio tra il nostro codice genetico, lo stile di vita, l’età e l’ambiente. Per essere in buona salute occorre essere in armonia con se stessi. Ci si ammala quando si rompe questo equilibrio». 
Quanto è fondamentale «sapere» nell’alimentazione?
«Quando si parla di salute, la consapevolezza diventa una priorità. Ho visto troppi pazienti mettere in pericolo la propria salute per ignoranza, intesa come mancanza di conoscenza sebbene qui, nei Paesi sviluppati, possiamo avere accesso a tutte le conoscenze che ci riguardano. L’educazione alla salute dovrebbe iniziare fin dalle scuole elementari».
Però una cosa è sapere, l’altra è saper fare, applicare.
«Si tende a sottovalutare questo aspetto, preferendo ridurlo a schemi preconfezionati, come quelli che circolano sulle riviste. Come se i regimi dietetici fossero paragonabili agli stili nel settore della moda, e li potessimo cambiare in base all’umore del momento. Peccato che molti di questi regimi dietetici possano rivelarsi dannosi per la salute: la dietetica non è una moda, ma una scienza seria, in continua evoluzione».
Torniamo a lei. Oltre alla lettura, un’altra sana attitudine di Chenot?
«La camminata quotidiana di un’ora, un’ora e mezzo. A Merano c’è un sentiero fantastico. Tanti lo percorrono in gruppo. Io preferisco una passeggiata in solitudine: io e i miei pensieri. Il movimento è necessario per la nostra salute. Il movimento fa parte di noi, ci appartiene. Un corpo sano fin dalla nascita ricerca spontaneamente il movimento, per questo chi non fa regolare attività motoria si espone a rischi di malattie cardiovascolari, ipertensione, obesità e disordini muscolo-scheletrici».
Da imprenditore francese da anni in Italia, a capo di una compagnia che ha sede in Svizzera, a contatto con clientela internazionale: come vede l’Italia?
«L’Italia va capita. Non bisogna buttarla via. Per esempio, a Merano siamo in una regione autonoma quindi ci sono relazioni particolari. Se vai in Sicilia trovi un altro contesto. A Napoli trovi la contraffazione legalizzata. Queste diversificazioni vanno comprese e gestite». 
Prossimi progetti?
«Andare in pensione. Mi correggo. Non è che molli del tutto, però riduco. Sa, mi avvicino agli ottant’anni. Ho una bella squadra, ottimi collaboratori. Ci sono i miei figli. Posso dare direttive, supervisionare, riducendo però la mia presenza».
A Merano ha 220 dipendenti, organizzati in cooperativa. Perché la scelta della cooperativa?
«Prendiamo un massaggiatore, quando arriva a 50 anni non può tenere il ritmo di sempre, fare massaggi otto ore al giorno diventa veramente pesante. In un sistema di cooperativa l’uno passa le cabine al collega. C’è scambio e collaborazione, un aiuto reciproco. Realizzai questo sistema tanti anni fa, pienamente soddisfatto».
La clientela viene da tutto il mondo?
«A Merano abbiamo 90 nazionalità. Tanti russi. Tra cui il ministro delle tasse, che è pure amico mio».
A proposito. Politici italiani fedeli all’Hotel Palace di Merano?
«Silvio Berlusconi per esempio». 
Vero che bastano otto giorni per apprendere il metodo Chenot? 
«Sì, però finita la settimana di trattamenti, lasciamo libri, tabelle. Bisogna leggere, documentarsi e applicare. Questo è il punto. C’è gente che esce da qui, applica per tre mesi e poi abbandona tornando alle cattive abitudini di prima».
Tra i clienti avete leggende dello sport come Serena Williams, Valentino, Totti, Zidane. Uno sportivo su cosa deve lavorare? 
«Data la professione, dovrebbe sapersi alimentare, fa esercizio fisico. Dipende dalla tipologia di sport e dall’età dello sportivo. E comunque famosi o no, sportivo o no, per me, quando entrano qui, sono tutti uguali».
Un’abitudine alimentare comunissima ma che andrebbe assolutamente cambiata?
«Più che abitudine, la chiamerei atteggiamento: la velocità. Si mangia troppo in fretta e non si mastica bene. Bisogna triturare bene, con calma. Per questo bisogna curare per bene i denti. Devono funzionare. Poi non si dovrebbe bere durante i pasti».
Quando allora? E cosa?
«Prima o dopo. Io bevo acqua con il limone. Ogni tanto un bicchiere di vino, ma dopo avere consumato la cena».
Va al ristorante?
«Per i compleanni dei miei amici. Siamo cinque-sei amici, si va al ristorante per queste occasioni. Però poi per i giorni successivi faccio molta attenzione, più di prima».
Cosa pensa dei vegani?
«È una religione».
E dei vegetariani?
«Come dicevo, non mi interessa il livello sociale del cliente. Ricco o povero».
Rimane un cultore della medicina cinese?
«Al punto che sto programmando un altro viaggio in Cina. Cinque anni fa, incontrai l’unico medico cinese sopravvissuto. I grandi medici erano stati ammazzati da Mao. Lui si rifugiò in montagna e sopravvisse. Ho studiato la medicina cinese dalla a alla zeta, per questo mi informarono di questo medico».
A proposito di Cina. Cosa succede ai suoi abitanti? Erano fuscelli e ora si va verso la taglia L... 
«Mangiano come gli europei. Alla base c’è il facile accesso all’alimentazione, si acquista cibo dappertutto e si assumono i pasti a qualsiasi ora. Per non parlare dei distributori automatici di caramelle e bevande zuccherate».

E addio peso forma. Che fare per mantenerlo
«Pensando, come obiettivo, non il raggiungimento del peso dei propri sogni, ma quello della propria salute e personalità. Il lifestyle italiano – con annessi stereotipi, come lo stare a tavola per ore – è famoso in tutto il mondo». 
Ma cosa continua a funzionare del nostro stile di vita?
«La pasta. Io l’adoro. Per il resto le nuove generazioni stanno cambiando e con esse anche lo stile di vita». 
Siamo quel che mangiamo, facciamo ed ereditiamo. Se già tanto è scritto nel dna: che fare?
«Adattiamo il nostro stile di vita all’eredità che abbiamo ricevuto. Una corretta igiene di vita, accompagnata da una sana alimentazione e da un’attività fisica adeguata all’età. Sono tutte cose che contribuiscono a limitare i difetti scritti nella nostra genetica e a prevenire disturbi e malattie come l’eccesso di peso, il cancro, la depressione».
La regola numero uno o che comunque che vale per tutti?
«La regola delle 24 ore: l’essere umano non può assimilare e digerire una quantità di alimenti e di bevande superiore ai suoi bisogni quotidiani. Tutto quanto è in eccesso penalizza l’equilibrio fisiologico».
A partire dai 35 anni si ha il primo rallentamento ormonale e digestivo. Quindi?
«Ogni sette anni il nostro organismo subisce un cambiamento e ciò si verifica durante l’intero arco della vita. Dai 7 ai 14 anni si sviluppa l’identità sessuale, dai 14 ai 21 la crescita tocca il culmine eccetera, dai 56 anni in avanti dobbiamo prestare attenzione alla nostra memoria e tenerla allenata». 
Come?
«Biblioteca. Leggere, leggere, leggere».
La irrita quando si parla di Chenot come di un guru del dimagrimento?
«Sì perché noi ci occupiamo di salute, del pieno utilizzo del proprio potenziale mentale e fisico, della prevenzione della malattia, della difesa del benessere in tutte le fasi della vita, del recupero dello stato di benessere dopo una malattia o un infortunio».
Che fare per prevenire malattie?
«Alla base dello sviluppo di una malattia esiste sempre uno stato di tossiemia. La principale prevenzione dei processi patologici è quindi la detossinazione periodica, seguita da un’accurata attenzione quotidiana allo stile di vita nella fase di mantenimento».
Che fare per invecchiare al meglio?
«Evitare uno scorretto stile di vita, quindi la cattiva alimentazione, l’assenza o carenza di attività fisica e troppo stress. È possibile invecchiare in uno stato di benessere generale se ci si prende cura del proprio corpo in maniera corretta».
Ha definito il suo approccio «biontologia». Ma cos’è esattamente?
«Definisce il concetto di scienza della salute strettamente collegato ai mutamenti che il passare del tempo genera sul nostro organismo. Una disciplina che studia l’essenza (ontologia) della vita (bios in greco) e la sua evoluzione. Con la biontologia approfondisco i cambiamenti che si verificano nell’organismo con il trascorrere del tempo, mi baso su una visione olistica dell’uomo».