Libero, 23 luglio 2019
Le grandi amicizie tra scrittori
Come sono gli scrittori fra di loro? Odiosi, di solito: invidiosi, malevoli, sempre pronti a sottolineare con sarcasmo e derisioni cadute e insuccessi dei colleghi-rivali. Questa, in effetti, è la vulgata. Ma, per fortuna, non sempre è così: esistono anche esempi di rapporti positivi fra scrittori, e amicizie che hanno cambiato la storia della letteratura: a loro è dedicato Là dove non c’è tenebra. Storie di amicizia tra scrittori (Edizioni Ares, 208 p., 14 euro), di Paolo Gulisano, autore di romanzi e saggi che dichiarano la fascinazione per il fantastico e il fantasy. In capitoli brevi e freschi, Gulisano fa rivivere celebri coppie amicali: partiamo dall’ultima, quella formata da John Ronald Reuel Tolkien e Clive Staples Lewis, colti nella serata del 19 settembre 1931, quando, in compagnia del filosofo Henry Victor Dyson, si trovano a passeggiare per i prati del Magdalen College a Oxford. Argomento di conversazione sono metafore e miti, che per Lewis sono menzogne, avvolte in vesti preziose, belle da leggere e ascoltare, ma pur sempre falsità. E Tolkien, pur se simpatico e intelligente, agli occhi di Lewis, irlandese e protestante, cresciuto fra le parate orangiste del 12 luglio, resta sempre un cattolico romano, da guardare con sospetto. Ma quella conversazione segna nel profondo Lewis, che dieci giorni dopo, scrivendo all’amico Arthur Greeeves gli annuncia la sua conversione al cattolicesimo. Negli anni successivi, Tolkien con Lo Hobbit e col Signore degli anelli e Lewis con Le Cronache di Narnia riscopriranno e rivitalizzeranno in pieno Novecento la fiaba, il mito, l’epos, dando loro un’impronta cristiana. Ci sono poi amicizie che nascono fra autori diversissimi, per carattere e talenti, come fra il bellunese Dino Buzzati e il campano Gaetano Afeltra. Colleghi e amici (cosa non frequente), incontratisi nella città che per decenni è stata il sogno di tanti italiani che vennero a cercare lavoro e fortuna: Milano, anzi, la Gran Milàn, generosa e aperta, pronta ad accogliere tutti, e a tutti dare un’opportunità, posto che volessero rimboccarsi le maniche.
GIGANTI DEL NOVECENTO
Alcune amicizie hanno cambiato il corso della letteratura: senza il suo insegnante di inglese, un irlandese finito a insegnare alla Bertliz School di Trieste – nientemeno che James Joyce! – Italo Svevo sarebbe rimasto per tutti Ettore Schmitz, agiato commerciante con all’attivo due romanzi, Una vita e Senilità, passati pressoché inosservati a critica e a pubblico. Come disse Prezzolini, senza Joyce, nessuno in Italia «si sarebbe preso la pena di leggere i romanzi di Svevo». Anche Ezra Pound aiutò più d’uno scrittore a emergere (a Pound per esempio Joyce deve la pubblicazione dell’Ulisse): ma Gulisano ricorda soprattutto l’amicizia con Eliot. Questi due giganti del Novecento erano americani che avevano scelto come patria d’elezione l’Europa: Eliot l’Inghilterra, Pound l’Italia. Per The Waste Land – La terra desolata Eliot ebbe un aiuto fondamentale da Pound, che revisionò a fondo il testo, meritandosi la dedica in cui Eliot lo definisce “il miglior fabbro”, citando la definzione che nel Purgatorio dantesco Guinizelli dà del trovatore Arnaut Daniel, maestro del trobar clus, del comporre alto e arduo. Eliot non dimenticò quanto ricevuto: quando Pound cadde in disgrazia, nel 1945, e fu internato nel manicomio criminale di St. Elizabeths a Washington, Eliot si adoperò per fargli vincere il premio Bollingen, lo andò a trovare, e insieme con Hemingway e Frost promosse la petizione per farlo scarcerare. Altre volte, le amicizie tra scrittori sono competitive e conflittuali, come quella che legò Ernest Hemingway e Francis Scott Fitzgerald: l’autore di Fiesta, senza Fitzgerald, sarebbe rimasto un giovane sconosciuto di belle speranze, col pallino delle corride. Msi a Francis nel 1924 presentò Ernest a Max Perkins, leggendario editor, che era stato determinante per la stesura del Grande Gatsby: nacquero così capolavori come Per chi suona la campana. Certo è che Ernest e Francis non filarono sempre d’amore e d’accordo: Gulisano cita un incontro di boxe nel 1929, in cui Hemingway le avrebbe prese di santa ragione dallo scrittore canadese Morley Callaghan, con Fitzgerald come arbitro: a quanto pare da qui scaturì una lite che incrinò i rapporti tra Francis ed Ernest. Gulisano racconta anche di amicizie fra uomo e donna, sodalizi intellettuali senza complicazioni amorose, come quello fra Yeats e Lady Gregory; altre volte, il rapporto evolve in amore, come quello che legò Tess Gallagher, grande poetessa e grande donna, a Raymond Carver, cui Tess rischiarò gli ultimi anni. Si incontrano amicizie femminili senza invidia, anche quando una scrittrice è molto più nota dell’altra, come nel caso di Charlotte Brontë e di Elizabeth Gaskell, che dell’amica fu anche la prima biografa, o, nel Novecento, fra Anne Sexton e Sylvia Plath, poetesse, entrambe suicide. Maqueste amicizie letterarie sono per prima cosa rapporti umani, alla base dei quali c’è lo stesso meccanismo di riconoscimento di ogni amicizia: guardare nella stessa direzione, e, spesso, vedere insieme quel che altri non vedono.