La Stampa, 23 luglio 2019
Il fenomeno Caeleb Dressel
Se Caeleb Dressel fosse Phelps non avrebbe nuotato i 50 farfalla, invece lui li ha vinti, dominati con il record continentale (22"35), festeggiati. Non sono una distanza olimpica ma sono suoi e per la prima volta pure degli Usa.
Dressel è un altro capitolo nella lista dei campioni seriali, ha accumulato sette ori Mondiali in una sola edizione, due anni fa, come mister nuoto nel 2007, ora tenta la rincorsa a otto, forse a nove e soprattutto potrebbe presentarsi ai Giochi di Tokyo con otto gare davanti. Un numero diventato mito.
Michael si «fermò» a sette
Avanti il prossimo in grado di sfidare gli dei dello sport, un atleta molto diverso destinato a incrociare il nome di chi l’ha preceduto a ogni evento e deciso a lasciare che sia: «Non sono interessato a diventare il prossimo Phelps, il prossimo nessuno». Ogni volta che qualcuno prova a distinguere tra il suo elenco di gare e quello di Pheps si annoia subito. Nuota dove si diverte, anche nei 50 farfalla sempre snobbati dalla nazionale che concepisce solo distanze a Cinque cerchi e infatti non li aveva mai visti prima. Restano gli 800 e i 50 rana fuori dalla bacheca, il mezzofondo è parte dei Giochi da Tokyo e prima o poi qualcuno li farà sul serio, mentre la rana sprint dovrà aspettare un altro Dressel. Un ufo.
Non marziano delle piscine, anche se è grosso è veloce, proprio un ragazzo che vive spesso in un universo a parte, che ha bisogno di isolarsi, ha scambiato l’università per casa e l’allenatore per saggio. Legato al suo gruppo, i Gators che lo dici e sembra una confraternita da salutare in età adulta e invece per lui è appartenenza. Ha il simbolo, il coccodrillo, tatuato sull’avambraccio, tra gli altri animali che si porta addosso, l’aquila americana e l’orso per nulla amichevole. Famiglia, patria e avvertimento: non venitemi troppo vicino.
Aveva pensato di smettere
Oggi, a 22 anni, la sua agenda della settimana dice: 100 farfalla, 100 stile libero, due staffette uomini e donne mescolati e un’altra mista. Più gare di squadra di quante ne facesse Phelps e il tecnico, Troy, quello di Lochte, potrebbe aggiungere una 4x200 anche perché se intende tentare la scalata alle otto fatiche olimpiche deve trovare sfoghi possibili: lì c’è una sola staffetta mista, sia di genere sia di stile, e non ci sono i 50 farfalla che lo hanno divertito tanto. Nel 2014, promettente talento, aveva deciso di smettere. Un cedimento, rifiuto per uno sport troppo invadente. Ci ha ripensato, però ancora sparisce per giorni quando la corsia gli va stretta. Avverte, scrive che ha bisogno di fiato e se ne va, di solito a trovare sua madre. Il giorno in cui capisce di poter tornare, spedisce la foto di una piscina e si ripresenta. Educato e solitario. Pure prima dello start ha un momento di raccoglimento dietro al blocco, con la bandana, regalo di un’insegnante malata di cancro che è morta qualche anno fa.
Dressel non dimentica le persone che hanno costruito la sua esistenza. Una volta introverso, oggi solo riservato e in allerta se qualcuno prova a far scattare la trappola del paragone. Phelps è un punto di riferimento per chiunque, bene, però Dressel è di un’altra pasta. Leggi i libri sulle arti marziali di Bruce Lee per trovare concentrazione «solo se sei rilassato liberi la potenza».