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 2019  luglio 23 Martedì calendario

Biografia di Jennifer Lopez

Jennifer Lopez (Jennifer Lynn López Rodríguez), nata a New York il 24 luglio 1969 (50 anni). Attrice. Cantante. Ballerina. Oltre 80 milioni di dischi venduti nel mondo. «Più che una diva è una donna-impresa. Un’impresa che va a gonfie vele» (Silvia Bizio). «Sono una ballerina che voleva essere una cantante che è diventata un’attrice. E che ad un certo punto ha avuto la possibilità di cantare. Mi sembra la quadratura del cerchio. Mi piace pensare di essere un’artista completa» • Seconda delle tre figlie di un tecnico informatico e di una casalinga, portoricani cattolici trasferitisi nel Bronx di New York. «All’epoca il mio quartiere era un vero crogiolo culturale fatto di musica di tutti i tipi – salsa, hip hop, pop – e di gente diversissima. Si cresceva in strada, e quando cresci in strada cresci con una frenesia diversa, che ti porti dentro tutta la vita» (a Simona Siri). «Sono cresciuta ascoltando melodie e ritmi musicali molto diversi. Ero ancora a scuola quando The Sugarhill Gang ha cambiato la mia vita. Poi arrivavo a casa e la mamma ascoltava Celia Cruz, Tito Puente o Diana Ross. Questa è stata la colonna sonora della mia giovinezza, e quando ho inciso il mio primo disco ho messo insieme tutte queste atmosfere musicali. È soul latino». Appassionata di canto e ballo sin da età prescolare, «Jennifer Lopez ha sempre sognato di diventare una star. “Ricordo gli interminabili viaggi in metropolitana per raggiungere la Preston High School. Non facevo che pensare al giorno in cui sarei diventata una cantante”» (Honie Stevens). «Attraversai l’high school e approdai all’università, facoltà di Legge: volevo diventare avvocato. Per mantenermi lavoravo in uno studio legale, e quel clima mi piaceva». Abbandonò però gli studi dopo il primo semestre, per inseguire il suo sogno di bambina. «A sua madre per poco non venne un colpo. […] “Voleva che terminassi il college. Mio padre disse che ero una pazza. Dissi: mi prendo un anno di tempo, se non succede niente torno all’università. Grazie a Dio, non ho dovuto farlo: dubito che mi sarei laureata”» (Giuseppe Videtti). «I miei genitori […] dissero […] che nessun latino ce l’aveva mai fatta. Per me è stata una sfida fin dall’inizio. Frequentai una scuola di danza e per arrotondare facevo la comparsa in qualche videoclip per 50 dollari. Grazie a Dio non sono stata costretta a fare la cubista. Per molte ragazze è stata una trappola: quando guadagni 500 dollari a notte, è facile convincersi che in fondo mostrare le tette non è un sacrilegio. Le cose cominciarono ad andar meglio quando fui scritturata per ballare nel video di That’s the Way Love Goes di Janet Jackson e, successivamente, nello spettacolo televisivo In Living Color”. I suoi genitori non avevano torto a metterla in guardia. All’inizio di carriera, quando non era ancora diventata il sex symbol che è oggi, il cognome che portava non le fu d’aiuto. “‘Lopez? Sì, potrebbe andare bene per quella scena in cui una donna latina…’. Finiva inevitabilmente così. Non mi meraviglia che tante attrici del passato con cognomi latini avessero usato degli pseudonimi. Dolores del Río e Rita Moreno furono delle eccezioni, ma Margarita Carmen Cansino si fece chiamare Rita Hayworth”» (Stevens). «La madre non voleva che facesse cinema. “Un giorno la chiamai in lacrime, cercando il suo sostegno dopo un provino andato male”, racconta la Lopez: “Ma lei mi disse: ‘Non chiamarmi più piangendo! Volevi far parte di questo mondo? Allora fatti forza!’. È stata la sua migliore lezione”» (Silvia Bizio). «Il mio primo lavoro come attrice è stato in un episodio pilota di una cosa chiamata South Central per la Fox. Era un lavoro per cui mi aveva raccomandata una mia collega di In Living Color perché suo marito ero lo sceneggiatore e produttore, ma era talmente orribile che è finito ancora prima di cominciare. Credo che mi abbiano pagato poche migliaia di dollari, e non ho nessun ricordo di come li ho spesi. Probabilmente ci ho pagato le carte di credito». «Fu nel 1995 che Jennifer Lopez sfondò sul grande schermo, nel ruolo di una giovane madre nel film Mi familia. Successivamente girò Money Train, accanto a Woody Harrelson e Wesley Snipes, e Jack. Il momento magico arrivò quando le chiesero di interpretare la parte della giovane cantante tejana Selena, uccisa a 23 anni dal presidente del suo fan club, nell’omonimo film. Fu poi la volta di Blood and Wine accanto a Jack Nicholson, U Turn, Out of Sight con George Clooney, il thriller futuristico The Cell» (Stevens). «Ma sono le cronache rosa a fare di Jennifer una vera diva. Succede quando questa latina dal sex appeal prorompente (nessuno spettatore ha dimenticato l’inquadratura del suo fondoschiena in una scena di U Turn che sembra girata da Tinto Brass) conquista il bostoniano Ben Affleck, essenza del “wasp”, e dà inizio al feuilleton “Bennifer”, adorato da tutti i tabloid nazionali. L’attore era così stregato che all’apice del loro innamoramento comprò una pagina intera sui due quotidiani di settore, Variety e Hollywood Reporter, per un elogio pubblico di Jennifer, che recitava più o meno così: la più brava, bella, talentuosa, generosa, straordinaria, emozionante, la più fraintesa, la più sottovalutata. Accadeva al tempo delle riprese di Gigli, la loro commedia noir miseramente fallita, elencata tra i peggiori film del 2003. Forse l’unico vero passo falso della Lopez. A parte quella notte del dicembre del 1999 in cui finì in guardiola in seguito a una sparatoria tra i membri di una gang e le guardie del corpo dell’impresario rap Puff Daddy, allora suo fidanzato. La Lopez venne liberata, e scagionata di qualsiasi accusa, dopo poche ore di “umiliazione tremenda e totale prostrazione”, come disse lei in lacrime. Qualche altro errore di gioventù continua a perseguitarla dai siti porno sul web. […] Non si sono mai viste, invece, le foto a cui J.Lo teneva di più: quelle per un servizio che nel ’99 doveva essere la copertina di Vogue, ma che fu bocciato dalla direttrice Anna Wintour. Malgrado gli sforzi di fotografo, truccatore e stilista non c’era uno scatto in cui la diva fosse abbastanza chic per Vogue, sentenziò la direttrice. Ma sono piccoli incidenti. J.Lo è stata la prima attrice di origine ispanica a riceve salari multimilionari: cinque milioni di dollari per The Cell, dieci per The Wedding Planner e Un amore a 5 stelle, 15 per Monster-in-Law» (Bizio). Nel frattempo, dopo quella di ballerina e quella di attrice, la Lopez aveva avviato la sua carriera di cantante pop. Nel 1999, infatti, «la Sony la lancia con il suo primo cd, che s’intitola On the 6. Il “6” in questione era il numero del treno – ricorda Jennifer – "che ha punteggiato la mia esistenza, con cui dal Bronx andavo a Manhattan per i provini, per le lezioni di danza, per andare a ballare". Quasi scontato, quindi, che per il suo esordio musicale […] la Lopez voglia risalire a quelle origini» (Fabio Galvano). Nonostante la pochezza dei testi e le qualità canore non eccelse dell’interprete, grazie a un abile arrangiamento musicale e a una sapiente campagna promozionale il disco ebbe grande successo, vendendo milioni di copie, negli Stati Uniti come nel resto del mondo. Ancor maggiore successo ebbe due anni dopo il secondo album, J.Lo, con cui raggiunse addirittura la prima posizione nelle classifiche degli Stati Uniti e di molti altri Paesi (tra cui Canada, Germania, Spagna e Svizzera), nello stesso momento in cui anche l’ultimo film da lei interpretato, Prima o poi mi sposo, si attestava primo al botteghino in patria. Seguì, nel 2002, il terzo album, This is me… Then, ultimo grande colpo discografico della cantante: nessuno degli album successivi (Rebirth, 2005; Como Ama una Mujer, 2007; Brave, 2007; Love?, 2011; A.K.A., 2014) raggiunse infatti i medesimi livelli di popolarità, pur mantenendo volumi di vendita più che soddisfacenti (soprattutto Rebirth, Como Ama una Mujer e Love?). In quanto alla sua parallela carriera cinematografica, dopo essere diventata nei primi anni Duemila l’attrice latinoamericana più pagata della storia di Hollywood, con i grandi successi di Un amore a 5 stelle (2002), Shall We Dance? (2004) e Quel mostro di suocera (2005), la Lopez diradò, anche per seguire la crescita dei suoi figli, le sue apparizioni sul grande schermo, per farvi poi ritorno con Piacere, sono un po’ incinta (2010), seguìto da Che cosa aspettarsi quando si aspetta (2012) e Il ragazzo della porta accanto (2015), generalmente accolti molto meglio dal pubblico che dalla critica. Da ultimo, nel 2018 è stata interprete e produttore esecutivo della commedia Ricomincio da me, in cui «interpreta Maya, quarantenne fidanzata con l’assistente manager di un grande negozio del Queens (Milo Ventimiglia). Una che si è fatta da sola, ma che non ha potuto studiare, così la promozione l’avrà il collega laureato. Eppure lei non molla, e riesce a mostrare il proprio valore, misurandosi alla pari con persone di una classe sociale che non è la sua. Il messaggio è chiaro, ed è anche l’essenza della vita di J.Lo. Dal Bronx ai grattacieli di Manhattan, […] non importa chi sei: importa cosa vuoi diventare. Quanto c’è di lei in Maya? “Siamo entrambe newyorkesi, condividiamo la stessa sensibilità, siamo cresciute in modo simile. Se non fossi diventata cantante e attrice, forse sarei anch’io commessa in un negozio. Maya vuole di più dalla vita, come l’ho voluto io. È ambiziosa, è stata calpestata, ma non molla”. Maya prende il treno dal Queens per andare a Manhattan e guarda la città da lontano, come se fosse un sogno. “È un mondo molto diverso, quando vivi nei quartieri esterni e arrivi nella grande città. È un viaggio così lungo che è come andare su un altro pianeta. Il mio primo album si intitolava On the 6 proprio per quello. Solo chi l’ha percorso sa che cosa significa arrivare in centro in cerca di una vita, e quanto sia eccitante quando poi ce la fai”» (Siri). «Il suo prossimo impegno al cinema sarà Hustlers. Il film, basato sull’articolo The Hustlers at Scores firmato da Jessica Pressler e pubblicato sul New York Magazine, è incentrato sulla vera storia di un gruppo di spogliarelliste di New York che riesce a truffare uomini d’affari di Wall Street, assidui frequentatori dei locali a luci rosse. Jennifer Lopez interpreterà Ramona, a capo del gruppo delle stripper» (Niccolò Sandroni). In quanto alla sua attività in ambito musicale, dopo essersi esibita per quasi tre anni nello spettacolo permanente Jennifer Lopez: All I Have al Planet Hollywood Resort & Casino di Las Vegas, nel giugno 2019 la Lopez ha dato inizio a It’s My Party, la tournée internazionale organizzata per festeggiare insieme il compimento dei suoi cinquant’anni e il raggiungimento dei vent’anni di carriera canora. Da tempo, però, si è cimentata anche in attività imprenditoriali, dapprima sfruttando il suo marchio «J.Lo» per lanciare linee di profumi, cosmetici, abbigliamento e accessori, poi investendo il suo patrimonio in progetti più complessi, senza porre limiti alla propria ambizione. «Delle sue tante trasformazioni – ragazza del Bronx, fidanzata del rapper, stella di Hollywood, diva latina – questa ultima […] potrebbe essere rubricata come “donna che si è fatta brand”. Non che prima non lo fosse, ma il passaggio da artista a ceo è più evidente oggi che in passato, anche grazie al fidanzamento con Alex Rodriguez, ex campione di baseball famoso soprattutto per i passati flirt – Madonna, Kate Hudson, Cameron Diaz – convertitosi in commentatore e uomo d’affari. Insieme, in meno di due anni, i “J-Rod” sono diventati una delle coppie più in vista dello spettacolo, molto presenti sui giornali, protagonisti della vita sociale di Manhattan, dove abitano per gran parte del tempo. Qui svolgono affari immobiliari di alto livello […] e si dedicano ad azioni benefiche come i fondi raccolti per Portorico dopo l’uragano Maria. Fanno, insomma, quello che ci si aspetta da una “power couple” con ambizioni che vanno oltre lo spettacolo, e che magari abbracciano… la politica? “Certo che ci pensiamo, al fatto che insieme abbiamo potere”. Quindi potremmo vedervi alla Casa Bianca? “Chissà”, risponde seria J.Lo, senza specificare chi dei due sarebbe il presidente» (Siri) • «“So quello che voglio, sono più consapevole. Sono anche molto soddisfatta di quello che ho ottenuto, ma ci tengo ad andare avanti: sento di poter imparare e crescere ancora. […] Mi sento realizzata. Anzi, sono proprio eccitata, perché per le donne è cominciata l’era della rivincita”. Quindi continuerà ad alternarsi tra palchi e schermi? “Ci può contare. Da qualche tempo, poi, sono anche molto impegnata come produttrice, e questo mi dà proprio l’impressione di avere tra le mani le redini della mia esistenza. […] Voglio continuare su questa strada. Realizzare progetti che possano ispirare altre donne: so di avere le carte in regola per farlo. In fondo, a Hollywood, mi considerano ancora la Jennifer del Bronx, una che fa sempre di testa sua”» (Alessandra Mattanza) • Vita sentimentale alquanto movimentata. «Nel febbraio 1997 Jennifer si sposa una prima volta con il cameriere cubano Ojani Noa, ma divorziano un anno dopo. Il 29 settembre 2001 sposa il ballerino Cris Judd, da cui divorzia ufficialmente nel giugno 2002. Tra i due ha vissuto la storia con Puff Daddy, mentre dopo il secondo divorzio inizia la relazione con Ben Affleck, che si chiude nel 2004, anno in cui la coppia si sarebbe dovuta sposare. In seguito Jennifer si avvicina all’amico d’infanzia Marc Anthony, stella della musica latina, che sposa nel giugno 2004. La coppia ha avuto due gemelli, Maximilian David e Emme Maribel, nati il 22 febbraio 2008, ma si separa nel luglio 2011 e divorzia ufficialmente nel giugno 2014. Poi si lega al ballerino Casper Smart, al cantante Drake e infine, nel 2017, all’ex giocatore di baseball Alexander Rodriguez: nel marzo del 2019 la coppia ha annunciato con una foto su Instagram che si sposerà» (Simona Movilia) • Particolarmente nota e apprezzata la generosa e prominente rotondità dei suoi glutei, da lei stessa reiteratamente sottolineata, soprattutto agli inizi, per attirare maggiori attenzioni su di sé. «Le dà fastidio o la lusinga essere definita il più bel sedere d’America? “Non posso biasimare nessuno, perché è una cosa che in parte ho istigato io stessa. Da ragazza avevo il complesso del sedere troppo grosso, così nelle prime interviste raccontavo ingenuamente di questo mio problema, tanto per mettere le mani avanti, insomma. Ovviamente l’attenzione della gente si è concentrata lì”. Quando abitava nel Bronx la chiamavano “la guitarra”, proprio a causa del suo corpo sinuoso» (Stevens). «“Big bottom, ehi, big bottom! Culona, ehi, dico a te”. Big bottom. Culona. Grosse chiappe. Queste cose mi ferivano allora. Avevo 9 anni, e il sedere già imponente. E per quello mi deprimevo: quello era il principio dei miei complessi. “Sciocchina”, cercava di incoraggiarmi mia madre. […] “Noialtre portoricane”, diceva mia madre, “siamo fatte così, per via di quel filo, o di quel torrente, di sangue nero che ci circola dentro: abbiamo il didietro bello sporgente, bello rotondo, bello sodo. Bello, insomma. Come le nere, come le africane. È un bene ereditario: gli uomini ci amano anche per questa ricchezza, che le caucasiche di Manhattan, anemiche e secche, sotto sotto c’invidiano”. “Ragazze, io ho sposato vostra madre anche per le sue curve posteriori: fiuuu, che schianto di curve posteriori!”, confermava papà a me e alle mie due sorelle, sederone (e complessate) anche loro, per tirarci un po’ su. Già, stupende parole. Generose. Plausibili. Ma io continuavo a detestarlo, il mio grosso deretano ispanico-negrito. Quando potevo, non indossavo neppure le mutande, sotto i jeans, perché, sì, perché sembrasse un po’ meno voluminoso. Un’abitudine che non ho perso: adesso, però, è un vezzo. Una civetteria. Ma massiccio era, il mio sedere, e massiccio restava, con o senza gli slip». Assai meno discusso l’aspetto del suo naso, che ha dovuto far ricostruire a causa di un grave incidente automobilistico occorsole da adolescente. «Avevo 13 anni. A un incrocio, l’auto di mia madre fu centrata da un camion carico di bombole di gas compresso. Una, come un missile, sfondò il parabrezza dalla mia parte e finì sul sedile posteriore. Mi salvai perché un secondo prima dello scontro m’ero piegata per allacciare una scarpa: ci rimisi solo il naso, che si spiaccicò contro il cruscotto. “Babe, devono averti martellato la faccia giù nel Bronx”, qualcuno ancora mi dice. Però, il mio naso incidentato, livellato, a me piace, adesso. Almeno di profilo, poi, viene benissimo» • «“Ci ho messo tempo, ma sono finalmente più a mio agio con me stessa. Passo dopo passo, ho capito chi sono. Ho attraversato periodi duri, divorzi, infelicità. Ma ho lavorato su me stessa, e quando lo fai, poi, tutti gli altri aspetti della vita migliorano. L’ho fatto perché […] sono nati i miei figli, e quando diventi madre qualcosa davvero cambia”. È andata in terapia? “Anche. Ho letto libri di autoaiuto, ho fatto terapia, meditazione. Un sacco di cose diverse, molte spirituali”. […] “Io sto evolvendo, continuo a migliorarmi, cresco, imparo. Rifiuto l’idea che arrivati a una certa età inizi la discesa”. Be’, il suo fisico dice tutto tranne “crisi di mezza età”. “Mi sono dovuta adattare. Con il tempo ho capito che quello che funzionava a 20 non funziona a 30, quello che andava bene a 30 non va così a 40. Quindi bisogna cambiare. A 20 anni mi alzavo alle cinque per andare in palestra e alla sera magari andavo a ballare. Oggi mi alleno tre, quattro volte a settimana e faccio un po’ di danza. Oppure provo cose nuove, sperimento, cambio. Vent’anni davanti a una telecamera e con gli occhi di tutti puntati addosso mi hanno insegnato ad ascoltare il mio corpo”» (Siri) • «Confessa di rilassarsi soprattutto con una sorta di diario, in cui scrive giorno dopo giorno» (Giovanna Grassi) • «Da adolescente (come ha dichiarato) era senza casa e spesso dormiva dove capitava. Poi (buon per lei) il vento è cambiato e la cantante di origini portoricane è stata eletta nel 2012 dalla rivista Forbes la “celebrità più potente del mondo”. E, in qualche caso, tra “potenti” ci si intende. Quindi non deve essere stato difficile per Gurbanguly Berdimuhamedow, l’indiscusso dittatore del Turkmenistan (accusato dalle Nazioni unite di violare i diritti delle minoranze), chiedere e ottenere che al proprio compleanno ci fosse Jennifer Lopez a fargli gli auguri. Lei, la cantante che ha venduto più di 70 milioni di dischi, è salita sul palco e ha intonato un Happy Birthday Mr President, facendo tornare alla memoria Marilyn Monroe che lo fece per John F. Kennedy, che però la storia non ricorda come un despota. Dopo quello show e le immancabili critiche delle organizzazioni umanitarie, J.Lo ha fatto sapere che la serata era stata organizzata da una compagnia petrolifera cinese, e di aver partecipato a uno “show commerciale, e non a un evento politico”. Mentre la richiesta di cantare Happy Birthday sarebbe arrivata all’ultimo minuto, e quindi lei si è sentita “gentilmente obbligata”. Lo staff della diva ha pure provato la strada del “non sapevamo…”, non convincendo praticamente nessuno. D’altronde, è anche un po’ difficile sostenere questa tesi se poi si viene a sapere che l’artista che ha ricevuto il “Woman of the Year”, premio che celebra il coraggio delle donne che cambiano il mondo con le loro idee e il loro impegno, si è esibita al matrimonio del figlio dell’industriale uzbeko Azam Aslanov (un corrotto, secondo Human Rights); per l’oligarca russo Telman Ismailov; per il presidente dell’Azerbaigian, Ilham Aliyev; per il premier ceceno Ramzan Kadyrov» (Pasquale Elia) • «Molti, paragonandola ad altre star nere o latine, da Beyoncé a Kelis, da Eva Mendes a Halle Berry, accusano la Lopez di non avere grandi doti né per ballare, né per cantare, né per recitare. Ma paradossalmente la sua forza è proprio qui: in un successo costruito senza l’aiuto di qualità eccezionali, grazie soltanto all’ambizione e alla volontà. E alla sicurezza di sé: “So di avere talento, ho passione, ambizione e voglia di fare, fare, fare”, dice la Lopez. […] Lei è la prova che ancora oggi, in America, chi ce la mette tutta può farcela» (Bizio). «Lei è la perfetta incarnazione (in salsa hip-hop) di My Fair Lady. La ragazza che parte dal Block, l’anonimo isolato di case popolari del Bronx dove è nata, e sale subito al top per merito della sua grazia, bellezza e virtù. Ci crede talmente tanto, alla favola, che ha tentato di costruirsi addosso un mito da Cenerentola nel video della canzone Jenny from the Block, una rivisitazione narcisistica del trionfo della volontà. Anche se ha addosso diamanti grossi come meloni, ci dice, è ancora la ragazza della porta accanto. La vediamo volare da un appartamento del ghetto a uno yacht da miliardari dove Ben Affleck le massaggia i glutei mentre lei canta: “Non lasciarti ingannare dalle mie pietre preziose: sono ancora Jenny, quella del Block; quella che aveva poco, e che adesso ha molto”. Per qualche motivo, non riesci a simpatizzare» (Glenn O’Brien) • «Il mio passato è chi sono io, Jennifer, portoricana, dal Bronx. Certo, è cambiato lo stile di vita, ma dentro mi sento sempre la stessa» • «Al cinema interpreti sempre qualcun altro. Nella musica, invece, riveli completamente te stessa». «Ho sempre voluto fare l’attrice, ma i miei modelli restano le Shirley MacLaine, le Barbra Streisand, le Bette Midler: donne che sanno fare di tutto». «Ho anche fatto film brutti e brutte canzoni, ma non ho mai preso certi insuccessi come un fallimento personale o professionale: forse è questo il mio segreto. Con il tempo ho imparato a seguire l’istinto e a dire di no. Ho imparato a essere selettiva. A volte, seguire le proprie passioni non basta. Le opportunità arrivano spesso quando impari a dire “no”» (a Francesca Scorcucchi). «Da anni, nelle interviste, continuo a ripetere che mi piacerebbe fare un film con Scorsese. Prima o poi Martin mi ascolterà» • «Devi lavorare duro. E poi, certo, un po’ di talento aiuta. Ma il talento da solo non basta, se non lo coltivi. Il segreto del mio successo è che ho lavorato più duramente di tanti altri, e ancora oggi non smetto di farlo».