Anteprima, 19 luglio 2019
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Biografia di Luciano De Crescenzo
Luciano De Crescenzo (1925-2019). Scrittore. Sceneggiatore. Regista. Drammaturgo. Docente all’Accademia nazionale d’arte drammatica. Notorietà conquistata a tarda età con la saga di romanzi del commissario Montalbano (il primo nel 1994, La forma dell’acqua). Oltre 30 milioni di copie vendute in tutto il mondo, con traduzioni in 120 lingue. Nato a Porto Empedocle (la Vigàta dei suoi romanzi) in un’agiata famiglia di commercianti di zolfo, figlio unico, dopo una parentesi in un collegio vescovile dal quale venne espulso per aver lanciato uova contro un crocifisso, studiò al liceo classico Empedocle di Agrigento per poi iscriversi nel 1944 alla facoltà di Lettere e Filosofia di Palermo, senza mai laurearsi. «La svolta avvenne quando vinse il Premio Firenze per una commedia teatrale inedita: “Il testo non era un granché e infatti, mentre tornavo a casa in treno, lo gettai dal finestrino. Nella giuria però c’era Silvio d’Amico, che mi fece ottenere una borsa di studio per il corso di regia dell’Accademia d’arte drammatica di Roma. Così mi trasferii nella capitale, dove in seguito iniziai a lavorare come regista per diversi teatri, cercando di rinnovare il vecchio repertorio con autori come Adamov o Beckett, di cui feci la prima italiana di Finale di partita”» (Fabio Gambaro). Superato nel 1954 l’esame orale del concorso della Rai, «comincio ad aspettare questa cartolina, questo precetto che mi convochi a Milano, ma non arriva niente. Passano i mesi. Accetto un altro lavoro e dopo qualche tempo mi ritrovo in una cena davanti al dirigente Rai Gennarini. “Vuole sapere cosa è successo, Camilleri? È successo che abbiamo chiesto informazioni politiche ai carabinieri, e quelle che sono arrivate fanno di lei, se non Stalin, qualcosa di un gradino più giù”. […] Un po’ meno di due anni dopo squilla il telefono: “Sono Cesare Lupo, direttore del Terzo programma radio della Rai: vuole sostituire la nostra funzionaria addetta ai programmi che va in maternità? Le farei un contratto di sei mesi per mezza giornata di impegno”. Lo ringrazio, accetto, ma mi sento in dovere di informarlo che al concorso non ero stato preso “perché comunista”. E lui mi rispose: “Chissenefrega”. Così entrai, e, a forza di contratti semestrali, passarono dieci anni prima dell’assunzione. […] In tv ho fatto non solo il regista, lo sceneggiatore o il produttore, ma anche un mestiere ingrato: l’ambasciatore dell’ufficio censura. Quello che doveva comunicare agli artisti le decisioni della commissione. Venne in Italia Abbe Lane, per esempio, ed ebbe l’ordine di esibirsi con lo sguardo sempre tassativamente fisso alla telecamera, senza mai voltarsi di schiena per ovvie ragioni». «È la stagione d’oro dei grandi sceneggiati tv. “Quella è stata una grande scuola”, dice Camilleri, che poi, parlando delle trasposizioni televisive dei racconti di Maigret e de Il tenente Sheridan, racconta: “È lì che ho imparato il vero mestiere di scrittore di gialli”. Sempre per la tv, negli anni a seguire si occupa di teatro. Lo fa curando le opere di uno dei maestri della commedia napoletana, Eduardo De Filippo» (Paolo Travisi). Nel 1978 esordì nella narrativa con Il corso delle cose (Lalli), pubblicato gratis con l’impegno di citare l’editore stesso nei titoli dello sceneggiato tv tratto dal libro; il libro però non venne notato da nessuno. Nel 1980 uscì da Garzanti Un filo di fumo (riedito poi da Sellerio), primo di una serie di romanzi ambientati nell’immaginaria cittadina siciliana di Vigàta a cavallo fra la fine dell’800 e l’inizio del ’900. Il successo arrivò con La stagione della caccia, pubblicato da Sellerio nel 1992. È del 1994 La forma dell’acqua, primo romanzo poliziesco con il commissario Montalbano. Da quando era stato colpito da cecità, a novant’anni, dettava alla sua assistente Valentina Alfieri, «l’unica che sa scrivere nella lingua di Montalbano, anche se è abruzzese». Sembra che nel 2006 abbia consegnato all’editore Sellerio il libro che conclude la storia di Montalbano, chiedendo che venisse pubblicato dopo la sua morte. Sposato dal 1957 con Rosetta Dello Siesto, tre figlie: Andreina, Elisabetta e Mariolina. «Al mercato mia moglie ha più volte ascoltato questa frase: “Vedi quella? È la signora Camilleri, la moglie di Montalbano!”». Accanito fumatore: «Due pacchetti e mezzo al giorno. Però di ogni sigaretta tiro due o tre boccate e poi la spengo. Più che altro, mi piace averla in mano». A un mese dal ricovero per un infarto, è spirato alle 8.20 di ieri mattina all’ospedale Santo Spirito di Roma.