22 luglio 2019
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Biografia di Ilie Nastase
Ilie Nastase, nato a Bucarest il 19 luglio 1946 (73 anni). Politico. Ex tennista. Primo numero 1 della classifica Atp nel singolare (dal 23 agosto 1973 al 2 giugno 1974). Tra i trofei conquistati: sette titoli del Grande Slam, di cui due in singolare (Us Open, 1972; Roland Garros, 1973), tre in doppio (Roland Garros, 1970, con Ion Țiriac; Wimbledon, 1973, con Jimmy Connors; Us Open, 1975, con Jimmy Connors) e due in doppio misto (Wimbledon, 1970 e 1972, con Rosemary Casals); quattro Tornei di fine anno in singolare (1971, 1972, 1973, 1975). «Nessuno mi ha mai capito. Per voi intelligenti è facile essere intelligenti. Allora provate a immaginare com’è facile per me, un balordo, essere balordo» • «La vita di Ilie è un continuo paradosso, fin dalla nascita: bambino simile a Gargantua, spropositato di peso, il doppio dei suoi cinque fratelli» (Gianni Clerici). «Quando è nato, ha raccontato sua madre, il cielo non era azzurro. Era giallo, come mai prima. Ha chiamato quel figlio venuto al mondo nel segno dell’eccezionalità Ilie, l’equivalente di Elia, il santo che fa scendere il fuoco dal cielo e siede alla destra di Dio. […] Ilie nasce a Bucarest nel 1946, sesto figlio di una guardia giurata della banca nazionale e di una casalinga arrivati in Romania dalla Moldavia. L’istituto per cui lavora papà Gheorghe assegna alla famiglia una casa nell’area dei campi da tennis reali, in quello che il regime comunista ha appena ribattezzato Tennis Club Progresul. Il piccolo Ilie sembra gradire più il calcio all’inizio. È suo fratello Costantin ad avviarlo alla racchetta» (Alessandro Mastroluca). «Quando, nel 1948, incanta, piccolissimo e raccattapalle, i nazionali francesi di Coppa Davis, è magro come un chiodo e agitato come un derviscio. Ad accessi di frenetica improvvisazione, il ragazzino […] alterna parentesi di profonda timidezza. A questo inguaribile disagio Ilie si sottrarrà in due modi. Indossando, da una parte, una maschera bertoldesca, dall’altra appoggiandosi, per tutta la vita, ad una figura paterna, o addirittura a un doppio di sé, capace di essere adulto. L’uomo che gli segnerà il destino, che lo confermerà tennista, lo seguirà per anni sino a clamorosa rottura è Ion Tiriac. Non è possibile, mi accorgo nello scrivere, parlare di Nastase senza parlare di Tiriac, come di Patroclo senza Achille, di Johnson senza Boswell. Tiriac è un operaio in una povera fabbrica di Brasov. Di lì si trae a colpi di mazza da hockey, sino a raggiungere le Olimpiadi di Innsbruck 1964. Si rende conto che c’è un altro sport che può rendere autentici due miraggi. Uscire dalla Romania e raccattare dollari. E Tiriac, atleta di forza e resistenza belluine, campione di tennis si improvvisa. L’incontro con Nastase è ovvio non meno che fatale. Di quel ragazzino che gioca solo a mezzi lob, tocchetti e rincorse, Tiriac si improvvisa coach, fratello maggiore, manager. Come il giovane genio traccheggia o sbanda, sono schiaffi. […] Nastase non può che ubbidire» (Clerici). «“Dove credi di andare con quel ragazzino che cammina sulle braccia?”. Questo chiedevano gli appassionati romeni a lon Tiriac […] quando decise di fare un campione del ragazzino birbone che faceva il raccattapalle sui campi dello stadio Progressul […] e nei momenti liberi si esercitava al muro e contro compagni improvvisati con racchette di quart’ordine. “Camminava veramente sulle braccia – precisa lon Tiriac –. […] Al posto delle gambe aveva due stecchini, mentre le braccia erano sproporzionate al corpo, sembrava quasi che toccassero terra. Ma io avevo deciso di dedicarmi anima e corpo al tennis dopo aver abbandonato l’hockey su ghiaccio, e se volevo sfondare avevo bisogno di un valido partner. Ritenni pertanto che Ilie poteva diventare qualcuno anche se aveva le gambe esili e i piedi non proprio regolari per via dell’arco plantare un po’ troppo abbassato”. […] E cosi Ion Tiriac […] diventò lo “chaperon” di Ilie Nastase. Fecero le prime uscite in Europa Occidentale e presero sonore sconfitte, ma capirono subito quale era il meccanismo per scalare i vertici tennistici. Giocare e poi giocare, sempre contro i più forti giocatori nei migliori tornei. Grazie all’influenza di Tiriac con i soloni del partito e del governo, ottennero via via permessi sempre più lunghi per girare il mondo, e i miglioramenti non mancarono. Soprattutto quelli del giovane Nastase, ritenuto dagli inizi un negato per il tennis. Le gambe a stecchino incominciarono ad irrobustirsi e, anzi, divennero il punto di forza del giovane campione romeno, che brilla soprattutto per la velocità e lo scatto negli spostamenti, oltreché per la facilità dell’elevazione, che gli permette di realizzare “smash” impossibili alla maggior parte dei rivali. In breve i due tennisti romeni divennero i due campioni più celebri del “barnum” tennistico mondiale» (Rino Cacioppo). «“Nel 1967 insieme a Tiriac abbiamo conosciuto una persona che ci ha molto, aiutato facendoci trasferire in Italia e permettendoci di girare per i tornei. […] Si chiamava Paolo D’Alessio, ed era un grande appassionato di tennis che giocava un po’. Diventammo molto amici, e grazie a suo padre, che era molto ricco, avevamo i mezzi per poter giocare i tornei. Ci ha ospitato a casa sua per moltissimo tempo senza farci pagare nulla… Una grande fortuna, perché potevamo pensare solo al tennis, a giocare e a viaggiare per i tornei”. Un grande aiuto per chi come voi arrivava da un Paese come la Romania che non poteva finanziarvi… “Esatto. È stato davvero la svolta per le nostre vite e le nostre carriere. Io e Tiriac non avevamo una lira”» (Amanda Lanari). «Come li vedo per la prima volta in campo, non credo ai miei occhi di guardone. Se Tiriac usa la sua racchetta come la clava di un cavernicolo, Nastase pare Aramis, ma che dico, Till Eulenspiegel. Ai suoi piedini Mercurio ha appiccicato alette dorate. Ogni palla è un’invenzione, una sorpresa, spesso una presa per i fondelli. Purtroppo, i due sono anche mascalzoni. Rubano punti. Disturbano la concentrazione degli avversari. Addirittura, quando l’arbitro è distratto, insultano. Se è in campo Nastase, dalla tribuna Tiriac gli suggerisce e, quando i suggerimenti costeranno penalizzazioni, arriverà a fargli segni convenzionali, secondo alcuni con i baffi. Nel 1970 Ilie vince il suo primo torneo importante, […] a Roma, una città nella quale si trova a suo agio, lui che parla un italiano trapunto di parolacce e termini dialettali. Roma è ancora un grande torneo, conta poco meno di Roland Garros» (Clerici). «Nella finale, vinta in 4 set (quando ancora non c’era il tie break), contro Jan Kodeš, Ilie porta a casa per la prima volta gli Internazionali d’Italia, successo replicato poi nel 1973. Si sa però che il tennista nella sua carriera aspetta con ansia un momento particolare: la vittoria del primo titolo slam, e per Nastase il turno arriva nel 1972» (Cristiano Checchi). «Due Slam, lo Us Open 1972 e il Roland Garros 1973, tornei in cui il tennista venuto dall’est Europa dimostra tutta la sua classe. A New York trionfa contro l’amico Arthur Ashe dopo cinque set di battaglia. A Parigi batte nettamente Nikola Pilic lasciandogli la miseria di 6 game in tutto il match» (Fulvio Nibali). «Ma intanto Ilie si è fidanzato con una splendida ragazza francese di origine italiana, Dominique Grazia, borghese, ricca, famiglia conservatrice. Sempre più spesso si ribella a Tiriac. Un giorno, durante la semifinale di doppio, sul Centrale, Tiriac lo vede d’improvviso ornato d’un paio di baffi finti, offertigli dal vostro cronista. S’indigna. Privato dell’assistenza del suo maestro, Nastase perderà una paradossale finale di Wimbledon 1972, battuto da Stan Smith in cinque set, tre dei quali spesi a saltellare sulle corde di una racchetta troppo tesa. Intanto, il matrimonio naviga a vista. Un giorno, Nastase mi informa tutto allegro che la sua sposa ha perso la sua carta di credito. Mi agito, suggerisco di bloccarla. Lui ride: "Nessun altro riuscirà a spendere quanto mia moglie", stabilisce sereno. Nel 1972 e 1973 Nastase è diventato il capofila della classifica dei guadagni. Quattromila dollari, in quei tempi cifre pazzesche per un tennista. Nel ’73 è anche il primo tennista del mondo» (Clerici). In quegli anni era riuscito a trascinare per ben tre volte – nel 1969, 1971 e 1972 – la Nazionale romena di tennis nella finale di Coppa Davis, vinta però ogni volta dagli Stati Uniti. L’ultima volta, nel 1972, la finale si svolse in Romania. «L’uomo di punta della squadra americana era allora il californiano Stan Smith, già battuto da Nastase nella finale del Master del 1971 ma che a luglio di quell’anno sul Centre Court di Wimbledon si era preso una sonora rivincita, superandolo per 7-5 al quinto set dopo una partita che verrà ricordata in seguito come la più bella mai giocata nella storia del torneo inglese. L’occasione della finale di Coppa Davis dava ai due contendenti finalmente l’opportunità di regolare i loro conti in sospeso, ed il pubblico rumeno pensò bene di preparare per l’occasione un’accoglienza particolare al forte giocatore americano. Lo stadio di Bucarest infatti si trasformò in un catino incandescente in cui tutto o quasi era lecito pur di condizionare a favore del beniamino locale l’esito dell’incontro, ma Smith non fece una piega e mantenendo una calma olimpica passò attraverso l’inferno e, dopo un primo set vinto 11-9, regolò in soli tre set le velleità di uno spento Nastase. Al termine dell’incontro, a chi gli chiederà come avesse fatto a restare concentrato in mezzo a quella bolgia, risponderà candidamente “Ho pregato”. L’acqua santa aveva vinto il diavolo, ma Ilie non ebbe mai parole o gesti irriguardosi verso di lui, anzi verso Godzilla, come lo chiamava vista la statura imponente, perché in fondo lo stimava, pur essendone tanto diverso, e perché meditava in cuor suo la giusta vendetta. Servita a freddo. Parigi, 4 novembre 1973, finale degli Open indoor: Nastase batte Smith con il risultato finale di 4-6 6-1 3-6 6-0 6-2: l’onta era lavata. Un altro giocatore che gli andava indigesto era Bjorn Borg, di cui col tempo poi diventerà pure amico. […] I due erano agli antipodi: estroverso e caciarone il rumeno, gelido e distaccato lo svedese. Nei loro primi incontri, Ilie riuscì ad averne spesso la meglio, confondendolo con il suo gioco imprevedibile e fantasioso, ma quando si ritrovarono di fronte il 3 luglio 1976 sul campo centrale dell’All England Lawn Tennis and Croquet Club di Wimbledon non ci fu nulla da fare e, nonostante il disperato tentativo posto in essere nel terzo set, uscì sconfitto per 6-4 6-2 9-7. Era l’inizio della dittatura dello svedese sul tennis mondiale » (Marco Tonelli). «Bjorn Borg […] in queste parole sintetizza lo spirito con cui ogni volta si preparava ad affrontare il romeno: “A diciotto o diciannove anni era difficile giocare con Nastase. Io non avevo esperienza, e mi innervosiva starmene là ad aspettare che lui finisse di dire cazzate al pubblico, al giudice di sedia e persino a me. L’inizio della partita era particolarmente duro poiché non capivo mai cosa avesse intenzione di fare. Forse non lo sapeva nemmeno lui. Potevo aspettarmi ogni genere di colpo. Mi arrivavano palle da tutte le parti, e ognuna con un effetto diverso”. Parole che delineano […] un personaggio sui generis, capace anche di vincere tanti tornei di doppio e altri due Slam (Wimbledon 1973 e Us Open 1976) in coppia con Jimmy Connors. Una coppia esplosiva, quella formata con il mancino di East St Louis, una coppia tennisticamente pregevole e teatralmente sublime: “Quando le multe diventarono più salate dei premi che vincevamo, mi dissi che era arrivato il momento di mettere fine al sodalizio”. Così, in maniera molto ironica, Jimmy Connors spiega la decisione di rinunciare a giocare con il compagno di mille avventure – e di mille siparietti in campo» (Nibali). «Quel grandissimo talento, quello che io chiamavo con suo infinito fastidio Violino Zigano, è vittima di cadute improvvise, proprio nei tornei più importanti, quelli dello Slam. Una mia conoscenza, grande cacciatrice di grandi firme, mi confiderà che gli manca il colpo decisivo. Forse, quello che gli manca di più è Tiriac. Per cinque anni non si rivolgeranno la parola. Forse è il matrimonio che sta andando in pezzi. A questi disagi Ilie reagisce in modo infantile, diventa sempre più scorretto sul campo, sfiora la rissa con san Arthur Ashe, finisce per meritarsi appieno il soprannome di Nasty, che gli affibbiano i miei colleghi inglesi. E, identificato a quel nuovo personaggio rissoso, sgradevole, con squarci di delirante allegria e addirittura di bontà, termina la sua carriera nel ’77, utilizzando un’arma che va a pennello, presto squalificata come lui, la racchetta-spaghetti» (Clerici). In realtà, Nastase continuò a giocare ancora fino al 1985. «Un lento inevitabile declino, fatto di vittorie meno prestigiose, poi via via meno frequenti, fino al ritiro. Una delle ultime finali giocate fu quella di Cleveland nell’agosto 1979, la perse per 7-6 7-5 contro l’amico-nemico di sempre: ancora lui, Stan Smith, anche lui sul viale del tramonto. […] Dopo l’addio al tennis, Nastase è riuscito a farsi eleggere al Parlamento rumeno, per poi tentare invano di diventare persino sindaco della sua città, capendo però molto presto, a sue spese, come l’arte della diplomazia non facesse per lui» (Tonelli). «“Per un po’ ho pensato che la politica nella mia vita potesse prendere il posto del tennis. È andata male. In campo vinci o perdi. In politica invece devi promettere e dire bugie. No, non fa per me”. Era la metà degli anni Novanta. Sperava di diventare sindaco di Bucarest. Lo fecero a pezzi. Rinfacciandogli persino i giorni in cui era partito per Parigi – come in fuga – mentre il regime stava cadendo. “Fesserie. Il mio progetto era semplice: volevo che la città avesse l’acqua. Non avevo promesso altro”. Irriso. Sconfitto. “Ma secondo voi, adesso, l’acqua a Bucarest c’è?”» (Andrea Malaguti). «Nel 1986 […] diede alle stampe un romanzo giallo ambientato nel mondo del tennis intitolato Tie Break, che ebbe anche un discreto successo, e da quel momento iniziò una serie di nuovi investimenti. Ha così aperto e chiuso varie attività, lanciato linee di prodotti col suo nome e nel frattempo fatto soldi a palate, si è sposato e ha divorziato tre volte, ha avuto una infinità di donne ed oggi porta in giro per il mondo il suo passato con malcelato orgoglio» (Tonelli). Le sue intemperanze sono però andate peggiorando con gli anni: nel 2017 è stato infatti espulso dalla Federazione internazionale tennis e bandito dai tornei ufficiali per gli insulti rivolti, in veste di capitano della Nazionale romena di Fed Cup, alla tennista britannica Johanna Konta e per le parole infelici riferite al figlio non ancora nato di Serena Williams («Vedremo di che colore sarà: cioccolato al latte?»), e nel maggio 2018 è stato fermato per ben due volte in un solo giorno, prima per aver guidato in stato di ebrezza e poche ore dopo per essere passato col rosso alla guida del suo motorino, ricoprendo peraltro di insulti gli agenti della polizia stradale. Nel 2019 l’ultima, vana candidatura politica in Romania, alle elezioni europee • Sposato dal 2013 in quarte nozze con una modella romena. Cinque figli: una femmina dalla prima moglie, una modella belga; un maschio e una femmina adottati insieme alla seconda, un’attrice statunitense; due femmine dalla terza, una modella romena. Dichiara di aver avuto rapporti sessuali con ottocento o novecento donne • «Il calcio mi piace da pazzi, non so resistere. Con Nicola Pietrangeli facevamo certe partite… […] Sai come mi chiamava? Brutto comunista» (a Paolo Garimberti) • «Le sue intemperanze, le sue sceneggiate, le sue squalifiche, sono diventate il caposaldo del codice di condotta Atp. Provocava gli avversari. […] Contestava gli arbitri, li irrideva, li costringeva a chiamarlo “Signor Nastase”, tirando sempre il pubblico dalla sua parte. Un po’ scherzava un po’ no. Di certo, è entrato nella storia anche per aver costretto il giudice arbitro a destituire il giudice di sedia che l’aveva espulso e a far riprendere con un altro giudice, contro John McEnroe, agli Us Open 1979» (Vincenzo Martucci). «Agli Internazionali d’Italia lui veniva con piacere, per via dell’amicizia che lo legava ai nostri tennisti e per le donne italiane, che non aveva mai fatto mistero di apprezzare. Il torneo della capitale riuscì a vincerlo in due occasioni, […] ma i ricordi più belli sono legati all’edizione del 1975, quando, presentatosi in coppia con l’amico Jimmy Connors, pur perdendo la finale del doppio contro Brian Gottfried e Raúl Ramírez, regalò momenti esilaranti ed indimenticabili a tutto il pubblico del Foro Italico. Tra i tanti aneddoti, il match d’esordio contro gli italiani Ezio Di Matteo e Vincenzo Franchitti, durante il quale, sfruttando un pallonetto effettuato da Connors ai due italiani, Nastase uscì dal campo per andare a dissetarsi e poi rientrò. E, ancora, durante il match di semifinale che li opponeva agli spagnoli Juan Gisbert e Manuel Orantes, il rumeno prese a pallinate la postazione Rai, rea forse di ospitare un telecronista che parlava troppo forte o semplicemente un cronista amico. […] Dovendo incontrare nei quarti di finale del Roland Garros gli amici Adriano Panatta e Paolo Bertolucci, ben conoscendo la superstizione del primo verso i gatti neri, diede cento dollari ad un ragazzino perché ne liberasse uno in campo poco prima dell’inizio del match, suscitando l’ilarità del pubblico ma anche la rabbia della coppia italiana, che in tutto il match poi si aggiudicò solo due game. […] Non era mai abbastanza quello che faceva per piacersi e per piacere, doveva fare di più, doveva sempre stupire, come la volta che gettò al vento la finale di Forest Hills 1974 solo per il gusto di dimostrare a John Newcombe, presente in tribuna, quanto fosse bravo: intestardendosi a provare colpi al limite dell’assurdità, concesse a Roscoe Tanner l’onore di portarsi a casa il titolo di campione degli Us Open di quell’anno. Avrebbe potuto vincere molto di più, ma Ilie era questo: differentemente non sarebbe stato il genio che era, o, come disse Jon Tiriac, suo amico di una vita, il più grande talento mai sceso su un campo da tennis» (Tonelli). «In un match decise di provocare Arthur Ashe. Quel Masters si giocava a Stoccolma, e Nastase prese a portarsi le mani alle tempie, rivolgendosi all’avversario. "Non riesco a vederti, con questa luce", affermava. "Sei troppo nero. Non potresti metterti al collo qualcosa di bianco, magari un fazzoletto?" Come sempre educato, Ashe finse di non sentire, ma, ad un certo punto, poiché Nasty insisteva chiamandolo negro, prese le sue racchette e uscì dal campo. Intervenne allora il giudice arbitro Klosterkemper e squalificò Nastase. Ashe se ne andò senza aprir bocca. La sera, uscendo di camera, mi imbattei in Nasty, che portava con sé un gran mazzo di rose. "Dove vai, seduttore?", mi informai. "Vado a chiedere scusa ad Ashe". Le scuse di Nasty vennero accettate, tanto che quel fenomeno vinse addirittura il Masters» (Clerici). «A Nastase un ultrà arrivò un giorno a lanciare una bottiglietta di amaro, per fortuna senza colpirlo. Il mio Zigano raccattò la bottiglietta, la sturò, gustò, per scuotere la testa e ributtarla gentilmente in tribuna: “Preferirei un Campari”, dichiarò, tra gli applausi del pubblico» (Clerici). «Durante una delle sue insopportabili manfrine, alle urla di uno spettatore che gli chiedeva di “smetterla, di fare tutto quel cinema”, si avvicinò guardandolo dritto negli occhi e rispose: “Ah, Monsiuer, je vous en prie. Je vous en prie…”. Poi, con uno sguardo fra il sofferto e l’oltraggiato accompagnato da un inchino: “Je fais du théâtre!”» (Mauro Berruto) • «Io litigavo con tutti. Apposta. Una volta contestai la macchina per il controllo del servizio perché c’era scritto “made in Russia”. Dissi all’arbitro che ce l’aveva con me perché ero romeno». «Facevo lo show per me stesso. Era il mio modo di concepire il tennis e di caricarmi». «Il tennis per me è stato una scuola, meglio di tante università. Ho imparato a lottare, nessuno mi ha mai regalato niente, soprattutto agli inizi. E ho imparato a essere perbene, anche se mi chiamavano Nasty: ero convinto che mi rubassero i punti, era un mio complesso di inferiorità, e allora discutevo sempre con gli arbitri. Perché il tennis è un ambiente perbene, mentre il calcio non è così, il calcio ti guasta: guarda che cosa è successo a Maradona» • «L’immagine da Buffone di Bucarest, come lo definirono gli americani, rischia di offuscarne le enormi qualità con una racchetta in mano. Due Slam, 58 tornei, il numero uno del mondo nel 1973, uno stile che indubbiamente si rifaceva alla scuola tradizionale del gioco a rete ma mescolava con sapienza anche l’abilità da fondo, grazie all’uso magistrale dei tagli, tanto che è stato proprio un suo colpo difensivo, il dritto giocato in corsa all’indietro con esecuzione sopra la spalla sinistra e relativo pallonetto, a meritarsi il copyright di “Bucharest Backfire”, brevettato dal grande giornalista Bud Collins» (Riccardo Crivelli). «Il tennis avrebbe bisogno di un Nastase a ogni generazione» (Rino Tommasi) • «Stan Smith, che la batté in finale a Wimbledon nel 1972, ha detto che lei è stato l’avversario più difficile da affrontare. “Davvero? È un bel complimento. Solo che poteva anche dirmelo di persona (ride, ndr), e soprattutto poteva essere carino allora e farmi vincere quella partita…”» (Crivelli) • «Mi hanno sempre accusato di essere uno zingaro. È vero. Sono uno zingaro romeno. E ne sono orgoglioso». «In realtà io non sono zingaro» • «Hanno scritto di tutto su di me, anche che sono omosessuale, che non sono neppure romeno perché sono stato molto all’estero. Ora, passi per omosessuale, ma l’accusa di non essere romeno mi offende davvero» • «Tutti gli sport stanno cambiando. C’è sempre più bisogno di forza fisica, e questa spesso prevale sul talento e sulla tecnica. Pensando al mondo del tennis, le racchette sono diventate molto importanti. Con la nuova tecnologia i giocatori attuali servono più forte rispetto a quelli del passato. Se avessimo avuto anche noi queste racchette anni fa, avremmo colpito a pieno ritmo, imprimendo più forza alla palla» • «Ho sempre giocato solo per me stesso. Qualunque atleta fa così. Passerebbe sopra alla propria madre per una vittoria. Certo: la patria, la famiglia, la bandiera. Cose che si dicono. È così per tutti, da sempre e per sempre. Non cambierà mai. Non sono cinico: cerco di essere sincero. Il cuore non mi è mai mancato». «Per me è stato difficile giocare il mio ultimo match e lasciare definitivamente il tennis. Dopo il mio ultimo torneo, ho fatto la mia borsa e l’ho sistemata vicino alla porta come se dovessi ancora giocare». «Sei felice, Ilie? […] “Sì, adesso sì. Quando ho lasciato il tennis è stata dura, ma o decidi di vivere il presente oppure non dormi più la notte. Mi ci sono voluti anni per ritrovare la pace”. Non dice “la gioia”. Dice “la pace”» (Malaguti). «Nastase non farà mai il coach. […] “Io voglio essere libero e senza stress. Oggi c’è troppa pressione e ogni tanto salta fuori il doping. Mi chiedono sempre qual era il doping dei miei tempi: birra, vino… Che serve d’altro?”» (Marco Lombardo).