Corriere della Sera, 22 luglio 2019
Ricordi della figlia di Ilaria Occhini e La Capria
Non vuole andare a vederla. Preferisce ricordarla viva. Bellissima. Come le ha ripetuto ogni giorno e ogni notte fino all’ultima, quando l’ha dovuta lasciar andare in clinica per un ricovero indispensabile e inutile, perché nessun medico poteva impedire che un’emorragia gli portasse via per sempre la moglie, amore della sua vita dal 1961.
«Ricordo queste ultime settimane con grande tenerezza, con le carezze infinite che mio padre dava a mia madre. Le ripeteva che era l’amore della sua vita, che era bellissima...», racconta Alexandra, figlia dello scrittore Raffaele La Capria, 96 anni, e dell’attrice Ilaria Occhini, scomparsa a 85 anni sabato pomeriggio a Roma, la città dove domani alle 18 si svolgeranno i funerali nella Chiesa degli Artisti di piazza del Popolo, mentre una camera ardente sarà allestita dalle 10 alle 16.30 nel Teatro Argentina, per dare la possibilità a chi lo desidera di salutare l’artista.
«Mia madre si era ammalata due anni fa. Il male è stato progressivo e inesorabile. Quando è stata allettata, si è molto avvilita, lei che era abituata a dirigere tutti e a non farsi dirigere da nessuno. Era una donna indipendente», va avanti Alexandra.
L’indipendenza della moglie era uno dei tratti che Raffaele La Capria aveva sempre ammirato di più. Lo aveva ammesso con il Corriere della Sera qualche anno fa, ricordando i primi anni insieme: «Viveva del suo lavoro e sapeva amministrarsi da sola, senza che nessuno l’aiutasse». E con orgoglio aveva citato come esempio quella volta che fu lei ad andare a Milano a comprare per lui un’auto decapottabile guadagnata con i soldi di una sceneggiatura: «La portò guidando fino a Roma in un’unica tirata. Quando mi affacciai al balcone dello studio dove abitavo e vidi questa giovane donna al volante, tutta ridente d’estate, pensai a quanto fosse bella...».
Non avevano bisogno di grandi gesti, bastava la quotidianità, le piccole cose condivise che diventavano piene di significato, il loro amore: andare sott’acqua tenendosi per mano nel mare cristallino della Sardegna; pescare i calamari con la lampara su un gozzo dei pescatori di Panarea e mangiarli la notte stessa; chiacchierare di letteratura e di vita nel salotto di casa sempre aperto agli amici, da Giorgio Napolitano ad Alfonso Berardinelli.
«Con l’aggravarsi della malattia queste conversazioni non sono più state possibili e a mio padre sono mancate molto. Ma piuttosto che accettare la malattia, preferiva rimuoverla e credere che mamma ce l’avesse con lui», va avanti Alexandra. E invece Ilaria chiedeva sempre del suo Raffaele. «Dov’è il babbo?», domandava alla figlia. E lui arrivava, si metteva accanto a lei ormai costretta a letto, la accarezzava, le ripeteva quelle parole universali e dolci, che diventavano privatissime ed esclusive nella camera dove hanno continuato a dormire insieme, anche se separati.
Lei non lo ha mai convinto ad amare la campagna, e pure si era improvvisata (con successo) imprenditrice per salvare la vigna di famiglia nell’Aretino. Lui non ha mai provato a farle abbandonare il teatro, di cui era gelosissimo perché gliela portava via per settimane intere, durante le tournée. «Ma io la chiamavo, e facevamo almeno lunghe telefonate», aveva spiegato. Non doveva temere di una moglie così ammirata. «La mia bellezza è come se fosse una cosa, una borsetta, un foulard che porto con me, non ne parlo con nessun vanto», aveva scritto lei nel libro autobiografico del 2016 Una vita senza trucco, pubblicato con Rizzoli.
Ilaria e Raffaele si erano conosciuti nel 1961, durante una passeggiata a Positano alla vigilia del Premio Strega, che lui vinse con Ferito a morte. «Soltanto per un punto in più, un puro caso. Ma il premio più bello fu aver incontrato Ilaria».