Corriere della Sera, 22 luglio 2019
Intervista a Lino Banfi
Lino Banfi è nato ad Andria (Puglia).
Il primo impegno che si è assunto, quando a gennaio è stato nominato a rappresentare l’Italia nella commissione italiana dell’Unesco, è stato quello di rendere la figura del nonno patrimonio mondiale dell’umanità. «Ma certo! – dice Lino Banfi (83 anni) con entusiasmo —. Prima di tutto perché una figura che mi riguarda molto da vicino, avendo l’onore e l’onere di essere nonno di due nipoti, e poi per un altro motivo».
Quale?
«Di nonni in Italia ce ne sono circa 14 milioni, una bella cifra. Quindi ho pensato di proporre, alla prima riunione ufficiale cui parteciperò, di riconoscere a tutti coloro che arriveranno all’ottantesimo compleanno di potersi godere dei vantaggi. Il giorno dopo aver spento 80 candeline, che è già una bella fatica, non dovranno più pagare il treno, l’aereo... sconti speciali su hotel, cinema, teatri. Insomma, credo sia giusto che a quell’età le persone possano avere qualche privilegio e godersi la vita: lo meritano. Porterò avanti questa piccola battaglia come “Lino Nazionale”, così ormai vengo soprannominato».
Il nonno più famoso e più amato d’italia, dopo aver interpretato per tanti anni su Rai1 il Nonno Libero nella fortunata fiction «Un medico in famiglia».
«Ero nonno in tv e nella vita privata. Lo sono diventato abbastanza presto, perché sono stato un padre precoce, e i miei nipoti, entrambi figli di Rosanna, ormai sono grandi: Virginia ha compiuto 26 anni, Pietro 21. Quando impersonavo Nonno Libero facevo pratica sia a casa, sia sul set. E devo dire che Annuccia, la mia nipote preferita nella trama della fiction, mi ha insegnato tante cose».
In che senso?
«Eleonora Cadeddu, la piccola attrice che la impersonava, era molto assennata e mi spiegava, per esempio, i giochi preferiti dei bimbi come lei e il loro modo di parlare tra coetanei. Per esempio, quando si inventano una storia non dicono, come pensavo io, “facciamo finta che io sono il medico e tu il malato...”, ma dicono “facciamo che io ero il medico e tu il malato...”, insomma al passato e non al presente».
Ma nella realtà, che tipo di nonno è stato Lino Banfi?
«Molto complice».
Li ha viziati?
«Bè, quando erano piccoli, un po’ sì, perché la responsabilità dell’educazione ce l’hanno i genitori. Più che viziarli, li ho sempre giustificati, andavo incontro ai loro bisogni, mi sforzavo di comprenderli... forse perché mi sentivo un po’ colpevole».
Per quale motivo?
«In quel periodo ero molto impegnato nelle riprese e trascorrevo più tempo a Cinecittà con i nipoti finti, che con quelli veri, che ogni tanto manifestavano un po’ di gelosia nei confronti dei “rivali”. Mi torna in mente un episodio: nel tv-movie “Nuda proprietà vendesi”, nel ’98, dove recitavo con Annie Girardot, feci fare una comparsata a Virginia, allora piccolissima. Era stata talmente brava, in quell’unica scena, che mi fecero tanti complimenti. E così volli dirlo a mia nipote che però, stizzita, mi rispose: “Fai i complimenti a tua nipote Annuccia”».
L’allungamento della vita fa sì che di nonni, in giro, ce ne siano parecchi. Giusto?
«E come no? Ne conosco tanti, nella zona dove abito a Roma, alcuni anche più vecchi di me quando mi incontrano, mi chiamano affettuosamente “nonnetto!”. Allora ribatto: nonnetto io? Ma se hai più anni di me!... A parte gli scherzi, ciò che mi dispiace è che spesso li vedo tristi».
Perché?
«Passano il tempo ai giardini, sulle panchine... Mi dicono che vengono posteggiati da figli, generi, nuore: loro partono per le vacanze e li lasciano a casa, magari con l’incombenza di badare a cani o gatti. Io per fortuna ho molte cose da fare, non sono un nonno in pensione: oltre all’Orecchietteria Banfi, ristorante che mi dà molte soddisfazioni, in zona Prati, mi hanno proposto una nuova fiction, protagonista insieme ad Al Bano: una coppia nazionalpopolare anomala, che può funzionare».
La più bella soddisfazione data dai nipoti?
«Virginia è diventata una bravissima chef nella mia Orecchietteria e Pietro frequenta fisica nucleare all’università in Olanda».
Complimenti!
«Sì, però i master universitari costano un botto, e pago io. Ne sono felice, ma mi consenta una battuta: i giovani fanno i master e noi vecchi ci facciamo il mazzer!».