Corriere della Sera, 22 luglio 2019
Chi paga il conto delle aziende in crisi?
Mercatone Uno, fallimenti due. Il gioco di parole è semplice, la realtà drammatica: la catena di 79 centri commerciali di mobili, complementi d’arredo ed elettrodomestici, 3.500 dipendenti, va a gambe all’aria una prima volta nel 2015; la gestione passa nelle mani dei commissari scelti dal ministero dello Sviluppo economico. Tre anni dopo la svendono a una holding che fallisce in 10 mesi. Risultato? L’azienda di nuovo commissariata, i 1.800 dipendenti (la metà di quelli iniziali) in cassa integrazione, e 300 milioni di debiti in più. Chi paga?
129 gruppi commissariati
Mercatone è il caso estremo che svela i limiti della normativa a protezione delle grandi aziende. Sono due le leggi che regolano le crisi: la Prodi bis, del 1999, e la Marzano, scritta nel 2003 per salvare la Parmalat. La prima prevede non meno di 200 dipendenti, la seconda almeno 500. Vediamo i numeri aggiornati: sono 101 le procedure aperte ex Prodi bis affidate a 111 professionisti, dei quali 41 con più incarichi. Poi ci sono 28 procedure ex legge Marzano, tra le quali Volare, le due Alitalie, Tirrenia, Valtur, Ilva, Condotte, Piaggio Aero Industries. I professionisti incaricati sono ad oggi 48, di cui una decina con incarichi anche in aziende in Prodi bis.
Chi sceglie i commissari
Dal 2016, per ogni procedura, la nomina dei commissari passa da un bando pubblico, una commissione vaglia i candidati e il ministro sceglie. Dal 2018 il ministro Luigi Di Maio ha introdotto il sorteggio. Ma se c’è un motivo valido (a discrezione del ministro), si può tornare alla nomina diretta. Ed è quello che è successo ad aprile con l’Ilva.
Di sicuro i professionisti che stazionano nei paraggi di Via Veneto, sede del ministero, sono sì e no 150, sempre gli stessi, e devono essere molto rapidi a candidarsi. Nel caso di Mercatone Uno, il bando del 12 giugno scadeva alle due del pomeriggio del 14; quello per commissario giudiziale di Stefanel era del 24 giugno, con scadenza giovedì 27: tre giorni appena per la selezione, compresi sabato e domenica.
Gli incarichi multipli
Sono tutti avvocati, revisori contabili, commercialisti (rari i manager), con una fiorente attività privata, accademica, e incarichi nei cda di grandi aziende, ad incassare anche le amministrazioni straordinarie, spesso multiple. I campioni: Stefano Ambrosini (a quota 6), Stefania Chiaruttini (a quota 5), Alberto Falini (quota 5), e poi Oreste Michele Fasano, Giuseppe Leogrande, Renato Nigro, Franco La Gioia, Lucio Francario (a quota 4). Insomma la domanda da sempre è: quanto tempo possono dedicare alle società da rimettere in carreggiata? E chi controlla più di 100 procedure?
Agonie lunghe venti anni
I casi di successo sono pochi: quello più noto è Parmalat, che venne risanata da Enrico Bondi in circa due anni convertendo i debiti in azioni. Di solito però i commissari tengono in piedi l’azienda in attesa di un acquirente per salvare i posti di lavoro, che è il vero obiettivo della procedura. In media servono uno-due anni ma le procedure restano aperte anche per 19 anni. È il caso del gruppo Bongioanni, in Prodi bis dal marzo 2000; Cirio, Giacomelli e Tecnosistemi sono del 2003, Minerva Airlines, Arquati e Olcese del 2004; Parmatour del 2005. Tutte ancora aperte in attesa delle cause di responsabilità e di recupero crediti. E il tempo non gioca mai a favore.
Il caso emblematico: Mercatone Uno
Nel 2015 i soci di Mercatone Uno, Romano Cenni e Luigi Valentini, chiedono il concordato in bianco: ci sono 500 milioni di debiti e quasi la metà dei punti vendita da chiudere perché bruciano cassa. Gli azionisti non ci stanno e preferiscono finire in amministrazione straordinaria. I tre commissari, l’avvocato Stefano Coen, il commercialista Ermanno Sgaravato e l’esponente delle Coop Vincenzo Tassinari, fedeli all’imperativo del Mise di salvare i posti di lavoro tengono aperti i negozi cercando di vendere il gruppo in blocco. Alle due aste (rispettivamente per 280 e 220 milioni) non si presenta nessuno. Si va a trattativa privata e nel 2018 – tre anni dopo il crac – la gran parte dei punti vendita (55) finisce in mano alla Shernon Holding di Valdero Rigoni per 10 milioni, più l’impegno all’acquisto degli immobili. Ma i soci finanziari non ci sono, Shernon di fatto è una scatola vuota con sede a Malta, e fallisce dieci mesi dopo. A maggio 2019, a fronte di un attivo di 15 milioni, aveva maturato debiti per 101 milioni, di cui 11 nei confronti dell’Inps. Che si aggiungono ai 200 milioni di debiti fatti dai commissari e 50 milioni di contributi previdenziali non versati ai dipendenti. E adesso riparte la giostra con tre nuovi commissari.
L’inganno dello Stato verso i fornitori
Chi paga il conto? I contributi non versati saranno ripianati dalle nostre tasse, mentre per i circa 500 fornitori, che dall’inizio della crisi ad oggi hanno perso più di 300 milioni, non ci sarà paracadute, perché sono piccoli e rischiano a loro volta la chiusura. Mai avrebbero fornito merci ad un’azienda piena di debiti, se non ci fosse stata la garanzia (tradita) della presenza dello Stato attraverso i commissari.
Compensi milionari anche se il risultato è zero
Le parcelle dei commissari nel frattempo maturano lo stesso. E sono «straordinarie», perché calcolate su passivo e attivo del gruppo. Il compenso liquidabile ai vecchi commissari di Mercatone Coen, Sgaravato e Tassinari è di 7,2 milioni. Quello effettivo lo stabilirà il ministero, e per legge arriverà prima di pagare gli altri crediti.
La riforma che non decolla
Magistrati e giuristi sono concordi: queste procedure non può gestirle la politica, perché troppo spesso non si pagano i debiti vecchi, facendone di nuovi. L’amministrazione straordinaria ha senso per le imprese strategiche, come Alitalia o Ilva, per le quali lo Stato è pronto a metterci soldi e a varare leggi ad hoc. Per le altre si dovrebbe riportare la competenza sul territorio, ai tribunali delle imprese, per proteggere al meglio i creditori, che in gran parte sono i fornitori. Con la riforma del diritto fallimentare dello scorso febbraio, che entrerà pienamente in vigore ad agosto 2020, si era provato a cambiare le cose. Ma la parte sulle amministrazioni straordinarie è stata stralciata.