Libero, 21 luglio 2019
Storia delle violenze contro i cristiani
Si legge o si ascolta pronunciare la parola “schiavitù” e subito, agli occhi di tutti, ecco apparire le orride navi che contenevano esseri umani trattati come bestie in partenza dalle coste africane per raggiungere le piantagioni americane. Nessuno potrebbe pensare, anche solo per un attimo, a file di uomini e donne europei, trascinati in catene e venduti al miglior offerente. Eppure è successo, le vittime di questo commercio erano irlandesi e cattolici. Nessuno lo ricorda, la storiografia ufficiale lo ignora. Se si pronuncia la parola “persecuzione”, vengono in mente moltissimi esempi, ma difficilmente ci si ricorderà del fatto che nell’Inghilterra della Grande Elisabetta venivano perseguitati e spesso uccisi monaci, suore, famiglie intere perché non volevano aderire alla nuova Chiesa anglicana creata da Enrico VIII e rimanevano fedeli al Papa, a Roma. Accanto agli stermini perpetrati dai nazi-fascisti, e quelli dei tempi di Stalin e del regime sovietico, bisognerebbe ricordare quelli in Cambogia con Pol Pot, a suo tempo osannato da certa sinistra. E raramente qualcuno lo ricorda. Dici “genocidio” e ovviamente pensi all’abominio della Shoah. Ma c’è voluto oltre un secolo per far ricordare al mondo quel che ha patito il popolo armeno, il primo popolo cristiano, da parte della Turchia nei primi decenni del Novecento. E ancora oggi, parlarne può essere molto pericoloso, da quelle parti. Come sapeva bene il giornalista Hrat Dink, ucciso perché alla ricerca della verità su questo tema.
L’INDIFFERENZA
Meccanismi della cultura di massa, della formazione dell’opinione pubblica globalizzata. Alcuni capitoli della storia sono sconosciuti, rimossi, offuscati, dimenticati. Il politically correct dilagante, anche nella Chiesa, anche nelle più alte sfere vaticane, tra i bergogliani di ferro e i “cattolici adulti”, non giudica necessario approfondire. Si inorridisce per tante cose, non abbastanza per queste. Ci si vergogna perfino di definirsi cattolici… Perciò con un senso di stupore attonito si riscopre la storia, con i suoi orrori, degli schiavi irlandesi, segnalata dal blog del vaticanista Marco Tosatti, il quale ripropone la lettura di uno dei 44 capitoli di cui si compone il saggio di Agostino Nobile dal titolo Quello che i cattolici devono sapere attoniti. Almeno per evitare una fine ridicola. Si tratta di un libro scritto qualche anno fa, nel 2015, (Edizioni Segno), ma che appare sinistramente attuale, se si pensa a quello che sta accadendo nel mondo. Come ha messo drammaticamente in rilievo anche il decimo rapporto a cura del Pew Research Center reso noto qualche giorno fa, dimostrando che la libertà religiosa è in declino, le persecuzioni religiose sono in aumento, soprattutto ai danni dei cristiani. Spiega Nobile cosa avvenne dopo i massacri scatenati da Enrico VIII e dalla figlia Elisabetta, in tutto il regno britannico, ma in particolare in Irlanda, dove la popolazione continuava ad essere “papista”, ormai drasticamente ridotta di numero e rimasta ribelle. Per contro, nelle colonie del Nuovo Mondo, al di là dell’Atlantico, permaneva la penuria di braccia da lavoro. Così il re Giacomo I pensò bene di risolvere con un’unica soluzione le due questioni: creò il commercio di schiavi cattolici. Il primo documento di vendita di schiavi bianchi, ricorda l’autore, fu stilato nel 1612, sette anni prima che i primi schiavi africani giungessero a Jamestown, in Virginia. Poi, nel 1625 Giacomo II stabilì ufficialmente che tutti gli irlandesi detenuti fossero inviati nelle Indie Occidentali, ossia nei Caraibi, e venduti ai proprietari delle piantagioni. Le prime navi deportarono 3030.0000 irlandesi, ma già a metà del Seicento costituivano la maggioranza degli schiavi delle colonie. Le cifre crudamente descrivono l’orrore: dal 1641 al 1652 lire 500.000 irlandesi furono uccisi e 300.000 venduti come schiavi. A partire dal 1650 più di 100.000 bambini tra i tredici e i quattordici anni furono portati via alle famiglie e venduti nelle piantagioni caraibiche, in Virginia e nel New England. Nel 1652 con la promulgazione dell’Act of Settlement l’intera nazione d’Irlanda fu bollata come colpevole di alto tradimento, i cattolici superstiti uccisi, messi al bando, deportati, le loro terre confiscate.
LE VERITÀ NASCOSTE
Jonathan Switf, il grande scrittore irlandese che inventò il mitico personaggio di Gulliver, nel 1725 scrive un pamphlet ferocemente satirico Una modesta proposta, che illustra come risolvere una volta per tutte la “questione” irlandese. Si tratta di far ingrassare i bimbi denutriti e darli da mangiare ai ricchi proprietari terrieri anglo – irlandesi. I figli dei poveri potrebbero essere venduti in un mercato della carne all’età di un anno, combattendo così il problema della sovrappopolazione e della disoccupazione. Ancora Nobile cita lo storico statunitense Marcus Jennegen, che descrive gli atroci viaggi nelle navi in cui venivano trasportati gli schiavi irlandesi, ammassati letteralmente nelle stive, mentre quasi la metà di queste persone moriva durante il viaggio. E i bambini, venivano gettati spesso in mare ancora vivi. E non si creda che i tempi felici dell’illuminismo e della Rivoluzione francese abbiano stroncato questi traffici di esseri umani, anzi essi ebbero nuovo impulso. Nobile scrive infatti: «Attraverso testimonianze documentate veniamo a sapere che nel 1798 gli inglesi gettarono in mare 1.302 schiavi nell’oceano atlantico per avere più cibo a disposizione per l’equipaggio». Del resto, bisognerà aspettare il 1829 quando fu promulgato l’atto di emancipazione, da parte del governo britannico, perché le famigerate leggi penale che per oltre secoli avevano perseguitato e discriminato i cattolici finissero il loro compito feroce. E dalla soffitta della Storia ben raramente vengono tirate fuori.