il Giornale, 21 luglio 2019
Il record di Netanyahu
Benjamin Netanyahu batte tutti i record e diventa il primo ministro israeliano più longevo della storia dello Stato ebraico. È stato al potere più di giganti come Golda Meir e Ben Gurion, il padre della patria che finora deteneva il primato. Adesso con 4873 giorni King Bibi l’ha sorpassato. Ha ricoperto il ruolo per 13 anni e 127 giorni. Quasi il 19% dell’intera storia di Israele. Netanyahu ha ottenuto il suo quinto incarico dopo il voto del 9 aprile, ma ora il 17 settembre si terranno nuove elezioni perché non è riuscito a formare un nuovo esecutivo. Netanyahu ha vinto la sue prime elezioni nel 1996. Allora il capo del Likud, ora 69enne, era diventato il più giovane primo ministro israeliano all’età di 46 anni. È anche il primo leader nato dopo la creazione dello stato nel 1948.
Ben Gurion e Netanyahu hanno avuto due stili di leadership opposti. Ben Gurion era un capo duro, pragmatico, socialista, che amava uno stile di vita frugale e spartano. Netanyahu anche egli duro e pragmatico, ma anche fieramente capitalista e amante della bella vita. Come leader del partito di destra Likud, Netanyahu ha abbracciato una posizione intransigente nel processo di pace israelo-palestinese. È un grande oppositore della formula terra in cambio di pace. E ha dichiarato in più occasioni che non ci saranno più evacuazioni di coloni.
I suoi sostenitori ritengono che Israele sotto la sua leadership non è mai stato più ricco, più sicuro e più accettato a livello globale, anche tra i leader degli stati arabi. Netanyahu secondo questi ha iniettato una dose di realismo nel dibattito sul come risolvere il conflitto con i palestinesi ed è stato decisivo nell’impedire all’Iran di fabbricarsi la bomba nucleare. I critici affermano invece che ha sprecato delle opportunità per raggiungere un accordo con i palestinesi, ha creato delle spaccature nella società israeliana e ha incoraggiato l’ascesa dell’estrema destra nel Paese.
Ma ora ad intralciare la strada di Bibi pesano tre accuse di corruzione che potrebbero incrinare il suo potere incontrastato. Un caso riguarda le accuse di aver ricevuto doni, tra cui sigari e champagne da miliardari, in cambio di favori. È anche accusato di avere agevolato l’azionista del gigante delle telecomunicazioni Bezeq, Shaul Elovitch, e le sue imprese in cambio di una copertura favorevole sul suo sito Walla. E l’altra indagine verte sui contatti con l’editore del quotidiano Yediot Ahronot per una copertura informativa favorevole in cambio di norme che avrebbero limitato la diffusione del giornale rivale Yisrael Hayom. Netanyahu ha negato tutte le accuse, e le ha bollate come una caccia alle streghe orchestrata dai media.
Ma il suo declino non è così ineluttabile. «Ha convinto molti elettori che è insostituibile», puntualizza Gideon Rahat, professore di scienze politiche all’Università ebraica di Gerusalemme. «Ha un grande talento nel non lasciare crescere nessuno sfidante all’interno del suo gruppo», continua Rahat.
Ma il segreto della sua longevità è anche di non aver intrapreso grandi campagne militari. Queste avrebbero provocato un gran numero di vittime israeliane. Come è avvenuto con la guerra del Libano del 2006 guidata dal suo predecessore Ehud Olmert. Nonostante la sua retorica, Netanyahu è stato moderato nell’uso della forza militare, anche contro i gruppi jihadisti a Gaza. E ha sempre posto la sicurezza all’apice della sua agenda politica. Nel 2011 ha rilasciato più di 1.000 terroristi palestinesi in cambio della liberazione del soldato israeliano Gilad Shalit. Un vero successo politico.