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 2019  luglio 21 Domenica calendario

Un Nasdaq per la Cina

Chiamatelo pure il Nasdaq cinese. Inutile nascondersi dietro a un indice: l’obiettivo dello Star di Shanghai è proprio fare concorrenza alla Borsa tecnologica americana. Spingere i campioni digitali mandarini a quotarsi in casa, evitare che scappino a New York, come Alibaba, o che ripieghino a Hong Kong come Tencent. Se la sfida secolare con gli Stati Uniti si gioca sull’innovazione hi-tech, la vittoria passa anche da qui. Non a caso ad annunciare a novembre questo Science and Technology Innovation Board, abbreviato in Star, è stato il presidentissimo Xi Jinping in persona. Lancio a tempo record dunque: domani la prima campanella darà il via alle contrattazioni, con 25 aziende pronte a fluttuare per la gloria nazionale. Nella speranza che non fluttuino troppo, considerato che molte di loro più che imprese fatte e finite sono startup, cioè scommesse sul futuro. In questo nuovo board le regole sono state scritte per loro, finora scoraggiate o respinte dai rigidi paletti dei vecchi listini cinesi, Shanghai e Shenzhen. Se prima si richiedevano almeno tre bilanci in utile, allo Star possono quotarsi aziende in rosso, come sono spesso le startup. Se prima la valutazione iniziale poteva essere al massimo 23 volte gli utili, ora il moltiplicatore si può alzare all’infinito; un produttore di chip lo ha fissato a 171 volte. In compenso, gli investitoripossono per la prima volta “shortare” su azioni individuali, cioè scommettere sul loro ribasso. Mentre il prezzo delle stesse sarà libero di oscillare come mai: del tutto nelle prime cinque sedute (contro il 44% attuale), poi del 20% (contro il 10). Alcuni già la celebrano come la più importante modernizzazione finanziaria della storia comunista. Altri temono di vedere i titoli decollare o sprofondare sulle montagne russe. Il mercato azionario cinese infatti è molto immaturo, dominato da una massa di piccoli investitori, un gregge pronto a inseguire bolle fin nel burrone. Il mandato del gran capo Xi garantisce allo Star un avvio con il botto: in coda per quotarsi ci sono ben 140 aziende, pronte a raccogliere 18 miliardi di dollari, mani forti sosterranno i prezzi. Ma poi? Nel gruppo sono rappresentati tutti i settori che il Partito comunista considera strategici, intelligenza artificiale, chip o biotecnologie, I nomi però sono semisconosciuti, altro che Alibaba. A meno di incentivi o pressioni politici, un’azienda cinese con prospettive globali dovrebbe continuare a preferire Hong Kong o New York. Almeno finché la guerra tecnologica non lo impedirà.