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 2019  luglio 19 Venerdì calendario

Lunga intervista a Ignazio Marino

In principio c’era Ignazio Marino, chirurgo specializzato in trapianti del fegato, senatore dem. Dopo aver vinto le primarie della sinistra, divenne sindaco di Roma stracciando Gianni Alemanno, sindaco uscente. Gli elettori della sinistra romana al gran completo, ma anche molti non di sinistra, gli avevano dato una delega in bianco. Vai! Roma fa schifo! Pensaci tu! Seguirono due anni sorprendenti e incredibili. Ignazio chiuse la mega discarica di Malagrotta, cacciò i camion-bar dal Colosseo, pedonalizzò via dei Fori Imperiali e piazza di Spagna, aprì le spiagge di Ostia ai non paganti, dichiarò guerra ai tavolini che invadevano il centro, ottenne, sconfiggendo la burocrazia, l’apertura delle prime stazioni della Metro C. “Sposò” in Campidoglio coppie gay. Il tutto in pochi mesi.
Ma proprio in quei pochi mesi, in maniera strisciante, si mise in moto un’efficientissima macchina da guerra sostenuta dal suo stesso partito, il Pd di Matteo Renzi. Motivazioni abbastanza risibili: la sua Panda rossa scorrazzava senza permesso nella Ztl, gli scontrini dimostravano allegra gestione di una carta di credito per spese di rappresentanza... Cause, denunce, processi. Il Pd, impelagato in Mafia Capitale, con suoi esponenti indagati, accusati e messi in prigione, decideva che il problema era Ignazio Marino: doveva togliere il disturbo, farsi da parte, addirittura andare in esilio negli Stati Uniti.
Poi la Cassazione chiarì che Marino si era sempre comportato da persona onesta. E il Pd ripiegò sulla politica: «Ha perso il contatto con la città». Giorni convulsi che finirono con una procedura insolita: i suoi consiglieri trascinati dal Pd nello studio di un notaio a dare le dimissioni che avrebbero causato la fine politica di Ignazio. E così fu. Marino, cecchinato dal suo stesso partito, come nemmeno ai tempi della Dc, se ne tornò in America dopo 28 mesi di sindacatura decisionista ma traballante.

Ignazio, come siamo messi a risentimento?
«Quando scoppiò la polemica inventata sulla Panda rossa si presentò in Campidoglio, accompagnato da Virginia Raggi e da Luigi Di Maio, uno dei più spietati nemici, il grillino Marcello De Vito, con delle arance: secondo loro dovevo andare in galera. In prigione c’è finito lui, ma io ne ho sofferto. Non c’è nulla da gioire se uno va in prigione».
Bilancio delle liti e delle polemiche?
«Venticinque procedimenti, assolto con formula piena in tutti».
Ti avranno chiesto scusa...
«Nessuno. Mai».
E ora ti viene voglia di riprovarci?
«Per carità! Oggi correrei di nuovo solo per vincere al primo turno col 70 per cento con un partito che non è il Pd. E poi il giorno della vittoria mi dimetterei dopo aver dimostrato chi ha perso il contatto con la città».
Da giovane eri scout.
«Facevo parte del gruppo Roma Nono, che creò problemi alla Chiesa. A quei tempi non si potevano mettere insieme maschi e femmine. Noi ci battemmo perché questo avvenisse. La Chiesa si opponeva».
E alla fine?
«Potemmo fare i campi insieme. Il problema era la promiscuità in tenda».
Non oso pensare. Tu hai approfittato della promiscuità?
«No, ero un ragazzino molto timido».
Anche Renzi era uno scout.
«Non riesco a immaginarmelo Renzi scout. Lo scoutismo è democratico. Quelli che inseguono posizioni di comando incontrastato vengono emarginati».
Perché ti hanno chiamato Ignazio?
«Il mio papà era di grandi vedute, ma era siciliano e il nome del primogenito per un siciliano deve essere quello del nonno».
Soprannomi?
«In America le infermiere mi chiamano Iggy. Il mio maestro, Thomas Starzl, il chirurgo che inventò il trapianto del fegato, mi chiamava Rocky l’indistruttibile: diceva che ero capace di tollerare qualsiasi tipo di fatica».
Hai lasciato scegliere al Pd i tuoi futuri consiglieri.
«Un errore gravissimo e imperdonabile. Deve essere il leader a scegliere le persone che corrono insieme».
E infatti, alla fine, i tuoi consiglieri ti hanno tradito. Tutti.
«Tutti e 19. Sono l’unico che è riuscito a compattare il Pd. Non si è mai visto».
Quanti fegati hai trapiantato?
«Almeno seicento come primo operatore. Ma ho partecipato a più di duemila trapianti».
Quando operi hai le tue manie...
«Prima di entrare in sala non voglio nessuno attorno a me. Mi lavo e dico il Padre Nostro. Poi chiedo alla Madonna di liberarmi la mente, di lasciarmi solo il pensiero del paziente».
Salvini ha ringraziato la Madonna perché ha fatto vincere la Lega.
«So per certo che la Madonna non vota e non partecipa alla campagna elettorale».
Domanda impegnativa: tu lo mangi il fegato alla veneta?
«L’odore del fegato alla veneta è lo stesso che si sprigiona quando tocchi il fegato con l’elettrobisturi. Insopportabile. Non l’ho mai mangiato né mai lo mangerò».
Studiavi al liceo Tasso.
«Non era facile. Era tra il ’68 e il ’69. Più assemblee che lezioni».
E il ’68? Il ’77? Slogan truci?
«Mai da giovane. Da sindaco ho detto “Fascisti tornate nelle fogne”. Mi è costato due processi».
Fascisti carogne tornate nelle fogne”.
«No, carogne no, non l’ho detto, mi sembrava eccessivo».
Sei cattolico?
«Esistono i cattolici praticanti e i praticanti non cattolici...».
Tu?
«Ero un cattolico poco praticante. Adesso sono praticante».
Hai cominciato la tua carriera politica puntando su diritti civili, fecondazione assistita, testamento biologico, ius soli, matrimonio gay, chiusura dei manicomi criminali. Ti chiedi perché ce l’avevano con te? E non parliamo di quello che hai fatto a Roma...
«Un mese dopo essere stato eletto sindaco, in una intervista con Carlo Bonini, dicevo che percepivo la presenza della mafia a Roma. Tutti dicevano che la mafia non c’era, a partire dal prefetto Pecoraro...».
Eppure tutti citano quella frase che hai detto allo scoppio di Mafia Capitale: “Non me ne ero accorto”...
«L’ha scritto solo Fabrizio Roncone sul Corriere della Sera. Ma io non l’ho mai detto. Detesto questa maniera di fare giornalismo in cui si inventa tutto».
Se tu fossi Di Maio che cosa faresti dopo la sconfitta dei Cinquestelle?
«Non riesco a mettermi nei suoi panni. Ma sarebbe meglio che si staccasse dalla Lega prima che la Lega cacci lui».
Anche tu avresti dovuto andare via prima che ti cacciassero.
«La mia situazione era diversa. Io ero un innovatore. Di Maio no».
Renzi riciccia?
«Matteo Renzi è uno straordinario affabulatore, ha battuta pronta, cinismo, ambizione. Navigherà sempre nel mondo della politica. Non ce lo vedo Renzi che apre una trattoria».
Di fronte al problema della Panda, pensai: fosse successo al sindaco di New York, chi gli avrebbe contestato un divieto di sosta? Roba di piccolo cabotaggio, come gli scontrini...
«Io avevo fatto una donazione: 10 mila euro all’anno dal mio stipendio a favore del bilancio del Comune. Ti pare che uno dona 10 mila euro poi gliene ruba 952?».
Mi sono chiesto: non sarà che il sindaco di Roma ha qualcosa di simile alla cleptomania? Hai presente Soros che ruba una merendina all’Esselunga?
«Non ho mai fatto cose del genere».
Non sei cleptomane? Sicuro? O uno che ruba sulle note spese? Sapessi quanti giornalisti...
«Mai portato via neanche una bottiglia di minerale dalla camera di un albergo...».
Nemmeno una saponetta? Lo fanno tutti. Credo anche Soros. Non è rubare.
«Se chiedo la colazione in camera e mi rimane il piccolo contenitore del miele lo porto via».
Perché Renzi ce l’aveva con te?
«A me non l’ha mai detto. Di certo per il Pd non ero affidabile. Mi suggerivano i nomi delle persone da nominare e io ne sceglievo altre sulla base del curricula e non della vicinanza politica».
Solo questo?
«Uno che nei primi 90 giorni cancella 160 permessi edilizi in aree agricole, chiude la discarica di Malagrotta, parliamo di miliardi...».
Questo fa pensare che il Pd fosse impelagato pesantemente in questi affari...
«Sono 11 anni che il Pd è all’opposizione a Roma. Opposizione moderata ad Alemanno. Opposizione violenta contro di me. Di nuovo opposizione moderata alla Raggi».
Ignazio, non potevi dimostrare un minimo di disponibilità al compromesso?
«No».
Ma perché no?
«Ebbi la richiesta dal vicesegretario del Pd, Lorenzo Guerini, di nominare vicesindaco Mirko Coratti. Io dissi: se nomino Coratti e poi incorre in qualche incidente giudiziario? Facciamo così: Matteo Renzi dichiari pubblicamente che Coratti è il migliore candidato alla posizione di vicesindaco che ci sia in Italia».
A questo punto tu lo avresti nominato vicesindaco?
«Certo. Se è il premier che garantisce! Ma questa dichiarazione Renzi non l’ha mai fatta e poi, purtroppo, Coratti è stato arrestato e condannato».
Renzi si è mai fatto sentire con te?
«Non rispondeva al telefono nemmeno per questioni istituzionali tra premier e sindaco di Roma».
Una delle poche persone che ti ha difeso, almeno una volta, è stata la Raggi. Ha detto che il merito dell’allontanamento dei camion-bar dal Colosseo è stato tuo.
«Scaltra. Ha praticamente detto alla famiglia Tredicine, che gestisce il business, che lei non c’entra niente se hanno perso l’affare. È stato Marino».
Lei conosce il mondo della comunicazione. Tu invece...
«Sarà... Ma se la città non la governi, se muore sepolta dai rifiuti, se nelle strade si aprono voragini, con i trasporti pubblici moribondi, che vuoi comunicare...».
Se volevano fregarti non facevano prima a tirare fuori una escort o a metterti una bustina di droga nel cassetto?
«Forse ci hanno provato, e non essendoci riusciti si sono dovuti limitare a denigrarmi con stratagemmi che la Cassazione ha liquidato con frasi severissime, come “indagini infondate” e ipotesi di reato “frutto di fantasia”».
Ti sei dato una spiegazione?
«Ho dato fastidio a tanti, ma qualcuno coordinava il gioco. Mi sono spesso chiesto come mai quotidiani che erano in competizione tra loro pubblicassero gli stessi titoli, le stesse parole, gli stessi aggettivi. Tutto per ridicolizzare la persona del sindaco».
I peggiori?
«Galli Della Loggia scrisse, sulla prima pagina del Corriere, della “inconsistenza ridanciana e vagamente imbrogliona del sindaco Marino”».
Rifaresti quello che hai fatto?
«Se sapessi di dover attraversare anni di ferite e dolore, no, non lo rifarei».
Non ti hanno sgridato solo quelli del Pd. Ti ha sgridato perfino il Papa. Durante il famoso viaggio di ritorno da Filadelfia, un po’ seccato, disse: “Io Marino non l’ho invitato, chiaro? E nemmeno gli organizzatori. Chiaro?”.
 «Quello che disse il Santo Padre non corrispondeva al vero. Io ero stato invitato dagli organizzatori, dal sindaco e dall’arcivescovo di Filadelfia. Mi sistemarono in prima fila, a pochi metri dal Papa. Conservo ancora il badge».
Poi hai sentito il Papa?
«Ci siamo anche visti. Ci siamo seduti accanto e io gli ho fatto vedere la lettera di invito a Filadelfia firmata dall’Arcivescovo».
E lui?
«Mi ha ascoltato. Gli ho detto: “Santo Padre, lei una volta mi disse che spesso per perseguitare i cristiani li fanno sbranare vivi dai cani. Quando lei ha pronunciato quella frase sull’aereo, il messaggio, per molti, è stato: lanciate pure i cani contro Marino”».
Pesantino.
«Il Santo Padre mi disse che dovevo assolutamente rendere pubblica quella lettera di invito. Io dissi: “Santità, lei porta l’anello del pescatore, il simbolo dell’autorità del Santo Padre, le pare che io possa rettificare quello che ha detto l’uomo che porta l’anello del pescatore? Se lei avrà modo e intenzione, lo farà lei”».
Ancora più pesante. E lui l’ha fatto?
«No, ma mi ha assicurato che l’avrebbe fatto».
Hai votato Pd alle Europee?
«No. C’è un limite al masochismo».
Ti è mai venuta in mente l’idea di fare un tuo partito?
«Nel 2014, quando ci furono gli arresti di importanti referenti del Pd romano, diversi uomini di sinistra come Luigi Nieri di Sel mi dissero: “Ignazio, la cosa migliore da fare è dimettersi e ricandidarsi con una lista indipendente”. Ma io non volevo fermare il cambiamento. Dissi alle persone più vicine, Nieri, Roberto Tricarico, Alessandra Cattoi: se facciamo questo, certamente vinciamo, ma è più importante far vincere la città e quindi dobbiamo continuare. È un altro dei miei errori di ingenuità. Ho sbagliato».
Per la politica dell’immigrazione ha fatto peggio Salvini o Minniti?
«Entrambi hanno avuto visioni lontane dalla necessità di offrire accoglienza a chi la chiede».
Gioco della Torre. Di Maio o Salvini? Chi butti?
«Di Maio. Salvini è un avversario con le idee chiare anche se opposte alle mie».
È fascista?
«Certamente non appare democratico. Un ministro dell’Interno che genera odio sociale è un problema grave per l’Italia. Anche perché...».
Anche perché?
«I messaggi di Salvini sono elementari. Ma drammaticamente efficaci».
Di Maio lo ritieni incompetente?
«È un giovane apparentemente animato da un grande desiderio di fare. Io appartengo ad un mondo dove per fare bisogna prima conoscere. Non mi farei operare da un chirurgo senza provata esperienza».
Giorgetti o Toninelli?
«Toninelli. Del resto ci ha portato una grande visibilità internazionale. Anche all’estero si parla molto di lui».
Battutona! Che cosa ti rimane di quei due anni?
«L’orgoglio. Nessuno tra qualche decennio ricorderà chi ha pedonalizzato Piazza di Spagna e i Fori Imperiali, chi ha chiuso Malagrotta, chi ha avviato la Metro C, chi ha registrato i primi matrimoni gay. Eppure sono cambiamenti epocali, che rimarranno».