il Fatto Quotidiano, 20 luglio 2019
E se Cairo va in politica? Panico al Corriere
Ma noooo… dai… È una stronzata galattica! Perché mai dovrebbe farlo? Ma chi glielo fa fare? Per guidare cosa, un partitino del 3%? Ha molto più potere come editore del Corriere e di La7… Oddio, poi però non vorrei essere smentito dai fatti. Ecco, se poi succede ti autorizzo a richiamarmi e dirmi che sono un cretino!”. Uno dei pochi a prenderla un po’ alla leggera, a stare al gioco, divertendosi, è Pigi Battista. Gli altri non solo non vogliono metterci la faccia, ma rispondono con aria da funerale.
Parliamo del Corriere della Sera, il principale quotidiano italiano, e dei suoi giornalisti. La domanda è: come viene presa, in redazione, l’ipotesi che Urbano Cairo, editore del giornale come presidente e amministratore delegato di Rcs Media Group dall’agosto del 2016, possa entrare in politica? Come ci si pone di fronte a questo scenario che, al momento, non è alle viste ma, come ha detto lo stesso Cairo, “mai dire mai”. Quello che abbiamo trovato, facendo un po’ di telefonate ai suoi giornalisti, sono silenzi imbarazzati, nervosismo, musi più o meno lunghi, terrore puro di fronte a un’ipotesi del genere. “Io non ne so assolutamente nulla, dovresti sentire Milano, la testa pensante del giornale”, dicono a Roma. “Ma non saprei, forse è meglio sentire Roma, il cuore della redazione politica è lì”, ribattono da Milano. “Non ho sentito nulla, non se ne parla proprio”, altra reazione. “Io sono la meno adatta, vado poco al giornale e non mi occupo di gossip aziendali”, dice una cronista. “Su questo non dico niente!”, un altro. Poi, però, come sempre, qualcuno che parla si trova. “Cairo in politica al Corriere è un argomento tabù perché la sola idea ci terrorizza. Se dovesse scendere in campo sarebbe la fine del giornale, della sua autorità e della sua indipendenza. Non è mai accaduto, ci sarebbe il terremoto in sala Albertini. Chiaro che non potrebbe essere più lui il nostro editore… In realtà nessuno di noi crede davvero che Cairo, un editore puro che con giornali e tv ci fa pure i soldi, si butterà in politica, ma il solo pensiero crea nervosismo e tensioni, specialmente ai piani alti. E la sua iper presenza nelle pagine del gruppo non aiuta…”, racconta un giornalista che, naturalmente, chiede l’anonimato. Urbanetto, infatti, è iper presente su Corriere e Gazzetta. Una volta come presidente del Torino, un’altra come capo di La7, un’altra ancora come imprenditore del settore editoriale. Una foto di qua, un’intervista di là. Poi, che questo sia prodromico ad acquisire notorietà tra i lettori in vista di un impegno in politica, ce ne corre. “Rientra più in un suo mood caratteriale, un po’ da bauscia milanese: mi sun chi a fa i danè, mica balle…”, dicono.
Alloratorniamo a Pigi. “Non siamo nel 1994, quando arrivò Berlusconi. Ora c’è un Salvini pigliatutto, non c’è lo spazio politico e nemmeno le condizioni. Che si dovrebbero creare. La situazione dovrebbe peggiorare al punto da vedere in Cairo un salvatore della patria, un po’ come Monti nel 2011. Col Corriere e La7 ci guadagna. Perché dovrebbe rovinarsi?”. Le sirene della politica, però, sono spesso irresistibili. Al richiamo non ha saputo resistere, appunto, neppure il compassato Mario Monti. Figuriamoci il “berluschino”, come lo chiamavano in certi ambienti milanesi negli anni 90. Il fatto che lui non lo escluda ma si diverta a lasciar correre la voce genera, però, timore e scompiglio. Francesco Verderami, per esempio, a un convegno sulla rinascita del centro qualche giorno fa, ha lasciato cadere queste parole: “Non è più il tempo in politica dei leader provenienti dalla società civile…”. A chi pensava? Secondo alcuni ogni tot Cairo commissiona sondaggi, che finora pare non siano andati benissimo. “Per il mio successore avevo pensato a Cairo. Ma visto quello che ho subìto io, ha declinato”, ha detto qualche mese fa Berlusconi.
Che i due ne abbiano parlato in un paio di occasioni, risulta a più persone. Del resto Cairo, dopo esser nato professionalmente con lui, finora ha seguito le orme del Cavaliere in tutto. Manca solo la politica.