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 2019  luglio 20 Sabato calendario

Biografia di Boris Johnson

C’è chi scivola sul “Trota”, chi sull’aringa, come Boris Johnson, che in un comizio mercoledì, in una delle sue sceneggiate adorate dai fan conservatori, ha sventolato il pesce in questione, affumicato e confezionato, urlando alla folla: «Ecco, questa aringa secondo i burocrati di Bruxelles deve essere incartata con una borsa del ghiaccio. Che cosa costosa, inquinante e inutile! Ecco la follia dell’Unione Europea!». Peccato che la legge citata da Johnson non fosse dell’odiata Ue, ma britannica. Una gaffe colossale di colui che, a meno di clamorose sorprese, martedì prossimo sarà eletto primo ministro britannico, per un nuovo, delicatissimo capitolo del destino del Regno Unito in piena tempesta Brexit.
Ma Alexander Boris de Pfeffel Johnson, anzi “Boris”, 55 anni, è così: la scampa sempre, come in passato quando si è abbandonato ad offese razziste («i neri hanno sorrisi come angurie»), islamofobe («le donne musulmane velate mi sembrano cassette della posta») o omofobe ( bumboys , ovvero “culattoni”) che avrebbero dilaniato la carriera di qualunque politico britannico. Perché Boris sa minimizzare ogni sua figuraccia, come quando è rimasto appeso come un salame su una corda mentre faceva campagna per le Olimpiadi a Londra; ogni suo scivolone con il suo irresistibile humour, con un lessico pregiato e irriverente, con la sua auto-ironia falsamente timida ma spietata. E poi, affonda il colpo, a sorpresa, sfruttando qualità spesso nascoste, come quando nel 2008 diventò sindaco di Londra recuperando 17 punti dall’uscente laburista Ken Livingstone.
Ora, che premier sarà Boris Johnson? La risposta è proprio nell’aringa. Perché Boris Johnson ha lanciato la sua carriera, prima giornalistica e poi politica, fabbricando bufale o esagerazioni contro l’Europa. Perché proprio a Bruxelles ha ricostruito il suo personaggio dopo un vergognoso licenziamento dalTimes per una fake news su una relazione gay di Edoardo II dove s’era inventato le dichiarazioni persino del suo padrino. Perché Bruxelles, dove suo padre Stanley nel 1989 trapianta la famiglia prima da diplomatico britannico e poi parlamentare Ue, l’allora 24enne Boris la odia, a maggior ragione quando la madre va in depressione dopo il divorzio. Perché Johnson inizia a farsi chiamare Boris – unicum nella formale Inghilterra – proprio nella capitale belga, per un impiego "noioso" ma poi, grazie alla sua inarrestabile fantasia, frizzante come l’amato champagne.
«L’Italia sconfitta nella lunghezza dei profilattici imposta dall’Ue»; «Il piano di Delors per comandare in Europa»; «Il palazzo Berlaymont sarà fatto esplodere»; «Il complotto tedesco contro il commissario britannico Ue». Titoli accattivanti, storie spesso gonfiate, lettori e capi del suo Daily Telegraphentusiasti, colleghi degli altri giornali infuriati dalle sue scorrettezze. Ma Boris non ha mai dato prova di grande fedeltà, come dimostrano anche i suoi due ex matrimoni in pezzi, una valanga di amanti, almeno cinque figli ed esplosivi litigi come l’ultimo con la sua attuale fidanzata Carrie Symonds. Del resto, già da bambino Boris si spettinava i capelli biondo platino per darsi una finta aria arruffata. A Bruxelles, invece, guida macchine sportive rosse, veste calzoni bucati, si auto- insulta nel suo ufficio per motivarsi, esala strafottenza e francese volutamente storpiato alle conferenze stampa.
«Ma Boris è così», dicevano in Belgio derubricandolo come un simpatico buffone, anzi un mezzo clown, come in una recente copertina dell’Economist, che amava i classici latini e l’ironia di P.G. Wodehouse. Col tempo, però, ci ha preso gusto a essere sempre in prima pagina, a diventare in patria il cavaliere dell’antieuropeismo, a rendersi il cocco del partito conservatore e di Margaret Thatcher. Peccato però che, seppur ilari, i suoi articoli da Bruxelles siano stati cruciali nel forgiare nel tempo un vigoroso euroscetticismo nel Regno Unito, poi sfociato nella Brexit, e a influenzare la percezione dell’Europa anche negli altri Paesi, vedi la Danimarca e il suo no a Maastricht nel 1992, come ha spiegato al Guardian Uffe Ellemann-Jensen, allora ministro degli Esteri a Copenaghen. Insomma, oltre a essere euroscettico, Boris Johnson in Europa ha lasciato un ricordo pessimo, che ne ha minato la credibilità. Per questo, una svolta nei negoziati sulla Brexit è impossibile prima della scadenza del 31 ottobre. Quando, se non ci sarà accordo tra Regno Unito ed Europa, Londra uscirà brutalmente dall’Ue con il “No Deal”, come minaccia lo stesso Boris, dalle conseguenze economiche probabilmente pesantissime. Quando prenderà il timone, e cioè mercoledì dopo essere andato dalla Regina in scia alla dimissionaria Theresa May, le successive 36 ore saranno decisive per Boris e metteranno seriamente alla prova un politico che sinora se l’è cavata meravigliosamente: il partito conservatore spaccato, una catastrofe economica in arrivo, elezioni anticipate dietro l’angolo, crisi internazionali gravissime come quella con l’Iran. Che premier sarà Boris Johnson? Oltre ai suoi, l’unico a credere platealmente in lui è il suo amico e mezzo alter ego, Donald Trump: «Farà un gran lavoro, mi piace», ha assicurato ieri il presidente americano, impaziente di stringere un accordo commerciale con Londra, solo se estremamente favorevole agli Stati Uniti, ovvio.