ItaliaOggi, 20 luglio 2019
Biografia di Alphons Mucha
Il 4 luglio 1939 si spegneva a Praga il più grande artista del Liberty. Aveva trascorso una vita di intenso lavoro, ma anche di successi inauditi e di diffusa ammirazione. Ma la sua morte, a 79 anni, fu la cosa più triste. Aveva visto arrivare i panzer dei nazisti e lui stesso aveva passato alcuni giorni in prigione. Alphons Mucha era un grande patriota e i tedeschi lo sorvegliavano. Quando si parla di lui si pensa subito ai manifesti, un genere nel quale ebbe ben presto la esclusiva. Ma fu molto di più. Nato nel 1860, aveva studiato a Monaco, ma il trionfo suo fu a Parigi, dove trovò Sarah Bernard la sua ninfa Egeria. Nel 1894 la grande attrice francese recitava la «Gismonda» di Victorien Sardou, per la quale disegnò il manifesto.
Fu un successo internazionale e al servizio della superdonna egli rimase per i sei anni successivi: manifesti, cartoline, scenografie, pannelli decorativi, costumi, gioielli. Esaltato un tutto il mondo un bracciale Serpente, in oro cesellato e smalto con opali incisi, esibito dalla «Voce d’Oro» nel 1898 nella Medea: il Serpente si avvolgeva a doppia spirale intorno al polso e invadeva il dorso della mano dove poggiava la testa e la lingua.
Siamo nel pieno del trionfo del Liberty, del quale le sue donne floreali e insieme esotiche diverranno un archetipo obbligato. Tutte esaltavano la bellezza e la giovinezza, eleganti e dinamiche seducevano lo spettatore guardandolo direttamente negli occhi Da Parigi, dove visse diciassette anni, questo artista sintetico e sincretico portò le sue creazioni a New York, dove rimase sei anni.
Era un’arte ornamentale, com’egli scrisse nel suo grande trattato sull’arte floreale: «Ogni superficie ha solo certe linee e certe curve che possono essere usate impunemente ed esse funzionano da scheletro sul quale si sviluppa l’ornamento. Che ha come scopo quello di elevare l’oggetto abbellito, sia le superfici geometriche che la materia di cui si compone l’oggetto» (Figures décoratives, 1905).
Slavo della Moravia, sperava nella indipendenza della sua patria. Quando nel 1918 nacque la Cecoslovacchia, egli esaltò la nuova nazione disegnandone le banconote e i francobolli. Ormai lo stile floreale aveva ceduto al Déco e inizia per Ernst un nuovo e forse più grande periodo: quello della pittura celebrativa. Già nel 1910 aveva programmato un ciclo di grandi quadri (metri 6x8 ciascuno) da offrire alla sua patria: all’«Epopea slava» lavorò sino al 1918.
Troppo gigantesche le pitture non furono raccolte nella capitale, ma in un castello e, durante l’occupazione nazista, nascosti. Dopo alcuni trasferimenti, la città di Praga, ormai libera anche dalla seconda schiavitù, quella comunista, nel 2012 ha trovato loro una destinazione fissa, turisticamente adeguata, nel palazzo Veletrzní. Si tratta di venti tele, che tracciano la storia militare, religiosa e culturale del popolo slavo tra il III e il XX secolo. Si conclude con «L’apoteosi degli Slavi».
Un’opera grandiosa, che non fu capita e ammirata come la precedente produzione «leggera» di Mucha. Ma che esprime il suo animo patriottico e, a modo suo, religioso. A modo suo perché Mucha fu Gran Maestro della Massoneria, per la quale si impegnò durante tutti i suoi ultimi anni.
Non che fosse anticristiano, anzi. Ma cercava di accordare la fede di Gesù con i paradigmi della massoneria. Il suo modello di cristianesimo fu la grande spiritualità di Giovanni Hus, primo anticipatore della Riforma evangelica europea e bruciato a Costanza nel 1415 (cfr. l’album di Mucha, Jan Hus al Concilio di Costanza, 1902). Le terre ceche ne conservarono gli insegnamenti, al 90% gli abitanti erano hussiti (Fratelli Boemi).
Del resto egli dedicò i suoi disegni ad alcuni libri di forte ispirazione cristiana, sempre nel solco del suo Johan Hus. Nel 1899 Le pater. Egli espresse la sua interpretazione testuale e figurativa di sette frasi della preghiera con tre illustrazioni ciascuna: una preghiera intesa dunque come elevazione e slancio spirituale. Nel 1906 dipinse una serie di acquerelli dedicati a Le sette beatitudini. E nel 1935 pubblicò il Genesi, sette disegni di formato circolare dedicati alle giornate della creazione.
Il suo messaggio religioso è contenuto nell’opera Sull’amore, la ragione e la saggezza (1934), ch’egli fa corrispondere alle tre età della vita. Egli ammirava la semplicità della fede dei suoi concittadini, ma sperava che la loro religione un po’ ingenua si sarebbe trasformata nella scoperta del vero Dio, che, per lui, non era quello popolare con la barba bianca, ma un essere puramente spirituale, grande e onnipotente, la cui ombra immensa permea di sé tutto ciò che esiste. Era il Grande Architetto dell’universo.