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 2019  luglio 19 Venerdì calendario

Il nuovo contratto dei minatori

Non solo lavoro nei pozzi e in galleria ma anche bonifiche ambientali e archivistica. Crescita salariale, sino a 164 euro nel triennio 2019-2022, riconoscimento indennità sottosuolo e quadri. Poi assistenza sanitaria e previdenza complementare. Semplificazione delle procedure e innovazione e maggiore attenzione alla formazione per la sicurezza nei luoghi di lavoro.
Sono questi i punti salienti del nuovo contratto di lavoro delle miniere ratificato ieri mattina in Assomineraria a Roma e valido dal 1° aprile 2019 sino al 31 marzo 2022. Contratto che ha visto la convergenza tra i delegati delle aziende minerarie e quelli delle organizzazioni sindacali. Destinatari circa 4mila minatori (contro i 7mila di 9 anni fa) distribuiti in tutto il territorio nazionale. Nello specifico si tratta di una sessantina di siti ancora produttivi presenti in 14 regioni con un’alta percentuale in Piemonte, Sardegna, Toscana e Sicilia. «Nelle imprese associate ad Assomineraria ci sono circa 1.800 minatori – dice Mario Diluca della segreteria nazionale Filctem – a questi si devono sommare circa i circa 1.500 lavoratori che operano impiegati in aziende non associate ad Assominiere». Tra questi lavoratori anche le figure – è il caso di coloro che operano nelle saline – che non vanno in galleria o nei pozzi.
Nello strumento contrattuale che guiderà il prossimo triennio, per Assomineraria ha firmato il direttore Andrea Ketoff, attenzione anche alle procedure e alla burocrazia, oltre che al welfare. «Oggi si è arrivati a sottoscrivere un buon contratto sia per gli imprenditori sia per i lavoratori – commenta Antonio Martini, ingegnere e sino a qualche mese fa delegato di Assomineraria – siamo davanti a uno strumento che mette assieme semplificazione e innovazione». Quanto agli aspetti relativi al nuovo corso, l’aumento previsto sui minimi (Tem), nel triennio sarà di 140 euro per il quinto livello, mentre il trattamento economico complessivo (Tec) sarà di 164 euro. Il tutto suddiviso in tre tranche che prevedono 40 euro da gennaio 2020, 40 euro da gennaio 2021 e 60 euro da gennaio 2022. «Le somme definite per l’aumento dei minimi – fanno sapere i sindacati – non saranno suscettibili di alcuna modifica economica relativa alla verifica dell’inflazione nel triennio». A completare il quadro relativo all’aumento salariale le «quote destinate in aggiunta alla contrattazione di secondo livello». Si tratta di «200 euro per ogni anno di vigenza contrattuale». Non solo, per coloro che lavorano in galleria o nei pozzi previsto un incremento dell’indennità di sottosuolo «che viene aumentata di 2 euro lordi giorno» e passerà quindi da 10 a 12 euro. L’indennità quadri sale a 70 euro con un incremento di 13 euro. Il fronte relativo alla previdenza complementare prevede un aumento della quota a carico delle aziende del 2%.
Raddoppia il monte ore a disposizione per la formazione e l’attività dei rappresentati lavoratori sicurezza (Rlsa). Quanto all’assistenza sanitaria e alla previdenza complementare, i riferimenti sono quelli del settore chimico: Faschim e Fonchim. Una delle novità inserite nel nuovo contratto riguarda poi la questione ambientale e delle bonifiche. Anche alla luce della conversione che si apprestano a vivere numerosi siti minerari. Il contratto prevede anche l’ampliamento della «partecipazione del sindacato nelle scelte e nell’indirizzo dello sviluppo industriale delle imprese».
Tra gli ambiti previsti dal nuovo contratto anche l’archivistica legata al settore minerario giacché in molti casi le miniere in cui è cessata la produzione si trasformano in siti turistici o di ricerca. Non è comunque tutto. A Gorno nelle montagne della provincia di Bergamo la Energia Minerals Italia, proprietaria dello storico “Gorno Zinc Project”, sta procedendo alla definizione delle risorse disponibili con l’obiettivo di riavviare la produzione di piombo e zinco nel 2020.
Per il momento l’azienda ha investito 16 milioni di euro per riattivare le vecchie miniere di galena e blenda (da cui si ricava piombo e zinco) chiuse dagli anni 80 dall’Eni. Attualmente si procede per «definire il corpo minerario», poi si inizierà con l’estrazione delle materie prime. Non prima del 2020.