La Stampa, 19 luglio 2019
Intervista a Manuel Agnelli
Non è come in quelle storie d’amore in cui prendersi una pausa prelude allo lasciarsi per sempre. Gli Afterhours si fermano per un po’ - non sappiamo quanto - ma poi torneranno a suonare insieme «perché sono un bene da proteggere. Non vanno toccati devono restare quello che sono». Garantisce Manuel Agnelli che invece ha voglia di battere strade e di fare il suo primo disco da solista. E così, ieri sera al Bologna Sonic Park è andato in scena il penultimo atto dal vivo degli Aftehours, mentre il 19 agosto al Cinzella Festival di Taranto ci sarà l’ultimo. Fa un certo effetto anche solo scriverlo.
Agnelli, possiamo però dire che la sua attività da solista è iniziato mesi fa, con il concerto-reading nei teatri?
«Quel tour con Rodrigo D’Erasmo è stato un successo inaspettato, per dimensioni. La gente non sapeva nemmeno cosa sarebbe andata a vedere, ma è venuta lo stesso. Cosa rara in questi ultimi anni. È stato un bellissimo gesto di fiducia. Rispetto al concerto rock, a teatro ho potuto usare la voce diversamente. Senza essere costretto a bucare delle centrali di suono ho trovato nuove sfumature. È una dimensione che mi ha esaltato e spinto a percorrere nuove strade».
Ha già ipotizzato una data di uscita del disco?
«Per ora sto scrivendo, la mia idea è fare uscire qualcosa nel 2020, non so se uno più brani, una cover o un disco intero di inediti. Ormai lo streaming ha cambiato tutto e io ho voglia di fare musica liberamente e con leggerezza. Senza quei compromessi che porta lo stare in una band».
Non c’è il rischio che il disco di Manuel Agnelli suoni come un disco degli Afterhours senza gli Afterhours?
«Visto che la mia personalità nella band è sempre stata molto forte, non posso garantire che non ci sia questo rischio. Però proverò ad andare altrove. Come? Intanto usare il piano invece della chitarra per scrivere le canzoni può essere una grande cambiamento».
Vedremo su Rai 3 la terza edizione del suo programma Ossigeno?
«Mi piacerebbe e ci stiamo lavorando. Ma sapete come funziona, finché non ci sono i palinsesti, non c’è nulla di certo».
Al suo interno si suona, si parla di musica ma anche di politica. In Rai non è mai facile.
«Oggi si deve prendere posizione, non seguendo orientamenti partitici, ma come esseri umani pensanti. È un diritto e un dovere, specie se hai un megafono, per quanto piccolo come quello che abbiamo noi uomini di spettacolo e di cultura. Uno dei mali più grandi di questi ultimi anni è che non si è presa posizione».
Questa è un po’ la filosofia che ha accompagnato la nascita di Germi, il locale-libreria di Milano aperto con la sua compagna Francesca, Rodrigo e Gianluca Segale...
«Non ci interessa quello che funziona oggi. Volevamo un luogo che ci assomigliasse. Il nostro compito è trasferire delle esperienze, non ottenere dei consensi: in un’epoca in cui ottenere consensi è tutto, questo è un gesto politico. Aprire un posto così è stato un gesto politico».
Dopo tre estati passate nel ruolo di giudice di X Factor, questa è la prima lontano dalle audizioni. Come si sente?
«Non sento la mancanza, ma non esserci è straniante. Quello è un ruolo stimolante che ti permette di comunicare in tv in maniera potente. È finita, ma ero preparato. Sono sereno».
Tra Samuel, Sfera e Malika Ayane chi è il sostituto di Agnelli?
«Spero Samuel. Anche se siamo diversi per gusti musicali, anche lui arriva una grande esperienza professionale sana. Sa cosa significa lavorare e fare gavetta».