la Repubblica, 19 luglio 2019
Con FaceApp la Russia ci spia?
FaceApp diventa un caso politico. L’app che da giorni sta invadendo le nostre bacheche Facebook, facendoci sembrare più vecchi, è sospettata di essere una spia russa. Non un gioco innocente, ma uno strumento di sorveglianza. L’allarme arriva dagli Stati Uniti e a lanciarlo è Charles Ellis Schumer, leader della minoranza democratica al Senato, che in una lettera all’Fbi invoca l’apertura di un’indagine. Un’investigazione per stabilire se «i dati personali caricati su FaceApp da milioni di americani possano finire nelle mani del governo russo, o di entità ad esso legate», scrive Schumer, ricordando che «la Russia rimane una significativa minaccia quando si parla di controspionaggio».
E metti che il James Bond moderno si nasconda proprio in un’app, d’improvviso popolare. FaceApp è molto semplice da usare. Basta scaricarla gratuitamente dai negozi digitali di Google e di Apple e poi scegliere una foto o scattare un selfie, cui è possibile applicare una serie di filtri. Uno, in particolare, sta conquistando gli utenti. Tinge di bianco i capelli e aggiunge impietosamente rughe ai volti, promettendo a ciascuno il proprio personale ritratto di Dorian Gray. Un’istantanea dal futuro, elaborata da un algoritmo che lavora sui nostri lineamenti di oggi, stabilendone il domani. Complice una sfida social che invita a scoprire quel che sarà di noi tra trent’anni, nei giorni scorsi FaceApp ha riconquistato notorietà tanto in Italia quanto oltreoceano.
L’applicazione, però, non è nuova. Ha debuttato nel 2017, quando il programma ha visto la luce in un ufficio di San Pietroburgo, dove ha sede il quartier generale della compagnia. È proprio il passaporto degli sviluppatori ad aver preoccupato Schumer e l’intero Comitato nazionale democratico, la principale organizzazione di governo dem, che ha esortato i propri attivisti, nonché i candidati alle elezioni presidenziali del 2020, a sbarazzarsi immediatamente dell’app. Ma Baptiste Robert, ricercatore di sicurezza informatica francese che ha analizzato FaceApp, giudica questo genere di timori «isteria». ARepubblica spiega che «i server dell’applicazione, dove vengono custodite le informazioni, si trovano negli Stati Uniti e non c’è alcuna prova che i dati siano spediti in Russia». Ciò non toglie che l’uso abbia serie implicazioni per la privacy, visto anche che le condizioni d’utilizzo ferme al 2017 non rispettano il Gdpr, il nuovo regolamento europeo per la protezione dei dati personali. «State barattando le vostre informazioni per un servizio che, in realtà, è tutt’altro che gratis», sintetizza l’esperto.