La Stampa, 18 luglio 2019
Torna La casa di carta
Da domani La casa di carta torna su Netflix con la terza parte. Nuovi personaggi, nuovi colpi di scena, una nuova rapina. E soprattutto una nuova idea. Con il passaggio alla piattaforma di streaming, la serie creata da Alex Pina si è trasformata in una vera e propria gallina dalle uova d’oro. È il titolo non in lingua inglese più visto in assoluto su Netflix. Il motivo, dice Miguel Herran, che interpreta Rio, è il suo essere tante cose. «C’è politica, c’è diversità, e gli spettatori possono rivedersi nei vari personaggi». «C’era bisogno - interviene Luka Peros, che interpreta la new entry Marsiglia - di un Robin Hood. Di qualcuno che patteggiasse per il pubblico».
In questa serie, spiega Ursula Corbero, che interpreta Tokyo, «i cattivi sono i buoni, e i buoni sono i cattivi». E anche questo ribaltamento è uno degli effetti più evidenti dell’arrivo di Netflix: la scrittura è tornata al centro; per giustificare un nuovo colpo sono state create nuove situazioni, e ai personaggi è stata data una dimensione più profonda e curata. «Questa - dice Corbero - non è una serie femminista, figuriamoci. Però ha personaggi femminili molto forti, che riescono a ritagliarsi il loro spazio».
Personaggi femminili forti
La Stoccolma interpretata da Esther Acebo ne è un esempio: «Prima Monica Gaztambide era un ostaggio, era costretta e piegata dal suo amante; dopo la rapina è cambiata». È diventata mamma e, dice Acebo, più donna. Per tenere testa al successo delle prime due parti, La casa di carta ha dovuto allargarsi e definirsi. Il cuore della storia resta sempre lo stesso: le relazioni tra i personaggi, i problemi, gli scontri, e l’azione. Ora, guidata dal Professore interpretato da Alvaro Morte, la banda progetta di realizzare una rapina ancora più grande e difficile.
Il successo ha avuto un impatto anche sulla vita degli attori: per Ursula Corbero ha rappresentato un punto di svolta. Abituata a ricevere sempre le stesse proposte, con Tokyo si è finalmente presa la sua rivincita. «E ho colto - confessa - l’occasione al volo: carpe diem, come si dice». Ha cambiato casa e ha ricevuto visibilità internazionale. «Netflix - dice Acebo - ci ha permesso di trovare un pubblico più ampio, e che senso ha fare una serie se, poi, non c’è gente pronta a vederla?».
Per la Spagna, la piattaforma streaming ha rappresentato un’opportunità importante. «Ha portato lavoro - spiega Peros - a tutti i dipartimenti, e questa è una cosa fondamentale». «Ora - continua Herran - c’è molta più occupazione; siamo entrati in un mercato più grande». E poi La casa di carta, anche nel suo essere profondamente commerciale, è riuscita a rimettere al centro - pur non volendo, pur indirettamente - una questione fondamentale: la genuinità dei personaggi.
La chiave dell’identificazione
«Denver - racconta Jaime Lorente - è cresciuto, è diventato molto più maturo; prima era quasi infantile. Viveva in un mondo limitato, con riferimenti limitati; ora è padre». Se le prime due parti della serie erano ancora molto legate alla televisione classica, questa ha aspettative diverse: non parla più solo al pubblico spagnolo ma al pubblico di Netflix. Centonovanta paesi e quasi 150 milioni di abbonati. «A pensarci, fa venire i brividi», dice Acebo.
Grazie alla piattaforma il piccolo schermo spagnolo si è fatto più coraggioso: «Ha cambiato il nostro ecosistema - dice Peros - e l’ha cambiato in meglio». Insieme alla terza parte, ne è già stata confermata una quarta, «di cui - mette le mani avanti Peros - non possiamo ancora parlare. Però alcuni personaggi, come Marsiglia, hanno un ruolo diverso. Più evidente». Eccolo, quindi, l’ingrediente segreto: anche se ancora zoppicante per la sua struttura e per la sua fragilità, e troppo simile a tante altre serie e a tanti altri film, parla alla pancia delle persone. E non c’è cosa migliore in cui sperare quando si racconta una storia di guardie e ladri.